L’uomo deve impegnarsi “a cercare forme sempre più solidali di produzioni e scambio dei beni che abbiano al centro l’uomo e quindi un lavoro per tutti”. Lo ha detto l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori durante l’omelia della celebrazione eucaristica, in cattedrale, nel giorno di Natale. Secondo Betori, l’uomo deve sforzarsi “di generare una convivenza sociale secondo i principi di cooperazione, di giustizia e di responsabilità”. L’arcivescovo di Firenze ha fatto questi riferimenti criticando il “processo di sviluppo in vari campi del sapere e del fare dell’uomo” che “sta inducendo molti a pensare che l’uomo non solo possa modificare il mondo, ma anche se stesso lasciandosi guidare soltanto dal suo mutevole desiderio”. Sottolineando che “la fede cristiana non è certamente un freno alla ricerca dell’uomo”, ma che è anche “ferma” davanti a “qualsiasi pervertimento, anche a quello dell’autodistruzione dell’uomo e del mondo”, Betori ha ricordato che “avere certi riferimenti non vuol dire rinunciare al nuovo, ma possedere gli orientamenti giusti per poterlo valutare senza farsi schiavi delle mode dei consumi e dello strapotere delle tecniche”. L’arcivescovo ha anche rivendicato la la concretezza storica del Natale che serve a dare fondamento reale alla fede e indirizzarci verso un modo di viverla che ci rende responsabili verso la storia e mai estranei all’umanità, anzi debitori ad essa di un senso che solo l’incarnazione del Figlio di Dio rivela. E giustamente la nascita di Gesù è stata presa come spartiacque da cui datare gli anni. Una rivendicazione necessaria ha proseguito l’arcivescovo di Firenze – in un momento in cui risorgono voci che vorrebbero ricacciare Gesù e il suo evento nel mito, così che in questi stanchi ripetitori di vecchie teorie smentite da secoli di serie ricerche storiche la sua figura si riduce a poco più di un simbolo, la sua parola e i suoi gesti vengono assimilati alle favole e alle leggende e quanto da lui è stato generato ridotto a un’ideologia tra le altre quando non a una perniciosa impostura per l’umanità.Il Natale – ha detto ancora Betori – è la negazione di tutto ciò e la rivendicazione della assoluta alterità della fede cristiana rispetto a ogni altra esperienza religiosa: non un affannoso autotrascendimento dell’uomo in cerca di una dimensione divina di sé, né l’ascolto di una rivelazione che lascia Dio e l’uomo in una reciproca lontananza che annienta e deprime, ma la concretezza di una presenza personale di Dio tra noi come uno di noi, in una condivisione piena della nostra storia, che viene da lui risanata nell’amore e assunta come il luogo della nostra salvezza.Nell’omelia della Messa della notte di Natale, sempre in cattedrale, mons. Betori aveva toccato i temi della difesa della vita, della famiglia concepita sull’amore tra uomo e donna e aveva accusato quel progresso che “non mettendo al centro la persona fa troppe vittime”, in particolare coloro che “rischiano il posto di lavoro per la crisi economica e finanziaria”. Sottolineando che nel “volto di Gesù c’è quella pienezza dell’umano che invano andiamo cercando altrove”, Betori aveva cominciato a parlare della vita. Secondo l’ arcivescovo di Firenze, c’è pienezza dell’ umano “dall’inizio del concepimento fino al compimento naturale della vita, in nome di una dignità della persona che non ammette graduazioni o oblii in nome di un falso concetto di qualità della vita”. E sempre ribadendo il concetto della pienezza dell’umano nel volto di Gesù, Betori aveva detto che “vale in particolare per i poveri e gli emarginati dalle nostre società del benessere, per quanti faticano a tenere il passo di un progresso che, non mettendo al centro la persona fa troppe vittime, e qui un pensiero speciale deve andare, in questo Natale, a quanti nella crisi economica e finanziaria rischiano il posto di lavoro”. Poi la difesa della famiglia, “unione feconda di un uomo e una donna, cui nessuna convivenza, tanto meno di persone dello stesso sesso, può essere equiparata senza svalutarla”. Infine un pensiero per la pace e i migranti. Secondo Betori serve una “attenzione specifica alla convivenza tra i popoli, alla ricerca di una pace che esige la rimozione delle condizioni di ingiustizia da cui scaturiscono sofferenze, oppressioni, migrazioni”. Questo vale, ha aggiunto, “nella nostra città per la ricerca di una convivenza in cui ciascuno si senta responsabile del bene comune, impegnandosi a collaborare per superare problemi e staticità”.