Italia
Fine vita: 12 parlamentari, «non voteremo un testo che apre le porte all’eutanasia omissiva»
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«In assenza di sostanziali modifiche, non voteremo un testo di legge che configura le Dat come fossero incise su una pietra, che non restituisce al medico il ruolo che gli è proprio e che apre le porte all’eutanasia omissiva, interrompendo i sostegni vitali». È la posizione espressa da un gruppo trasversale di dodici parlamentari italiani – Raffaele Calabrò, Paola Binetti, Rocco Buttiglione, Giovanni Falcone, Benedetto Fucci, Gian Luigi Gigli, Domenico Menorello, Eugenia Roccella, Alessandro Pagano, Antonio Palmieri, Mario Sberna e Francesco Paolo Sisto – in una lettera pubblicata oggi dal quotidiano «Avvenire», nella quale intervengono nel dibattito sul testo di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat).
«Quanti come noi si dichiarano contrari a questo provvedimento sono accusati di essere ‘clericali’», sostengono i deputati, che si dicono «fermamente e laicamente convinti che una legge sul fine vita debba saper coniugare tutela della vita, libertà della persona e dignità umana, principi comuni a credenti e non credenti, sanciti proprio nella nostra Carta Costituzionale». «Non abbiamo mai pensato di negare il diritto di ognuno di decidere di non sottoporsi o di sospendere determinate terapie, lasciando fare alla patologia il suo decorso infausto», precisano, dichiarando però la contrarietà al fatto che si voglia «elevare a diritto la pretesa che sia il Servizio sanitario a condurci alla morte, sospendendo anche sostegni vitali, quali sono idratazione e nutrizione assistite». Inoltre, «questa proposta di legge in maniera assurda e superficiale non indica quando le Dat iniziano ad acquistare efficacia, non facendo i dovuti distinguo tra condizioni cliniche differenti, tra perdita di coscienza transitoria e definitiva, tra le patologie che portano inevitabilmente alla morte e quelle che, pur gravissime, possono essere curate». «Questo strano progresso che porta con sé un’idea di libertà assoluta che ha come unica frontiera di conquista il diritto all’anticipazione della morte – concludono – non può che trovare il nostro dissenso».