Toscana
Firenze e lo stop ai lavavetri
di Sara D’Oriano
«Scriva che vadano tutti via». Volto e abiti curati, così una passante mi dice dopo avermi indicato la strada per la mensa di via Baracca. «Puzzano, sono sporchi e ai semafori ci rubano quegli spiccioli che noi lavoratori portiamo difficilmente in casa alla fine del mese. E poi li vedi passare con le sigarette, e i cellulari all’ultima moda, che disturbano e ci insultano». E non è l’unica a pensarlo. Un campione di mille cittadini divisi per età, sesso e area geografica intervistati da Ipr-Marketing per il quotidiano «La Repubblica», sull’onda dello scandalo dei lavavetri nelle città italiane, ha dichiarato, nel 40% dei casi, che sia giusto punire i lavavetri con una ammenda pecuniaria. Più pesante invece il 32% degli intervistati che ha invece dichiarato l’esigenza di incarcerarli. Certo non manca anche chi pensa di non dover punire i lavavetri, considerati «l’ultima ruota del carro» di un sistema criminale. Molto duro a questo proposito l’intervento di mons.Vinicio Albanesi, presidente della comunità di Capodarco, che in una lettera aperta ai sindaci delle città italiane li ha duramente accusati di aver «come sempre iniziato dalla coda anziché dalla testa. Era più semplice sforbiciare gli estremi» ponendosi di fatto «nell’antica tradizione della tutela dei benestanti». L’accusa è di aver usato, nei confronti del problema, un «doppio passo»: «Siete molto prudenti o assenti nei confronti dei ceti che contano: diventate severi se i livelli di illegalità disturbano l’equilibrio dell’illegalità nostrana».
Più cauto Alessandro Martini, direttore della Caritas di Firenze, che però, commentando l’ordinanza del Comune, ha parlato di «polvere nascosta sotto i tappeti»: «Siamo favorevoli ad affrontare la questione sicurezza, ma più che un’ordinanza, servono plurimi tentativi di reinserimento sociale e integrazione».
Ma chi sono questi lavavetri da reinserire? E come hanno affrontato e giudicato il problema dell’ordinanza? Purtroppo non esistono dati ufficiali sul mondo lavavetri, né riguardo al loro numero per le strade della nostra città. Molti però si rivolgono alle varie associazioni di volontariato della città che, per questo, possono offrire un quadro più completo della situazione. Chi li conosce sa che alcuni sono passati a chiedere l’elemosina, altri sono diventati lavoratori abusivi, altri ancora sono entrati nel giro dello spaccio. Anna Zucconi, responsabile del settore immigrati della Caritas fiorentina, solleva il problema dei minorenni: «Mentre i minorenni magrebini o albanesi soli ci chiedono di poter essere inseriti in strutture d’accoglienza in grado poi di aiutarli, con la maggiore età, ad ottenere il permesso di soggiorno, i ragazzi rumeni (la Romania è la nazionalità più presente numericamente sul nostro territorio) che tentiamo di togliere dalle strade, non accettano la stessa proposta. E la sensazione è che ci sia una mano dietro alla paura di uscire dalla strada, che lo sfruttamento, difficile da individuare, detenga il controllo».
A questo si aggiunge in maniera drammatica il problema dell’ignoranza che i lavavetri, in prevalenza zingari rumeni, hanno dei loro diritti. In quanto cittadini europei, basterebbe infatti per loro un lavoro regolare e una residenza per potersi avvalere degli stessi diritti dei cittadini italiani. Ma questo spesso non si sa. «Mi stupisce che il Comune, conoscendo la collaborazione che da anni ci lega a favore dell’integrazione e dell’accoglienza dei cittadini stranieri, abbia preso una decisione così drastica che non tiene conto del problema informativo» ha ribadito Anna Zucconi. «Il rischio di questa ordinanza, continua Zucconi, sta nel demonizzare una categoria debole e di aumentare la sensazione di paura e insicurezza che i cittadini provano camminando per le strade. Stiamo da anni elaborando un progetto pilota, finalizzato all’aiuto di questa fascia di persone che vivono sulla strada e speriamo che il comune voglia continuare con noi sulla via dell’integrazione e del rispetto».