Cultura & Società
Firenze, al Teatro del Maggio il debutto wagneriano di Luisi con «L’Olandese volante»
Il soggetto dell’opera, composta nel 1840 e rappresentata all’Hoftheater di Dresda il 2 gennaio 1843, si ispira a un’antica leggenda nordica e ai ricordi autobiografici di Wagner di un avventuroso viaggio in nave dalla Prussia a Londra. Narra di un uomo condannato a vagare in eterno tra i mari a capo del proprio vascello fantasma, perché colpevole di aver imprecato contro Dio. L’uomo potrà essere strappato al suo infelice destino solo grazie all’amore puro e incondizionato di una donna che gli sarà fedele, ma l’impresa risulta quasi impossibile, poiché al comandante maledetto è consentito scendere dal vascello solo un giorno ogni sette anni. L’occasione propizia giunge dall’incontro con il marinaio norvegese Daland, la cui figlia Senta è irrimediabilmente attratta dalla misteriosa figura dello straniero della leggenda; sarà lei a porre fine alla maledizione dell’Olandese con il suo sacrificio d’amore.
Il Direttore Musicale del Teatro del Maggio, Fabio Luisi, dirigerà questa bellissima opera wagneriana, quinta nel catalogo del compositore e la prima che prende una drastica distanza dall’opera convenzionale. Le forme chiuse del melodramma sono infatti quasi abolite: la melodia procede quasi senza interruzioni e compaiono i primi Leitmotiv, melodie associate a personaggi, oggetti o concetti astratti, che sono tutti introdotti nell’ouverture, che è un ampio affresco sonoro del mare in tempesta, in cui si susseguono il tema roboante del protagonista sottolineato dagli ottoni, il tema della redenzione associato a Senta e il richiamo del coro dei marinai..
Dice Fabio Luisi: «Der fliegende Holländer può considerarsi l’opera in cui Wagner – un Wagner molto trasparente e molto lirico – inizia a mettere a fuoco la propria poetica e anticipa soluzioni caratteristiche dei drammi successivi, sia per l’impianto musicale dove, nonostante i numeri chiusi, vi è il ricorso a un corredo di Leitmotiv che innervano la partitura, sia per la decisa svolta nella direzione del mito». «A mio avviso – continua Luisi – questa è un’opera piena di passione e di mistero, è una favola per adulti con una glorificazione della fedeltà, prima sognata e poi vissuta.»
«Già dalle prime elettrizzanti battute appare chiaro che Wagner è stato un pioniere del suo tempo – scrive Paul Curran nelle sue note di regia -. La musica ci colpisce come una tempesta e non allenta la presa, finché l’Olandese e Senta non si ricongiungono nella morte. Nel portare in scena Der fliegende Hollӓnder, un regista contemporaneo deve affrontare molteplici sfide: non solo l’apparizione di fantasmi e di una nave fantasma, ma, cosa ancor più importante, lo svilupparsi della storia di una donna giovane e fortemente indipendente qual è Senta, molto diversa dalla maggior parte delle eroine di opere o dei drammi del suo tempo. Senta è, per me, un’antesignana del femminismo nella letteratura operistica. Lei non vuole essere migliore degli altri, ma desidera che le venga consentito di essere alla pari di chi ama. È un’idea affascinante e provocatoria per il 1840 che ha una forte risonanza al giorno d’oggi, XXI secolo: la donna moderna che sceglie di essere padrona del proprio destino». Dell’Olandese dice che è «un personaggio che cerca la redenzione non solo attraverso l’amore, ma anche attraverso un’analisi delle proprie azioni e decisioni.» I due amanti sono quindi due personaggi molto attuali e allo stesso modo lo è l’opera, e infatti così continua Curran: «In un mondo in cui pare che in ogni situazione della nostra vita abbiamo a disposizione sempre ulteriori sussidi: computer, cellulari, wifi, viaggi, sento che l’Olandese volante parli con maggiore forza, più oggi che nel 1840. Esso forse ci ricorda, attraverso una gloriosa storia in musica, che dovremmo prestare attenzione a quel che chiediamo, perché potremmo essere condannati ad ottenerlo e a conviverci».