Cultura & Società

Firenze, la rivoluzione attraverso la meditazione. Incontro con il filosofo e poeta Marco Guzzi

«Abbiamo 23 anni di vita – spiega Guzzi -: il nostro è un movimento composto di gruppi per la liberazione interiore finalizzati alla trasformazione del mondo. Fin dall’inizio mettiamo insieme queste due dimensioni, quella più intima personale, psicologica, spirituale e quella storica, politica, culturale. La nostra convinzione di partenza è che ci troviamo in un momento singolare della storia del mondo, quello che papa Francesco chiama un punto di rottura nel quale tutte e due queste dimensioni stanno vivendo una crisi definitiva, sono arrivate a un punto limite, a un punto di “ricominciamento”». Secondo Guzzi dalla crisi può nascere qualcosa di buono a patto di venirne travolti. «Abbiamo una visione evolutiva della crisi, una crisi terminale ma di crescita. Purtroppo le persone vivono questo travaglio antropologico in tutta solitudine cioè non ci sono, a mio parere, chiavi interpretative adeguate. Ecco perché ho creato gruppi e non delle situazioni di cura individuale e siamo ormai presenti in tutt’Italia, abbiamo migliaia di praticanti regolari. Il percorso dura 7 anni: non abbiamo fretta – contraddicendo la cultura dell’effimero, dello zapping – e vediamo tantissimi giovani che gradiscono questo impegno serio. Siamo organizzati su base territoriale con responsabili regionali che organizzano gruppi fisici territoriali oltre al percorso che è fisico-telematico, un unico percorso che ogni gruppo può seguire in un sito riservato che è presidiato da un équipe di formatori che hanno seguito un percorso di almeno 4 anni di formazione».

L’evento del 24 giugno ha come tema «La meditazione come rivoluzione». «La rivoluzione è antropologica – continua Guzzi – non ha niente a che fare con la violenza delle rivoluzioni dell’800 o del ‘900. Ed è quella di cui parla Cristo: non esiste prima di Gesù un’idea rivoluzionaria di una nuova umanità, una nuova alleanza e creazione, da lì traggono alimento tutti i progetti rivoluzionari della modernità». «La pratica interiore oggi è indispensabile per avviare un processo rivoluzionario e inedito e non violento, se noi non lavoriamo tutti i giorni sul meccanismo bellico insito in ciascuno di noi e ci lavoriamo sul serio, anche se facciamo la rivoluzione riprodurremo la violenza in una forma nuova», aggiunge il poeta. Per questo, conclude Guzzi, «la pratica interiore è rivoluzione, perché nel momento in cui tu ti metti seduto a fare una pratica o nel mondo cristiano ti metti a pregare anche solo questo gesto umile è la più grande rivoluzione che si possa immaginare, perché così si contestano radicalmente le logiche di questo mondo».