Firenze

Firenze, Betori: “Concreti progetti per il recupero del complesso di Sant’Orsola”

Il 10 agosto di un anno fa l’Arcivescovo di Firenze aveva chiesto che fosse trovata una soluzione per l’ex convento di Sant’Orsola, dopo anni di abbandono: sarebbe stato, disse, il modo migliore per onorare la memoria di monsignor Angelo Livi, per lunghi anni priore di San Lorenzo, che aveva sempre chiesto a gran voce il recupero di questo spazio così ampio e centrale per il quartiere e per l’intera città.

Betori ha fatto riferimento, nella sua omelia, alla Evangelii Gaudium in cui Papa Francesco indica “tre obiettivi in questo orizzonte sociale della presenza del Vangelo nella storia: l’inclusione sociale dei poveri, il bene comune e la pace sociale, il dialogo sociale come contributo alla pace”. Orizzonti che, nella vita di una città di un quartiere, ci chiedono di misurarci “sull’individuazione e la strutturazione di spazi al servizio dei legami sociali e dell’identità culturale di un popolo”. Proprio questo, ha lasciato intendere Betori, potrebbe essere l’uso futuro del complesso di Sant’Orsola. Betori ha parlato anche di “un’accoglienza oggettivamente sempre più complessa ma che mai si può chiudere di fronte alle vittime delle guerre e delle povertà del mondo; una convivenza tra culture e religioni in cui vanno riconosciuti i diritti di libertà di ciascuno e dell’esercizio dei rispettivi culti, senza peraltro dimenticare di auspicare libertà di religione e di culto in tutti paesi del mondo; un impegno condiviso nel ridare vita al tessuto sociale e produttivo del territorio, con coraggiosi progetti di sviluppo e con la cura per le presenze diffuse di imprenditorialità che costituiscono la trama connettiva della comunità”.

Parlando del martire Lorenzo, Betori ha anche ricordato che “il martirio dei cristiani non si è fermato. Oggi ne sono vittime uomini e donne in tante parti del mondo, in particolare in paesi dell’Asia e dell’Africa. Le cronache del loro sacrificio si confondono nella grande comunicazione con quelle delle tante guerre e oppressioni che insanguinano il volto del nostro mondo, ma non possiamo dimenticarlie vanno invece riconosciuti come partecipazione al mistero della Croce di Cristo. Sentiamo vicini questi fratelli e sorelle, facciamo sentire alle loro comunità la gratitudine che dobbiamo alla loro coraggiosa testimonianza, che ci richiama alla preziosità della fede. Perché nel martirio viene a risplendere il senso stesso della fede”.

“Nella figura di San Lorenzo – ha proseguito l’Arcivescovo – la dimensione del martirio si unisce a quella della carità Una Chiesa che fa del dono, della cura dei poveri la sua azione quotidiana, non fatica a diventare una Chiesa martire. A noi, a cui in questo momento non è chiesto di offrire la nostra esistenza in un martirio cruento, è però sempre chiesto un esercizio concreto della carità e del dono. Una carità che si esprima nella solidarietà e nel farsi carico dell’altro, ma anche una carità che si attua come servizio di animazione della società nella prospettiva del bene di tutti”.