Firenze
Firenze, il saluto del card. Betori ai preti: “I vescovi passano, il Signore resta”
Un lungo applauso dei preti e dei fedeli al termine di quella che, ha detto l'arcivescovo, "si può presumere sia l’ultima mia presidenza della Messa Crismale in questa cattedrale"
“I vescovi passano, il Signore resta ed è lui l’unico vero nostro Pastore, di cui noi siamo solo segni, consapevoli, per quanto mi riguarda di debolezza e insufficienza. Al Signore chiedo misericordia e a voi umana comprensione. Con affetto”. Sono le parole di saluto che il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovi di Firenze, ha rivolto ai preti della diocesi della Messa crismale del Giovedì Santo in cattedrale in questa, ha specificato, che “si può presumere sia l’ultima mia presidenza della Messa Crismale in questa cattedrale”. “Le mie – ha affermato – vogliono essere parole di ringraziamento, di riflessione, di consegna per il futuro”.
Betori ha rimesso il suo mandato nelle mani del Papa, come tutti i vescovi sono tenuti a fare, al compimento dei 75 anni; papa Francesco gli chiese due anni di proroga, che si è da poco conclusa. Si attende quindi la nomina di un successore.
“Abbiamo camminato insieme in questi anni – ha affermato l’arcivescovo -. È stato un grande dono per me essere il vostro vescovo e poter contare sul vostro sostegno. Non sappiamo quando, ma in futuro sarà un altro vescovo a guidarvi, a cui vi consegnerò ma a cui chiedo anche a voi di consegnarvi con fiducia”.
Al termine della Messa, durante la processione conclusiva, i sacerdoti hanno salutato il passaggio del Cardinale un applauso che si è poi propagato fra i fedeli.
Qui di seguito, il testo completo dell’omelia.
OMELIA
«La Messa crismale, che il Vescovo concelebra con i presbiteri delle diverse zone della diocesi e durante la quale benedice il santo crisma e gli altri oli, è considerata una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio del vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri con lui». Sono queste le parole del Pontificale Romano nelle Premesse al Rito della Benedizione degli Oli. Con queste parole quindici anni fa mi rivolsi a voi presiedendo per la prima volta la celebrazione della Messa Crismale nella Chiesa fiorentina. Ad esse faccio riferimento anche oggi, in questa celebrazione, che si può presumere sia l’ultima mia presidenza della Messa Crismale in questa cattedrale, per rivolgermi in particolar modo a voi preti fiorentini, con cui ho condiviso il governo pastorale del popolo di Dio che mi è stato affidato in questi anni.
Le mie vogliono essere parole di ringraziamento, di riflessione, di consegna per il futuro. Vorrei però evitare di scivolare sul piano dei sentimenti, pur importanti e non assenti nel mio cuore in questo momento, per ricondurre tutto alla luce della parola di Dio. Gratitudine, consapevolezza, fiduciosa speranza vanno infatti misurate sulla fedeltà con cui siamo stati capaci di corrispondere al dono che Cristo ci ha fatto, di come ci sentiamo in dovere di approfondirne le forme in modo adeguato ai tempi, di come ci consegniamo ad esso nella certezza che la presenza del Signore e del suo Spirito tra noi, pur nelle incertezze del presente, non verrà mai meno.
In questo orizzonte accogliamo la rivelazione che oggi ci viene fatta dalla parola di Dio circa la missione di Cristo, della dignità e della responsabilità che sono consegnate ai suoi discepoli, del servizio della parola e della grazia che è affidato a noi suoi ministri a vantaggio di tutti. L’immagine che riassume questo mistero è quella dell’unzione, con cui il profeta esprime la consacrazione del Messia inviato a portare il lieto annunzio della salvezza, a porsi al servizio dei poveri e degli oppressi, a diffondere la consolazione della misericordia. Questa stessa unzione abbiamo udito Gesù proclamare come segno della missione per cui lo Spirito lo invia all’umanità per liberarla da ogni sua fragilità ed entrare nel tempo della grazia del Signore. Infine, questa unzione, ora definita regale e sacerdotale, è il segno di un popolo redento che vive per la gloria del Padre.
Annuncio, sacerdozio e regalità dalla persona di Cristo passano a chi crede in lui e al servizio di questo passaggio è posto il nostro ministero di preti. Grazie dunque per il vostro ministero a servizio della Parola; viva sempre in voi il desiderio di conoscerla sempre più profondamente e di saperla ridire con parole che siano in grado di incrociare le domande espresse e inespresse dell’umanità contemporanea; guardiamo con fiducia al futuro, certi che nell’inesauribile ricchezza della parola di Dio c’è un sicuro orientamento per le nuove sfide che incombono sull’umanità nei giorni a venire. Grazie per il vostro ministero di pontefici tra l’umanità e il suo Creatore, di generosi trasmettitori della grazia che viene dall’alto e di voce dell’umanità e delle sue attese verso il Padre di tutti; in un mondo che si edifica seguendo il mito dell’autosufficienza, sentite come particolare vostro impegno quello di risvegliare nella vostra gente il bisogno dell’invocazione e l’umiltà dell’accoglienza del dono di vita nuova opera dei sacramenti; alimentate sempre in voi la speranza, perché nessun ostacolo vi getti nello sconforto o anche solo nell’inerzia – perché tanto nulla cambia! –, avendo in noi la certezza che il Risorto ha il potere di fare nuove tutte le cose. Grazie per come nel vostro ministero animate le vostre comunità, vi consacrate ad esse, vi fate carico dei problemi in particolare dei più poveri; siamo sì ministri della Chiesa, ma il nostro servizio è sempre per la venuta del Regno di Dio tra noi, nei segni di bene che aiutiamo a far sbocciare e nel contributo che come comunità cristiane siamo in grado di offrire per l’affermarsi della giustizia, della pace, del rispetto della dignità di ogni uomo, del bene comune; è in rapido mutamento il posto della Chiesa nella società e di conseguenza quello del prete, per cui siamo sollecitati a lasciare ogni nostalgia di centralità, ma anche a ribadire che nessuno e nessun mondo può restare estraneo al dono di noi stessi nel Signore.
