Vita Chiesa
Firenze in festa per madre Celestina
di Nicoletta Benini
Una città in festa fin dalle prime ore della mattina: domenica scorsa la città del giglio ha messo tra i suoi tesori un’altra gemma. Celestina Donati (al secolo Marianna Donati, Marradi 26 ottobre 1848 – Firenze 18 marzo 1925) fondatrice delle Figlie Povere di San Giuseppe Calasanzio (le cosiddette «calasanziane»), è stata proclamata Beata.
Nella maestosità della cattedrale di Santa Maria del Fiore erano tantissimi i fedeli arrivati da ogni parte d’Italia e del mondo, insieme a moltissimi rappresentanti di ordini religiosi femminili e maschili, autorità civili, militari e religiose con grande presenza della congregazione Calasanziana con la madre Generale, le suore, i padri Scolopi che hanno assistito commossi e partecipi alla Celebrazione di beatificazione presieduta dal Cardinale José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi. Hanno concelebrato il Cardinale Silvano Piovanelli e il Cardinale Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze, il quale dopo aver letto un’accurata biografia di Celestina Donati, ha avuto parole di gioia per la «grande assemblea in festa presente in Duomo in questa II domenica di Pasqua, nella gioia della risurrezione e nella gioia per questo splendido fiore sbocciato per l’eterna primavera».
Il coro della Cattedrale ha reso ancora più solenne ogni attimo della celebrazione e nella sua omelia il card. Saraiva Martins ha detto che la «la fede dev’essere messa in gioco ogni giorno per essere testimoni credibili del Signore risorto. Certo – ha proseguito il Cardinale – non è sempre facile credere e nella vita ci possono essere tante prove e insidie proprio come nella vita della Beata Celestina. Tommaso il discepolo dubbioso, ricordato nel Vangelo, assomiglia molto all’uomo contemporaneo: credere è fidarsi di Cristo e credere nella testimonianza degli apostoli dobbiamo rendere le nostre vite e le nostre comunità sempre più missionarie con l’aiuto di esempi eccelsi come quello della Beata Madre Celestina Donati, splendida testimonianza di una santità che risplende e arricchisce ancora di più una città come Firenze che già Giorgio la Pira chiamava ‘ città teologale’ a sottolineare i grandi doni spirituali e umani di questa città».
Inoltre nelle sue parole il cardinale Saraiva Martins ha ricordato il forte richiamo di papa Benedetto XVI verso l’infanzia più povera e abbandonata affinché «ognuno di noi senta la responsabilità di prendersi cura dei più piccoli e sia vicino ai genitori e agli educatori; dalla Beata Celestina, da sempre sensibile e vicina al mondo dell’infanzia; dobbiamo prendere questa eredità credendo che è ancora possibile educare al bene con una passione che parte dal cuore e che si anima di una “speranza affidabile”».
D’ora in poi Celestina Donati sarà chiamata Beata e si celebrerà la sua festa ogni anno il 18 marzo.
Una donna di grande sapienza spirituale
di Giancarlo Rocchiccioli
a spiritualità della Beata Celestina Donati è sempre presente nelle molte lettere indirizzate in gran parte alle consorelle, come in diversi scritti occasionali, sia di catechismo, sia di commento alla vita comunitaria. Lei non si è mai data l’aria di esperta, ma tutte le testimonianze e le molte citazioni o riferimenti, ricavabili dai suoi scritti, ci mostrano una donna di grande sapienza spirituale.
Fra le sue opere stampate ce ne sono due che, in qualche modo fanno la sintesi del suo pensiero spirituale. La più ricca è le «Meditazioni sulla Passione di Gesù», pubblicata postuma dal P. Giovanni Giovannozzi, nel 1926, di 470 pagine. L’altra è un opuscoletto di un centinaio di pagine, stampato nel 1921, dal titolo «Divino Sacrificio, spiegato al popolo e breve indirizzo per prendere parte alla Messa».
