«Date della parola di Dio un riferimento costante della vostra famiglia»: è questo l’invito che l’Arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori rivolge nella sua prima lettera pasquale alle famiglie della diocesi. Raccogliendo una tradizione già avviata dal cardinale Ennio Antonelli (oggi Presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia), monsignor Betori ha consegnato in questi giorni ai preti un messaggio che nelle prossime settimane sarà recapitato casa per casa, durante la benedizione alle famiglie in preparazione alla Pasqua. E da un vescovo-biblista, che ha indicato nella nuova traduzione della Bibbia il compito più bello a cui ha lavorato nei suoi anni alla Cei, il tema di questo primo messaggio non poteva che essere una riflessione «sul posto che la parola di Dio deve avere nelle nostre case». Lo spunto, spiega l’Arcivescovo di Firenze, è la recente assemblea del Sinodo dei Vescovi dedicata proprio alla Parola. Un argomento che riguarda la liturgia o la catechesi, ma dal quale anche la famiglia è coinvolta: «Non si può infatti pensare – scrive Betori – che la famiglia sia una realtà di vita in cui realizzare la nostra fedeltà al vangelo di Gesù ed escludere da tale contesto la parola che mi annuncia questo vangelo».Nel suo messaggio (racchiuso nelle cinque facciate di un pieghevole) l’Arcivescovo chiarisce anzitutto cos’è la parola di Dio: «Qualcuno la identifica con la Bibbia, la Sacra Scrittura. Questo è vero, ma si tratta di una risposta non precisa o almeno incompleta. In realtà quando parliamo di parola di Dio ci riferiamo a una realtà complessa, che ha il suo inizio nell’atto stesso con cui Dio si rivela». Nella locuzione «parola di Dio», spiega quindi Betori, rientrano «le parole e le azioni con cui Dio si è manifestato» ai padri del popolo di Israele, a Mosè, ai re e ai profeti: «al culmine di questa storia di rivelazione si pone la venuta dello stesso Figlio di Dio che si fa uomo, parola di Dio fatta carne, che con la sua vita e soprattutto con la sua morte e risurrezione diventa rivelazione suprema di Dio e del suo amore per l’umanità». La rivelazione della parola divina, prosegue Betori, «continua poi nell’esperienza e nell’insegnamento degli apostoli» fino a diventare «tradizione, in cui la parola di Dio continua a risuonare per chi si dispone al suo ascolto e si realizza come parola per tutti. Questa catena di tradizione forma la fede del popolo ebraico prima e della Chiesa nascente poi».È all’interno di questo cammino, sottolinea l’Arcivescovo di Firenze, che «si sentì presto l’esigenza di fissare con sicurezza le tradizioni che si andavano assommando e a ciò venne in soccorso la scrittura». Si formarono quindi raccolte di libri «che andarono a costituire una Scrittura ritenuta sacra, perché accolta nella fede non solo come un’opera che certifica la parola di Dio tramandata ma che è portatrice di una sicura verità perché scritta per illuminazione dello stesso Spirito di Dio. La Scrittura viene così a porsi al centro stesso della tradizione e ne costituisce la testimonianza autentica e il nucleo fondante, cui far riferimento per dare certezza alla parola della fede».La Bibbia dunque «non vive da sola, bensì ci viene consegnata da una comunità credente che costituisce con la sua parola e la sua vita il contesto che ne illumina la corretta interpretazione. La Bibbia nasce dalla vita della Chiesa, ci è donata dalla Chiesa come parola di verità per l’uomo e, per essere compresa nel suo autentico messaggio, va letta nell’orizzonte della fede della Chiesa». Accostarci alla parola di Dio dunque non si riduce soltanto alla lettura di un libro: «la nostra – sottolinea Betori – non è una religione del libro, come spesso si sente dire, ma la religione della persona» per cui «oltre le pagine del libro della Bibbia, si pone il nostro incontro personale con la persona di Gesù, parola di Dio per noi».Da queste premesse dunque nasce l’esortazione a fare della parola di Dio un riferimento per la famiglia: «Se essa vuole essere una famiglia cristiana non può infatti fare a meno di orientare le sue scelte e i suoi progetti e comportamenti al disegno che Dio ha per l’umanità, per la famiglia, per ciascuno di noi. Ma per conoscere questo disegno dobbiamo metterci all’ascolto della sua parola e farne oggetto di assidua meditazione». Il primo invito quindi è a tenere in casa una copia della Bibbia, sollecitati anche dal fatto che proprio recentemente i vescovi italiani hanno approvato una nuova versione in italiano della Sacra Scrittura. La Bibbia però, continua Betori «non basta averla: occorre leggerla, e leggerla bene». In questo, un aiuto può venire dalle tante iniziative diocesane e parrocchiali: «Se la Bibbia, come abbiamo visto, è nata all’interno di una comunità, è sbagliato pensare che si possa leggerla da soli, perché solo nella comunità essa potrà risplendere nel suo corretto e profondo significato. Questo vale soprattutto per il riferimento di fede, perché solo la fede della Chiesa aiuta a collocare le pagine della Bibbia nel loro proprio contesto di senso». Altri modi per rispondere a questa esigenza sono accostare alla lettura della Bibbia quella di testi di catechesi e «un inserimento sempre più deciso nella vita della comunità parrocchiale e della diocesi».Non manca, alla fine della lettera, qualche suggerimento pratico per rendere più presente la Bibbia nella vita della famiglia. Ad esempio, programmare la lettura continua di un libro biblico diviso in piccoli brani «da proclamare e insieme meditare ogni sera, prima o dopo cena, magari togliendo qualche minuto a un inutile se non dannoso programma televisivo». Oppure, prepararsi alla liturgia domenicale leggendo il sabato in famiglia le letture; o viceversa riprendere nella serata della domenica le letture ascoltate e illustrate dall’omelia nella messa del mattino. Altre strade sono lasciate alla fantasia delle singole famiglie: «Importante è però – conclude Betori – che la parola di Dio non resti ai margini della nostra vita. Ne va della formazione della nostra fede e della illuminazione della nostra coscienza in tempi non facili per l’identità cristiana. Assediati da mille voci suadenti non possiamo tenere ai margini l’unica Parola che ci parla secondo verità e senza alcun altro interesse se non la nostra autentica libertà e felicità». (Riccardo Bigi)