Nell’omelia di quindici anni fa vi richiamavo a una comunione che non fosse una massificante uniformità, ma un intrecciarsi di relazioni nella diversità delle esperienze e nella varia modulazione dell’unica verità. Vi chiedevo di rifuggire dallo stanco ripetersi di una melodia monocorde per cercare un’armonia polifonica, in cui ciascuna voce cerca la sintonia con le altre, per una comunicazione che esprima intelligenza della realtà e bellezza dell’esperienza. Non so quanto siamo riusciti a vivere così in questi anni e sto qui anche a chiedervi perdono per quanto non ho fatto o per quanto posso aver fatto in senso contrario.
L’altro richiamo di quindici anni fa era alla radice sacramentale del nostro ministero, per non lasciarci ridurre ad agenti sociali, pur apprezzati e benvoluti, e neppure a funzionari di un sacro a cui ricorrere come rifugio dalle angosce umane. Sacramentalità significa che ciò che è decisivo in noi è il dono della grazia, di cui siamo stati e siamo destinatari e di cui abbiamo la responsabilità di essere trasmettitori. Vi ricordavo e perciò vi ripeto che servire la dimensione sacramentale della Chiesa significa anzitutto impegno a mostrare come nel regime sacramentale possiamo cogliere il primato di Dio nella storia e come esso si manifesti a noi ed entri in contatto con la nostra vita grazie alla mediazione di Cristo, che dei sacramenti è il fondamento e il fondatore.
E questo richiamo a Cristo mi fa ripetere anche oggi che la misura del nostro essere prete è strettamente dipendente dal nostro legame a lui. Solo restando uniti a lui sia la nostra identità che il nostro servizio nella Chiesa e nel mondo potranno trovare verità ed efficacia. Non manchi mai nella nostra vita quotidiana questo guardare a Cristo, dialogare con lui, lasciarci da lui guidare e sostenere.
Abbiamo camminato insieme in questi anni. È stato un grande dono per me essere il vostro vescovo e poter contare sul vostro sostegno. Non sappiamo quando, ma in futuro sarà un altro vescovo a guidarvi, a cui vi consegnerò, ma chiedo anche a voi di consegnarvi a lui con fiducia. I vescovi passano, il Signore resta ed è lui l’unico vero nostro Pastore, di cui noi siamo solo segni, consapevoli, per quanto mi riguarda, di debolezza e insufficienza. Al Signore chiedo misericordia e a voi umana comprensione. Con affetto.
Giuseppe card. Betori
ALL’INIZIO DELLA CELEBRAZIONE
Nella Messa del Crisma, «manifestazione della comunione dei presbiteri con il loro vescovo» – mentre ribadiamo la gioia di avere tra noi il carissimo cardinale Ernest SIMONI, che continua a offrirci la sua presenza e azione di testimone di Cristo –, come presbiterio diocesano esprimiamo gratitudine e auguri per quanti in quest’anno hanno celebrato o celebreranno una ricorrenza giubilare del ministero.
Vivono il venticinquesimo del loro sacerdozio i presbiteri diocesani don Enrico BANCHINI, don Francesco CARENSI, don Mario GIANNI, don Mario TOMASELLO; tra i sacerdoti extradiocesani che svolgono attività pastorale tra noi don Clement NDAYE TSIMBALANGA, dell’Arcidiocesi di Kananga; tra i sacerdoti appartenenti a istituti di vita consacrata o società di vita apostolica p. Klaus COSTABIEI, sacramentino, e p. Piero VIVOLI, cappuccino.
È il cinquantesimo di sacerdozio per mons. Giancarlo CORTI, mons. Vasco GIULIANI, don Roberto TASSI; tra i sacerdoti extradiocesani in servizio pastorale nella nostra diocesi, mons. Lucio NORBEDO, della Prelatura della Santa Croce e Opus Dei, e tra i sacerdoti appartenenti a istituti di vita consacrata o società di vita apostolica fr. Giacomo ALBORGHETTI, delle Fraternità Monastiche di Gerusalemme, p. Graziano LEZZIERO, domenicano, p. Giglielmo PAPUCCI, cappuccino, p. Giuliano RICCADONNA, assunzionista.
Sono giunti a sessanta anni di sacerdozio don Brunetto FIORAVANTI e don Dino FUSI.
Sessantacinque sono gli anni di sacerdozio per Silvano SANSÒ; tra i religiosi p. Artemio BOSCHI, cappuccino, p. Maurizio Olivo MANETTI, passionista, e p. Sesto PIERONI, scolopio.
Infine don Norberto POLI celebra quest’anno il settantesimo della sua ordinazione presbiterale, celebrano il loro settantacinquesimo don Aroldo CAROTTI e don Silvano NISTRI, celebra ottant’anni di ordinazione mons. Renzo POLIDORI.
Tra i diaconi permanenti è il venticinquesimo di Renzo BIAGINI.
A tutti i nostri auguri e le nostre preghiere. Per l’intero presbiterio l’auspicio continuare a camminare nel servizio che ci chiede il popolo di Dio.