Vita Chiesa
Fiesole, il «grazie» al vescovo Luciano
Il lungo cammino nella Cet, dagli incontri fraterni alle note pastorali sull’arte sacra e sulla magia
di Simone Pitossi
Ventinove anni a Fiesole, vescovo da trentadue, venticinque come segretario della Conferenza episcopale toscana. Sono solo alcuni «numeri» che indicano il lavoro svolto in questi anni dal vescovo Luciano Giovannetti in diocesi e in Cet. Il 18 aprile ci sarà il passaggio del pastorale con il suo successore, monsignor Mario Meini. Lo scorso fine settimana, in occasione delle Palme, ha incontrato bambini e giovani. Mercoledì scorso ha salutato la diocesi fiesolana durante Messa Crismale in cattedrale.
Eccellenza, è stato segretario della Cet sotto tre presidenti: Piovanelli, Plotti, Antonelli. Come ricorda questi anni?
«Li ricordo soprattutto per il clima molto positivo di comunione, quasi esemplare direi, che si è sempre respirato».
Com’è cambiata la Conferenza episcopale?
«È stato un cammino di crescita. Ricordo l’inizio: venivamo dagli anni fecondi del Concilio Vaticano II. La Conferenza episcopale toscana si trovava in un clima informale, per una mattinata quattro volte all’anno. Poi cominciammo a stare insieme, in forma residenziale, per un giorno e mezzo. In seguito, si aggiunse la Cet itinerante, una volta all’anno. Questo percorso ha favorito la creazione di un clima di amicizia e di fraternità che, ritengo, sia uno dei segni distintivi della Cet in questi trenta anni che ho vissuto. L’impegno per la comunione all’interno della Conferenza è coinciso, in particolare, con gli anni della presidenza del cardinale Silvano Piovanelli che aveva al suo fianco mons. Alessandro Plotti, vicepresidente. Il legame con Piovanelli e Plotti è stato profondo. Anche la riflessione svolta nelle varie commissioni è stata buona. Certo non possiamo nascondere alcune difficoltà nella diffusione dei frutti di questo lavoro nelle diocesi. Ma io penso che l’invisibile sia sempre superiore al visibile».
La Cet in questi anni ha prodotto anche documenti di un certo rilievo…
«Molte sono state le riflessioni sulla vita della Toscana che hanno prodotto anche alcuni documenti significativi. Vorrei ricodarne due in particolare. Innanzitutto La vita si è fatta visibile, del 1997, che riguardava la comunicazione della fede cristiana attraverso l’arte. La nota prendeva spunto dall’allora imminente Giubileo del 2000 che avrebbe portato anche in Toscana molti pellegrini: era un’occasione unica per usare il nostro patrimonio artistico per comunicare le cose in cui crediamo, la Verità del Vangelo di Gesù Cristo. L’altro documento A proposito di magia e di demonologia, del 1994, sottolineava l’aumento delle pratiche magiche, sia sotto l’aspetto dell’occultismo e dell’esoterismo che del sincretismo religioso e delle nuove sette, e richiedeva agli operatori pastorali una reale conoscenza del fenomeno. Due documenti che hanno ricevuto riconoscimenti anche fuori dalla nostra regione».
Come sono stati i rapporti con la Regione?
«Positivi, pur nel rispetto dei ruoli, e contrassegnati da reciproco rispetto e attenzione. Abbiamo avuti incontri istituzionali in Conferenza episcopale con i presidenti Chiti e Martini. Sono state siglate poi numerose intese con la Regione: ricordo in particolare quella sulla sanità e l’assistenza spirituale negli ospedali, e quella sui beni culturali. Infine, abbiamo seguito con grande attenzione la stesura del nuovo Statuto Regionale, particolarmente in relazione agli articoli che riguardavano la persona, la famiglia, il principio di sussidiarietà».
Carissimo vescovo Luciano, in questi giorni che precedono la tua partenza da Fiesole altri ti ringrazieranno per il tuo lungo servizio di vescovo nella santa Chiesa di Dio. Tu sei stato consacrato vescovo molto giovane, quando avevi poco più di venti anni di Messa e io, che sono più anziano di te, ero ancora parroco di Castelfiorentino, e sei diventato vescovo della diocesi fiesolana, lo ricordo bene, mentre io ero stato chiamato dal Card. Giovanni Benelli ad aiutarlo come provicario generale. Mi pare che, nei nostri tempi, almeno in Toscana nessuno ha avuto un episcopato così lungo nella stessa Chiesa: tu stavi per raggiungere i trent’anni!
Altri, caro Luciano vescovo, ti ringrazieranno per la continuità della tua pastorale, per la cura affettuosa dei tuoi seminaristi e dei tuoi preti, per il rapporto diretto e la vicinanza premurosa alle tue comunità parrocchiali, per l’attenzione alla vita consacrata e per la saggia circospezione nelle cose temporali. Noi tutti sappiamo che tu sei stato uomo di fede ed educatore alla fede, disponibile e pronto a tutti i tentativi onesti per far crescere le comunità con l’impegno della testimonianza evangelica nel mondo.
E che nella tua missione sei rimasto aperto verso tutti gli uomini indipendentemente dalle loro ideologie, evitando di chiuderti in scelte politiche concrete che distaccano da altri uomini.
Altri ti ringrazieranno per la tua presenza sempre attenta e non invadente, partecipe ma delicatamente rispettosa, capace di cogliere le fatiche e le difficoltà, pronta a mettersi accanto, ma sempre attenta alle altrui responsabilità e sensibilità.
Altri ti ringrazieranno del fervore che tu hai acceso, non soltanto nella tua diocesi e in Toscana, per la Terra Santa con la tua fede e il coraggio di affrontare situazioni difficili e non senza rischio e come hai saputo coinvolgere in modo concreto e continuativo comunità religiose e istituzioni civili per aiutare i cristiani in Palestina, particolarmente a Betlemme.
Io voglio ringraziarti della tua affettuosa fedeltà e del tuo impegno come segretario della Conferenza Episcopale Toscana per tutto il tempo del mio episcopato in Firenze. Tu sei stato per me un appoggio e una garanzia che mi ha permesso di svolgere un servizio che era al di sopra delle mie forze ed ha aiutato il fiorire di un’intesa e di un’amicizia che ha rallegrato la comunione episcopale nella nostra Toscana, favorendo un dialogo maturo, aperto e veritiero.
Ma ancora di più voglio ringraziarti del dono dell’amicizia con cui hai accompagnato sempre i miei non pochi anni di servizio episcopale in Firenze: essa mi ha aiutato nei momenti di maggiore fatica ed ha continuamente sostenuto il mio servizio con la certezza della tua attenzione affettuosa e del tuo «esserci» ogni volta che c’era bisogno.
In questi giorni particolari, che sono i tuoi ultimi come vescovo di Fiesole, mentre l’animo è affollato da tanti sentimenti e commosso dai saluti e dai distacchi, ti sono vicino col cuore e la preghiera. So per esperienza cosa significa «lasciare». Perciò ti accompagno spiritualmente e insieme con te mi impegno perché, mentre il cuore non dimentica, le nostre mani restino alzate nella preghiera d’intercessione come quelle di Mosè, e noi continuiamo insieme, pur da lontano, il nostro canto di pellegrini e la nostra attesa della beata speranza.