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«Fidarsi della vita». Messaggio per la Giornata della vita 2005
Scontiamo modi di pensare e di vivere che negano la vita altrui, che non si fidano della vita perché diffidano degli altri, chiunque essi siano. E invece: Non è bene che l’uomo sia solo! (Gen 2,18): lo scopo dell’esistenza sta nella relazione. Con l’Altro, che ci ha creati, ci ama da sempre e per sempre, e per noi ha in serbo la vita eterna. E con gli altri, a cominciare da chi più ha fame e sete di vita e di relazione: come il bambino non ancora nato o i molti bambini senza genitori.
C’è il bambino non ancora nato, icona e speranza di futuro: entrare in relazione con lui, considerandolo da subito ciò che egli è, una persona, è la più straordinaria avventura di due genitori. In questo senso, l’aborto, quando è compiuto con consapevole rifiuto della vita, superficialmente o in obbedienza alla cultura dell’individualismo assoluto, è la più terribile negazione dell’altro, la più gelida affermazione dell’individuo che ignora l’altro, perché riconosce soltanto se stesso.
In non poche circostanze, in verità, l’aborto è una scelta tragica, vissuta nel tormento e con angoscia, sbocco di povertà materiale o morale, di solitudine disperata, di triste insicurezza: in queste situazioni a negare l’altro è, in ultima analisi, tutta una società, cieca nei riguardi dei bisogni delle persone e insensibile al rispetto del figlio e della madre.
Anni di esperienza inducono a ritenere che la via maestra per vincere la cultura dell’individualismo, ma anche per superare la fragilità che durante una gravidanza può nascere dalla paura di non farcela, consiste nel fare compagnia alle madri in difficoltà, aiutandole a capire che gli altri esistono, ti aiutano, non ti lasciano sola e portando assieme a te il tuo peso, lo rendono sopportabile, fino a farti scoprire che non di un peso si tratta, ma della gioia più grande.