Cultura & Società
Fede e ragione, il «Cortile dei Gentili» fa tappa a Firenze
di Riccardo Bigi
Nel suo discorso alla Curia del 21 dicembre scorso Benedetto XVI invitava la Chiesa ad aprire uno spazio di dialogo per chi non considera la religione «una cosa estranea». Il Papa suggeriva la possibilità di un nuovo «cortile dei gentili», sull’immagine dello spazio dell’antico Tempio di Gerusalemme al quale tutti, anche i non ebrei, potevano accedere. Uno spazio oggi rivolto a chi «non vorrebbe rimanere senza Dio, ma avvicinarlo come Sconosciuto».
Raccogliendo questo invito, il Pontificio Consiglio per la Cultura ha dato vita al «Cortile dei gentili», una struttura permanente di dialogo e di incontro presentata il 12 febbraio scorso a Bologna. Il primo grande evento poi è stato quello organizzato a Parigi (città simbolo del dialogo, non sempre facile, tra fede e ragione, religione e filosofia, credenti e non credenti). Il cammino adesso si è allargato a tante altre città: e la prossima tappa sarà a Firenze, lunedì 17 ottobre, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio.
«Umanesimo e bellezza ieri e oggi» è il tema scelto per il convegno che vedrà «duettare» scrittori, filosofi, esperti di arte, uomini di cultura. Persone con storie e provenienze diverse, tutti accomunati però da due elementi ben precisi, proprio quelli richiamati dal titolo: l’interesse per l’uomo e la passione per il bello. Anzi, di più: accomunati dal tentativo di definire il concetto stesso di bellezza, un concetto sfuggente e misterioso. E la scelta del tema non è casuale: ce lo conferma don Alfredo Jacopozzi, direttore dell’Ufficio cultura dell’Arcidiocesi di Firenze.
Don Jacopozzi, il «Cortile dei Gentili» arriva a Firenze: dopo l’incontro di Parigi si era parlato di tante altre possibili sedi, a livello mondiale. Come è nata la scelta del capoluogo toscano?
«Il Cortile dei gentili ha avuto il suo lancio ufficiale nel marzo scorso a Parigi, la capitale della cultura laica. È stato un avvenimento sensazionale, di forte impatto. Lo scopo del Cortile, però, non è quello di far vivere dei grandi eventi culturali e basta. Il Cortile intende radicarsi nelle città che hanno una storia culturale di spessore e Firenze non poteva mancare all’appello. A Firenze, il Cortile nasce grazie alla volontà dell’Arcivescovo Giuseppe Betori che ha affidato il compito all’Ufficio Cultura e a un giovane professore dell’Università di Firenze, Alessio Falorni, di matrice laica ma fortemente interessato al dialogo rispettoso e maturo tra credenti e non credenti. La collaborazione con lui è stata notevole e insieme abbiamo organizzato l’appuntamento del 17 ottobre, come inizio di questa nuova realtà a Firenze».
Il tema scelto è quello della bellezza: un abbinamento casuale con il capoluogo toscano?
«Il tema della bellezza lo abbiamo suggerito al Card. Ravasi, l’ideatore e l’anima del Cortile dei gentili e lui ha accettato volentieri di misurarsi su questo tema. Potrebbe apparire scontato questo tema per la città di Firenze. L’appuntamento fiorentino vuole essere una riflessione a più voci sul tema della bellezza e della sua declinazione artistica dentro la nostra tradizione umanistica, per coglierne il senso profondo della sua essenziale in-sensatezza, già rinvenuta da Platone nel cuore più profondo del fare artistico, in qualche modo analoga a quella già riconosciuta in tutte le cose anche dal Qoèlet. L’aspetto insensato dice la dimensione sperimentale, arrischiata, penetrante della realtà umana che l’artista esprime con la sua opera, attraverso la quale manifesta anche una insonne ricerca di assoluto, di perfezione, di bellezza che sfiora il Mistero».
