Toscana
Firenze, «sistema corruzione» su appalti Tav e Expo, in carcere Ercole Incalza
È quello delineato dalla Procura di Firenze nell’inchiesta «Sistema» che ha portato alla custodia cautelare in carcere di Ercole Incalza, già super manager dello Stato alla guida dell’Unità tecnica di missione del Ministero delle Infrastrutture, dove era arrivato nel 2001 come capo della segreteria tecnica del ministro Pietro Lunardi.
In carcere anche l’imprenditore Stefano Perotti, definito la «figura centrale dell’indagine». Custodia cautelare ai domiciliari, invece, per Francesco Cavallo, presidente del Cda di Centostazioni, società partecipata da Ferrovie dello Stato, e per Sandro Pacella, collaboratore di Incalza.
Altre 47 persone risultano indagate, mentre il Ros dei carabinieri ha eseguito perquisizioni in varie città d’Italia e anche negli uffici della Struttura di Missione presso il Ministero, di Rfi e di Anas.
Le accuse, a vario titolo, sono quelle di induzione indebita, corruzione, turbata libertà degli incanti e turbata libertà del diritto di scelta del contraente mentre il Gip di Firenze ha rigettato la richiesta della Procura di prevedere anche l’associazione a delinquere.
I magistrati fiorentini Luca Turco, Giuseppina Mione e Giulio Monferini, coordinati dal procuratore capo Giuseppe Creazzo, hanno delineato un «modus operandi criminale» secondo cui Incalza avrebbe «indotto» le società consortili aggiudicatarie di appalti rientranti nelle cosiddette «Grandi Opere» a conferire a Perotti incarichi di progettazione e direzione dei lavori e questi, «come contropartita» avrebbe assicurato consulenze o incarichi tecnici a «soggetti indicati dallo stesso Incalza, destinatario anch’egli di incarichi lautamente retribuiti» conferiti dalla Green Field System, società affidataria di direzione dei lavori.
Anche a Cavallo, secondo i Pm, «veniva riconosciuta da parte del Perotti, tramite società a lui riferibili, una retribuzione mensile di circa 7 mila euro, come compenso per la sua illecita mediazione». Gli appalti sottoposti a controlli hanno un importo, ha detto Creazzo, di circa 25 miliardi. Ai giornalisti che gli chiedono se ci sia una stima della corruzione, Creazzo si limita a dire che «il compenso di legge per la direzione dei lavori va dall’1 al 3% del valore dell’opera e negli anni Perotti ha ottenuto le direzioni dei lavori di molte grandi opere. Tra queste, la linea ferroviaria Alta velocità Milano-Verona per la tratta Brescia-Verona; il nodo Tav di Firenze; la Tav Firenze-Bologna; la Tav Genova-Milano.
Secondo gli inquirenti, inoltre, Perotti avrebbe «influito illecitamente» anche sulla aggiudicazione dei lavori per la realizzazione del «Palazzo Italia Expo 2015» e la realizzazione del nuovo terminal del Porto di Olbia e avrebbe anche ottenuto l’incarico di progettazione del nuovo centro direzionale Eni di San Donato Milanese.
Secondo gli inquirenti il «sistema collusivo» che dà il nome all’inchiesta ha sfruttato la previsione normativa del Codice degli Appalti che affida al contraente generale l’esecuzione dei lavori e la loro direzione per opere strategiche da consegnare «chiavi in mano». Per i Pm «proprio il rapporto di dipendenza del controllore, che dovrebbe agire nell’interesse della P.A., con il controllato è stato sfruttato dagli indagati per la realizzazione dei propri fini di arricchimento illecito, facilitando l’accoglimento delle pretese degli esecutori dell’opera in termini di minori controlli e accettazione di riserve e varianti, con il conseguente incremento dei costi dell’opera e quindi dei guadagni», anche per il 40%, ha detto Creazzo.