La società e la Chiesa devono fare “un profondo esame di coscienza su come viene tenuta viva tra noi l’attenzione ai poveri”. Lo ha detto l’arcivescovo di Firenze, Giuseppe Betori, durante l’omelia della messa della notte di Natale. Parlando ai fedeli raccolti in Cattedrale, Betori ha detto: “C’é da chiedere perdono a Dio e a questi nostri fratelli per tanta disattenzione che li circonda, proprio in un tempo in cui molteplici indicatori ci dicono che la povertà sta assumendo nuove forme. Occore uscire dall’ indifferenza colletiva, che unisce superficialità ed egoismo, per farci attenti ai bisogni degli altri”. Monsignor Betori ha contrapposto il “fulgore della luce” che emette la nascita di Gesù squarciando “la notte dell’ umanità” alla povertà del luogo dove Gesù nasce: una capanna. Per l’arcivescovo di Firenze “la collocazione del Natale indica emarginazione, degradazione, condizione di privazione e di povertà e il Figlio di Dio si pone in uno stato di povertà che lo rende vicino a tutti i poveri del mondo”. La povertà per Betori ha tante forme: “quella economica in cui si cade per mancanza lavoro”, o quella dovuta alle malattie che “escludono e rendono soli i malati e le loro famiglie”, quella “dell’emarginazione per motivi etnici, sanitari, culturali, anche religiosi”, quella “della precarietà legata alla mancanza della casa, ma anche quella legata “alla perdita di significato dell’ esistenza” che può sfociare in “devianza, eccessi, violenza”. Per tutti questi motivi, Betori ha detto: “La società ha bisogno di pace, ma anche di anima, se vuole risorgere dalle sue povertà dai molti volti”. Durante l’omelia, l’arcivescovo ha poi ricordato tutti gli interventi della Chiesa fiorentina per combattere le povertà, anche quelli del Centro missionario per combattere per aiutare i poveri di Paesi lontani.Per mons. Betori il Natale “si inserisce nella storia degli uomini, quella che i grandi presumono di costruire, ma in cui Dio sta tessendo il suo disegno di fedeltà e misericordia per le sue creature. Come nel quadro L’adorazione dei pastori di Gherardo delle Notti, che la follia dinamitarda ha orribilmente sfigurato nell’attentato di via dei Georgofili”, dove la mafia nel 1993 fece esplodere un furgoncino carico di tritolo (5 morti e 48 feriti). Nell’omelia della messa del giorno di Natale, l’arcivescovo ha parlato della “gioia” che caratterizza l’annuncio del Natale cristiano e del senso del “dono”. “Il più delle volte la fatica dell’attesa ha prodotto lo spegnersi della fiducia, la sostituzione dell’aspettativa della gioa con l’inaridimento delle coscienze. Così vivono in molti, in questi giorni difficili, ripiegati su se stessi e sul momento fuggente, alla ricerca di piccole soddisfazioni, di godimenti effimeri, di piaceri banali”. L’attesa per il desiderio, ha ricordato Betori, non può essere colmato solo dalle risorse umane. “Uno dei drammi dell’umanità è la fatica a far incontrare desiderio e dono”. C’é “l’illusione di un’autonomia che ci fa credere che possiamo bastare a noi stessi”. per Betori dobbiamo “abbattere i muri dell’ autosufficienza” e “l’ inganno di chi pensa che tutto possa essere frutto di un progetto senza spazio per l’ irruzione gratuita del Dio che si fa carne” L’arcivescovo ha affrontato anche il tema della libertà personale. “Una delle contraddizioni del pensiero moderno è quella di congiungere l’esaltazione incondizionata della libertà in una vita senza riferimenti. la falsa tolleranza di mille opinioni che hanno rinunciato alla verità è il vischioso contenitore di tutto e il contrario di tutto. Solo la ricerca della verità può costituire un orizzonte capace di contenere le spinte di ogni individualità. Solo una umanità deificata è una umanità piena”. L’Arcivescovo ha poi pranzato con i poveri nella chiesa di S. Stefano al Ponte.