Venticinque anni fa, nel 1986 nella sua visita a Firenze, Giovanni Paolo II definì la città «capitale dell’umanesimo cristiano». È possibile che proprio Firenze possa essere la culla di un «nuovo umanesimo»? E quali caratteristiche potrebbe avere oggi un umanesimo cristiano?
«Firenze è una mappa emozionale che ci mette in contatto con il paesaggio mentale e il mondo interiore di quella splendida stagione che è stato l’umanesimo/rinascimento. Uomini che quando parlavano di se stessi pensavano in termini di microcosmo umano e macrocosmo divino, non di individui chiusi in una ragione frammentata e monocromatica. Di fronte a questo punto debole della nostra civiltà è necessario ricuperare il senso di una totalità feconda di saperi. L’umanesimo cristiano deve rilanciare questa possibilità alla cultura».
Le persone che interverranno sono nomi importanti della cultura italiana: quali contributi vi aspettate?
«Raccogliere personalità così diverse e originali come il Card. Ravasi, Moni Ovadia, Erri De Luca, Sergio Givone, Antonio Paolucci è il segno di quella totalità di cui dicevo, in cui dibattere e confrontarsi sulle questioni radicali e ultime della vita, ci fa scoprire che la verità è polare, ci ri-guarda, nel senso che ne siamo co-autori. Questo è il bello della nostra dignità umana».
L’iniziativa, secondo lo spirito del «Cortile dei Gentili», è improntata allo stile del dialogo. Quali sono i presupposti perché il dialogo sia scambio utile e fecondo?
«A Firenze il Cortile dei gentili nasce dall’interno della Chiesa, tenendo conto che il dialogo tra credenti e non credenti non è una novità, ma una prassi che ha segnato la città e la stessa Chiesa di Firenze. Su questa scia intendiamo continuare e raccogliere associazioni e istituzioni culturali che si misurano sull’esperienza umana come qualcosa di non compiuto, di non finito e dunque in tal senso di infinito, nel quale il credente ci vede il mistero di Dio e il non credente un eventuale principio-speranza, ma tutti e due la possibilità di essere giorno dopo giorno un po’ più umani».
Da qui l’ispirazione per il nome di questa nuova struttura specifica appartenente al Pontificio Consiglio della cultura: il «Cortile dei gentili» si costituisce come spazio di incontro e confronto attorno al tema della fede, quindi come possibilità di dialogo e reciproca conoscenza fra il mondo dei credenti e quello dei non credenti di oggi.
Il tema è senza dubbio della massima importanza nel momento storico odierno e riguarda alcune delle più profonde e ineludibili domande a cui ciascuno si sente chiamato a rispondere. La fiducia è che nel dialogo tali domande possano approfondirsi e depurarsi, acquisendo sempre nuove formulazioni e nuova specificità; ma soprattutto che la ricerca, realmente condivisa, possa allargare il proprio spazio di visione e consapevolezza. In tal senso il dialogo costituisce già un valore in sé.
A Firenze, il «Cortile dei gentili» approda come spazio di incontro e di confronto in una città, una storia e una tradizione, in cui personalità credenti e non credenti di alto profilo culturale hanno percorso insieme una strada di reciproco rispetto e di ricerca comune.
Ad aprire i lavori saranno i saluti iniziali del cardinale Gianfranco Ravasi, Prefetto del Pontificio Consiglio della Cultura, e di Antonio Natali, Direttore della Galleria degli Uffizi.
Ci saranno quindi due «duetti»: nel primo si confronteranno Moni Ovadia, artista e scrittore, che parlerà su «Arte e memoria. Radici religiose della cultura» e il filosofo Sergio Givone: «L’oggi del Grande Inquisitore» è il tema a lui affidato, con un evidente riferimento all’opera di Dostoevskij e al pensiero russo.
Nel secondo «duetto» saranno in dialogo lo scrittore e poeta Erri De Luca («Chi parla nell’arte. L’ispirazione e le fonti») e lo storico dell’arte Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani («L’arte che parla o cerca di parlare»).
Modera l’incontro Alessio FalorniAlfredo Jacopozzi, direttore dell’Ufficio cultura dell’Arcidiocesi di Firenze.
La presentazione della serata