Lettere in redazione
Feltri, sospensione e reazione scomposta
Caro direttore, ho letto nei giorni scorsi del provvedimento dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia contro Vittorio Feltri per la vicenda che ha portato alla dimissioni di Dino Boffo da direttore di «Avvenire». Ho letto anche, con non poco stupore, di quello che Feltri avrebbe detto per commentare la sentenza. A dire il vero mi sembra che non ci sia più limite alla decenza. Avanti di questo passo non so dove si possa arrivare.
Eh sì, caro Mantovani è proprio giusto chiedersi dove andremo a finire se non ritroviamo la strada di quella che lei chiama «decenza» e che forse significa prima di tutto rispetto degli altri.
Nel frattempo, di fronte a questa prima richiesta di sospensione, il direttore del «Giornale» ha usato parole di una volgarità unica: «Non vedo le ragioni di tanto scandalo. A meno che la Chiesa non abbia la coda di paglia. Non si parla d’altro che di preti pedofili in questi giorni. Qualcuno deve pur averli coperti se gli abusi sono andati avanti per anni». Ma non solo: Feltri si è detto anche dispiaciuto «di non essere un prete pedofilo o almeno un semiprete omosessuale o un conduttore di sinistra ma di essere semplicemente un giornalista che non può godere della protezione dei vescovi, né diventare un martire dell’informazione». Parole che si commentano da sole, mentre va anche ricordato che la tardiva e parziale ritrattazione qualche mese fa da parte di Feltri era dovuta al fatto che gli avvocati di Boffo gli avevano mostrato direttamente le carte del tribunale di Terni.
A maggior ragione ora Feltri dovrebbe accettare con ben altro stile una «condanna» quasi simbolica, che non ha nulla a che vedere con quella che lui a suo tempo ha comminato a Dino Boffo.