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Fecondazione, cattolici uniti in difesa della legge
Anticlericalismo? Massoneria? Liberalismo? Cattiva fede? Ignoranza? Interessi economici? Non crediamo di essere lontano dal vero se riconosciamo tali fattori all’origine di reazioni così violente nei confronti del mondo cattolico, attaccato in questi giorni con rabbia e superficialità. È stato detto che al Senato lo scontro non è tra opposizione e maggioranza, ma tra cattolici e laici. E non può avvenire diversamente dal momento che, forse per la prima volta, molti cattolici hanno deciso di fare fronte unito per proporre una legge, che al momento è quanto di meglio si possa sperare.
Questi politici si sono resi conto che la loro appartenenza alla Chiesa non è una questione individuale, un fatto privato, ma ha naturali ricadute nell’impegno per il bene comune. E questo sarebbe un pericolo per la libertà sociale. Così ha scritto Piero Ostellino: «Tradurre i principi morali della religione che dovrebbero riguardare solo la coscienza individuale in diritto pubblico è sempre pericoloso per la salute della democrazia liberale, sia perché riduce la libertà di scelta del non credente; sia perché mortifica persino il pieno esercizio del libero arbitrio da parte del credente» («Corriere della sera» del 4 dicembre 2003).
C’è dunque chi vorrebbe insegnare ai cattolici come comportarsi in politica, creando in loro una sorta di schizofrenia: in chiesa e in casa cattolici, ma al Senato indifferenti a qualunque valore morale e, semmai, impegnati a proteggere la libertà di scelta di ogni cittadino. Se così avvenisse, sarebbe un danno serio per la società civile. La legge deve scegliere un valore morale e, per quanto le compete e le è storicamente possibile, cercare di favorire scelte coerenti e punire atti contrari.
Lo schieramento dei cattolici ha scelto come bene quello del concepito e così ha difeso e fatto approvare il primo articolo del disegno di legge che «assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito». Questa è un’assoluta novità ed è un segno di alta civiltà, perché la legge si pone anche dalla parte del più debole, come è l’essere umano nella fase iniziale del suo sviluppo. Alla luce di questo alto principio si snoda il testo, volto a tutelare il bene di chi viene al mondo. Per questo la fecondazione eterologa è rifiutata: darebbe al nascituro un padre biologico, diverso dal genitore, che desidera il figlio. Per questo non è possibile produrre un numero maggiore di embrioni, rispetto a quelli necessari per l’impianto: quale sorte toccherebbe a quelli in eccesso? Il bene dell’embrione comporta ancora l’esclusione della crioconservazione, la sperimentazione, l’alterazione del patrimonio genetico, la clonazione, il prelievo di cellule staminali. E il bene del concepito richiede una famiglia responsabile: no genitori in età da nonni, no persone sole, no coppie gay.
Naturalmente, dobbiamo aggiungere che il bene del concepito richiederebbe, ancora di più: che egli fosse il frutto di un atto coniugale, dell’intima unione di un uomo e di una donna, stabilmente uniti in matrimonio. Tali osservazioni etiche resteranno valide anche quando la legge verrà approvata e continueranno ad interpellare la coscienza per invitarla ad aderire pienamente al valore morale, andando oltre la legge. Allora tutto il lavoro fatto è inutile? Assolutamente no! Questa legge porta a pensare al bene del concepito e perciò deve essere sostenuta.
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