Vita Chiesa

FIRENZE, PRIMA LETTERA PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO BETORI: «NEL SILENZIO LA PAROLA»

«Vengo a proporre una riflessione che vuole far riprendere, nelle nostre giornate, il giusto posto al silenzio e alla parola, in vista di una più corretta vita dello spirito, di una più radicata vita ecclesiale, di una più efficace partecipazione alla vita della società».Così l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori illustra, nella premessa, i contenuti della prima Lettera pastorale rivolta alla Chiesa fiorentina: «Nel silenzio la Parola». Un messaggio, fa notare lo stesso arcivescovo, di carattere prevalentemente spirituale rivolto «a tutti, credenti e non credenti».Il rapporto tra il silenzio e la parola, dunque, è lo spunto con cui si apre la Lettera. Il riferimento biblico è al profeta Elia, che rinosce la voce di Dio nel «sussurro di una brezza leggera». Betori anzi riporta una traduzione letterale del testo biblico ancora più eloquente: «una voce di esile silenzio». Nell’incontro dell’uomo con Dio, dunque, parola e silenzio appaiono congiunti: cosa che invece non avviene nell’esperienza umana. «Il contrasto tra silenzio e parola – scrive Betori – sta assumendo gradi di polarità estrema in questo nostro tempo, in cui la parola si presenta così spesso come un confondersi di molte e contrastanti voci, soffocando quel poco di silenzio che ciascuno cerca di salvare per sé. Così che il contrasto oggi non è tanto tra la parola e il silenzio, bensì tra il rumore e la quiete». Trarre fuori la parola dal caos del rumore: un imperativo urgente, sottolinea l’Arcivescovo, «se non vogliamo che il Vangelo sia percepito come una voce tra le altre, parte del chiasso diffuso, non diversa da una delle tante altre voci che chiedono la nostra attenzione e pretendono il nostro consenso».Purificare la comunicazione.  Oggi viviamo, nota l’arcivescovo Giuseppe Betori nella sua Lettera pastorale, «avvolti da una valanga di suoni» e non siamo più abituati al silenzio. Eppure, ne abbiamo nostalgia: ecco, quindi, l’invito dell’Arcivescovo a «un’educazione adeguata al silenzio». «Non si tratta – spiega Betori – di chiudersi ai canali delle comunicazioni, incluse quelle di massa, ma certamente non è tollerabile umanamente essere sempre e soltanto sotto il loro influsso, senza più alcuno spazio per esperienze che siano personali, soprattutto interiori». Si impone, prosegue la Lettera, «una purificazione della comunicazione» che preveda anche momenti contemplativi in cui ad esempio ci mettiamo in ascolto di noi stessi, della natura o delle espressioni artistiche.Ma non solo: educarsi al silenzio significa anche «imporsi tempi nella giornata in cui facciamo tacere il frastuono attorno a noi e le preoccupazioni dentro di noi, per attingere momenti di quiete in cui esercitare il nostro ascolto delle voci interiori, soprattutto della voce di Dio». Tante le citazioni che accompagnano queste riflessioni sul silenzio: accanto a teologi come Romano Guardini e Dietrich Bonhoeffer ci sono filosofi come Ludwig Wittgenstein e Simone Weil, poeti come Dante e Mario Luzi, scrittori come Elias Canetti.L’annuncio della Chiesa. La Lettera pastorale si sofferma quindi su una parola specifica, quella della Chiesa. Il cui parlare, ricorda l’Arcivescovo, prende inizio con l’annuncio di Pietro e degli altri apostoli a Pentecoste: «Il Crocifisso è Risorto». In un tempo che esige dalla Chiesa una parola su molte situazioni umane, non si deve mai dimenticare che è da questo annuncio che tutte le altre parole «devono trarre ragione e forza, per non rischiare una riduzione del Vangelo a un messaggio etico».L’attenzione quindi si sposta dalle parole degli uomini alla Parola di Dio. La storia della Salvezza, fa notare innanzitutto Betori, ci mostra quanto spesso Dio parli agli uomini: «Dio non è un passivo spettatore delle vicende umane, né si limita a intervenire con i suoi gesti potenti, ma si fa egli stesso attore della interpretazione di queste vicende mediante la sua parola». La Rivelazione è fatta di gesti e di parole, e dell’interpretazione che questi richiedono. Ma il modo in cui Dio ci fa parte del suo mistero è il dono del suo Figlio: «è lui infatti – afferma Betori – la Parola primordiale, quella che è all’origine di tutte le cose e al fondamento della loro rigenerazione: In principio era il Verbo…»E il silenzio è anche il preludio di una efficace testimonianza: «Da questo silenzio nell’ascolto di Dio – conclude l’Arcivescovo – le nostre parole potranno uscire purificate, vere e libere».La distribuzione. La lettera è stata offerta dall’Arcidiocesi di Firenze a tutti i lettori di Toscana Oggi, che la trovano questa settimana in allegato con l’edizione fiorentina (sfogliabile anche per chi ha l’abbonamento online): chi ne volesse copia può rivolgersi alla redazione del settimanale o alla propria parrocchia.Il testo è stato pubblicato anche dalla casa editrice Mandragora in un formato più grande e in una edizione arricchita, all’interno, da illustrazioni a colori: il volume può essere acquistato in libreria, al costo di 8 euro