I due titoli dicono chiaramente le due strade della sua spiritualità: la meditazione della Passione e la preghiera davanti all’Eucaristia. Il padre Giovannozzi, nell’introduzione alle Meditazioni sulla Passione di Gesù, afferma, in maniera sintetica, che la «divina Eucaristia e la divina Passione, inseparabili l’una dall’altra, sono due soggetti dai quali il cristiano non può in alcun modo prescindere».
Le meditazioni circolavano manoscritte fra le suore, finché il P. Giovannozzi non ne ha curato la stampa. È un testo molto ampio. Il linguaggio dell’opera spesso appare enfatico, ma lascia intravedere la piena dei cuore che urge dentro. È il racconto della passione, a partire dal convito in casa di Maria di Magdala, fino alla Risurrezione, la Pentecoste e al ritrovamento della vera croce, da parte di Sant’Elena, Il racconto è arricchito da continue riflessioni e ripetute citazioni di autori spirituali, ma soprattutto dal vangelo e più ampiamente dai richiami possibili della Bibbia. Il racconto è esso stesso meditazione.
Il mistero della Croce è il mistero stesso di Dio. Sono parole della Madre Celestina: «La sublimità dei misteri è ineffabile, perché quali altissimi concetti della mente di Dio trascendono l’intelligenza delle creature umane. Soltanto in cielo li potremo comprendere». La trascrizione parziale del P. Cremona così chiude con le parole di lei: «Il calvario è una scuola, la croce è una cattedra! Centro della nostra fede e di sicure speranze, sorgente di amore universale».
Per quanto riguarda l’Eucaristia abbiamo due scenari. Il primo è l’adorazione perpetua, istituita in via Faenza, nel 1900. È la Chiesa in silenzio, nel deserto della città, che contempla lo sposo, che sta davanti a lei. Pensiamo alla spiritualità del P. De Foucault. Il secondo, lo confermano i testimoni, tutte le volte che la madre si è trovata in difficoltà, non ha esitato ad inginocchiarsi davanti all’Eucaristia. Era come un riflesso condizionato.
L’opuscolo però, già dal titolo, mette in evidenza una dimensione particolare: la spiritualità liturgica. Le parole dell’opuscolo sono esplicite: «In antico il popolo tutto, prendeva parte (nota: prendeva parte, come già nel titolo, non: assisteva) alla Santa Messa e tutti gli assistenti a gran voce, in un coro imponente rispondevano all’unisono al celebrante e così il divino sacrificio era con piena evidenza veramente un atto sociale». E ancora: «Risuoni la voce dei popoli nel tempio santo, durante il divino sacrificio, come una voce di molte acque».
Dalla messa celebrata alla messa vissuta. Leggiamo la conclusione dell’opuscolo: «Per questa Santa Messa, o Gesù, conforta i carcerati che gemono in una tetra prigione, i malati che dolorano negli ospedali, l’operaio che bruciando di febbre, in un letto di miserie, vede spento il focolare, la consorte sgomenta e i figliolini che piangono chiedendo pane. Deh, per tutti pietà». L’Eucaristia del silenzio dell’adorazione perpetua è anche una parola sulla realtà umana nei suoi aspetti più drammatici.
Come dice un autore moderno: non spezziamo validamente il pane, se non lo condividiamo con i fratelli.
Il messaggio del Calasanzio, fatto proprio da madre Donati, che prendendo i voti aveva cambiato il nome in suor Celestina, è sempre vivo e presente; chi opera nel sociale usa la professionalità, ma anche un «di più» che viene dalla fede. Nel 1892 morì il suo direttore spirituale e sua guida padre Zini, che era divenuto nel frattempo arcivescovo di Siena; tutta la responsabilità dell’Istituzione restò sua, e la governò saggiamente, diffondendola in tutte le regioni d’Italia.
Madre Celestina morì a Firenze il 18 marzo 1925; una decina d’anni dopo si cominciò ad istruire la causa per la sua beatificazione.