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Festa d’Europa: mons. da Cunha (Ccee), « segni di risveglio che danno speranza»

Nel giorno in cui il continente europeo celebra la «Festa dell’Europa», nell’anniversario della storica dichiarazione di Schuman, il segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) sottolinea come in un momento di crisi per il continente si intravedano però segni di risveglio e di rinascita.

«In Europa, anche se si vive una crisi, ci sono tanti segni di un risveglio, una rinascita, un rinnovato impegno a costruire con serietà nuovi rapporti tra i popoli di tutto il continente. Sta di nuovo nascendo il desiderio di creare un continente in cui i Paesi non siano nemici tra loro ma collaboratori e solidali gli uni con gli altri. E tutto ciò fa intravedere una speranza, dice che il progetto europeo non è un sogno ma ha bisogno di essere sempre rifondato». Lo dice al Sir monsignor Duarte da Cunha, segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), nel giorno in cui il continente europeo celebra la «Festa dell’Europa», nell’anniversario della storica dichiarazione di Schuman. «La storia che ci lasciamo alle spalle – agunge da Cunha – ci ha fatto capire che per creare l’Europa, l’economia e gli interessi finanziari non bastano. Se non si ha cura della dignità della persona, se non si valorizza la solidarietà tra i popoli, se non si promuove l’integrazione, se non si rispettano le diversità culturali, il progetto europeo diventa un qualcosa costruito ai piani alti e imposto. E non funziona. Non solo, si rischia di far crescere i disagi, di provocare insoddisfazioni, di soffocare la speranza. La crisi che stiamo attraversando può allora servire a prendere coscienza che l’Europa, per non morire, ha bisogno di valori alti».

Nel continente europeo, fa quindi notare il segretario generale del Ccee, «le Chiese hanno la consapevolezza del bisogno che l’Europa ha di un’anima e per questo lavorano insieme per dare testimonianza di una dimensione religiosa ed etica senza la quale l’Europa non può progredire. È una comune responsabilità che si sta fortemente sviluppando a livello ecumenico. Da una parte le Chiese vivono la crisi di una società che si è secolarizzata e allontanata da Dio. Ma dall’altra constatano anche come, a livello istituzionale e pubblico, cresce la rilevanza della religione, il rispetto dei valori religiosi, la coscienza di non relegare le religioni nella sfera privata ma di coinvolgerle nell’azione e nella sfera pubblica». È una responsabilità per le Chiese e per l’Europa stessa. Perché, spiega mons. da Cunha, «se l’Europa non fa riferimento a un orizzonte alto, se non fa posto a Dio, la dignità della persona scade e l’altro diventa un concorrente, un nemico, un potenziale pericolo. Quindi in questo giorno di anniversario in cui si fa memoria della fondazione europea, vorrei dire alle persone che vivono in Europa, aprite il cuore al Signore. Troverete una pienezza di gioia sulla quale costruire un mondo nuovo».