Toscana
Fiesole: recuperati un centinaio di antichi volumi asportati dalla Biblioteca Bandiniana
In quel periodo erano in corso lavori di restauro interni all’edificio di piazza Mino ove ha sede sia la Diocesi che il Seminario: alcune porte di accesso alle sale erano state coperte con teli a protezione dalla polvere e per evitare eventuali danni che potevano essere arrecati durante i lavori. Tali protezioni, tuttavia, hanno impedito il rilevamento tempestivo della forzatura di una porta interna.
Fortunatamente, esisteva una pubblicazione con l’inventario completo, dettagliato ed analitico dei volumi di maggior valore ed antichità che è servita per stilare l’elenco delle opere mancanti: circa 250 su un migliaio in tutto. Tale elenco fu inserito, grazie al meticoloso lavoro della Sezione Elaborazione Dati del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, nella Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti gestita dal TPC, e fu trasmesso anche alle associazioni ed istituzioni pubbliche e private di settore.
A circa un anno dal furto, grazie al costante monitoraggio del commercio di beni culturali effettuato dal TPC e grazie alla sinergia on le varie componenti del MiBACT, si accertava che un esercizio commerciale, con sede fisica ad Assisi e prevalentemente operante sul web, aveva posto in vendita su una delle più note piattaforme dell’e-commerce, alcuni libri antichi, che per titolo e caratteristiche generali corrispondevano a quelli oggetto del furto al Seminario fiesolano.
Seguivano immediatamente le necessarie attività coordinate dall’A.G. di Perugia che permettevano di recuperare un primo nucleo di volumi di cui alcuni presentavano i timbri di provenienza cancellati, coperti o alterati.
Le successive indagini, protrattesi sino al 2013, permettevano di identificare la maggior parte degli ignari acquirenti, sparsi sul territorio nazionale e all’estero (Francia, Stati Uniti) e, soprattutto, di individuare il ricettatore nelle cui disponibilità erano transitati i libri prima di essere rimessi in vendita: un aretino, assiduo frequentatore di fiere e mercatini -specializzati e generici- in tutt’Italia. Presso la sua abitazione, veniva rinvenuta la maggior parte dei beni recuperati, molti ancora con i timbri originali, in mezzo ad una grande quantità di oggetti della più varia natura, tanto che i Carabinieri del TPC di Firenze, supportati dai colleghi di Arezzo, si videro costretti a sequestrare e sigillare, previa autorizzazione dell’A.G., una parte dell’appartamento per qualche mese, al fine di procedere alle necessarie verifiche.
Venivano rinvenuti anche gli strumenti e i materiali utilizzati per cancellare, coprire e/o modificare i timbri e gli altri contrassegni che identificavano la provenienza degli antichi volumi: timbri artefatti, etichette e marche tipografiche posticce su carta “anticata”, taglierini modificati “ad hoc” e prodotti chimici.
Contemporaneamente, si procedeva alle delicate attività di recupero dei beni finiti all’estero. Tra questi, si segnala un volume edito a Lione nel 1541 ed acquistato, sul sito del commerciante umbro, da uno studioso di San Antonio (Texas – USA) che, una volta definite le procedure ufficiali che lo hanno riconosciuto “acquirente in buona fede”, lo consegnava al Consolato Italiano di Houston per il rimpatrio.
Nel corso di tali attività d’indagine si riscontrava, altresì, che le transazioni informatiche con acquirenti stranieri venivano effettuate:
– in violazione del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio (D.Lgs. 42/2004) che sancisce l’obbligo di richiedere ed ottenere specifiche autorizzazioni prima di esportare un bene culturale;
– aggirando le procedure doganali in quanto i libri venivano spediti all’estero all’interno di anonimi plichi postali.
Le tre persone ritenute responsabili, in concorso tra loro ed a vario titolo di ricettazione, riciclaggio, illecita esportazione di beni culturali, contrabbando, sono indagati presso le Procure di Arezzo e di Perugia che, recentemente, hanno disposto la restituzione dei beni.
I volumi antichi recuperati e restituiti al Seminario Vescovile di Fiesole (a cui vanno aggiunti altri beni sequestrati nel corso delle attività e riferiti a diversi fatti-reato), hanno un valore commerciale di oltre 100 mila euro, ma il loro intrinseco valore storico, riferito alla loro collocazione nella sede originaria ove vennero acquisiti, studiati e custoditi nel corso dei secoli è assolutamente inestimabile.