«Che fine ha fatto quella disposizione della finanziaria 2006 che prevedeva la confisca dei beni ai corrotti e l’uso sociale di questi beni? Non ne abbiamo saputo più nulla». È con questa domanda che Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera, ha concluso il suo intervento al Meeting sui diritti umani di Firenze, dopo aver affrontato le varie questioni che riguardano la battaglia per la legalità e contro la criminalità organizzata in Italia. Con la consapevolezza che certi silenzi non devono illudere e che la mafia oggi è diversa da quella che siamo abituati a considerare. «Attenzione ad abbassare la guardia ha ammonito nei prossimi anni dovremo parlare di una quinta mafia, rappresentata dall’intreccio tra colletti bianchi, segmenti della politica, cosche, una mafia che non fa rumore, ma che fa affari». Ed è da tutto questo che si deve partire anche per parlare di possibilità di riconciliazione. «Non basta pentirsi, bisogna convertirsi. Non basta dire parole, bisogna restituire qualcosa alle comunità, rimettere in gioco la propria vita». E tutto questo rimanda anche a un impegno portato avanti in prima persona: «Impegno che è anche il miglior modo di fare memoria, facendo in modo che le idee e i sogni di chi non c’è più possano camminare sulle nostre gambe. Non basta una giornata della memoria, ci vogliono 365 giorni di impegno. E non basta chiedere allo Stato, perché siamo chiamati tutti a fare la propria parte».Don Ciotti è ritornato anche sulla questione dei beni confiscati alla mafia, oggetto in questi giorni di un emendamento della Finanziaria. «La legge che ha permesso queste confische c’è ancora, può essere migliorata, ma non deve venire meno lo spirito che ha fatto in modo che i beni mafiosi fossero messi a disposizione delle comunità. Il governo ora dice che ci sono 3 mila beni confiscati inutilizzati e quindi da mettere all’asta. Ma se andiamo a vedere quali sono questi beni, il 36% è sotto ipoteca bancaria, il 30% è occupato, mentre altri sono divisi in varie quote. Se c’è bisogno di un emendamento è per creare le condizioni per rendere disponibili questi beni».Ma legalità significa portate avanti progetti e valori nelle scuole. E per questo agli studenti del Palamandela Don Ciotti non ha mancato di ripetere, ancora una volta, le parole che Antonino Caponnetto, il magistrato fiorentino che costituì il pool antimafia di Palermo, pronunciò quando nacque Libera: «La mafia teme più la scuola che la giustizia. L’istruzione taglia l’erba sotto i piedi della cultura mafiosa». (cs-Paolo Ciampi)