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Fase2, non è un «liberi tutti», ci sono ancora ammalati che muoiono
Le cronache del 18 maggio si aprono con sospiri amari. Il centro di Firenze, nelle foto, appare costellato di crocchi, gruppetti e capannelli, con supremo sprezzo del distanziamento fisico, abbattuto e travolto. A Bologna i portici di via Petroni, luogo prediletto della movida studentesca, è un brulichio festoso. A Venezia ripartono gli spritz di gruppo, con bicchieri disseminati ovunque e mascherine dimenticate nel baule del Carnevale. A Milano messaggi indignati della popolazione indignatissima allo sdegno assessore per gli indegni assembramenti al mercato di viale Papiniano. Non solo giovani. I consumatori compulsivi, al pari di tossici qualsiasi, erano in fila con un’ora di anticipo a uno dei massimi luoghi di culto laico del lietissimo consumismo, l’Ikea di Corsico, con lunghe ma pazienti, perché devote, file per entrare nel tempio in cui assembramento si confonde con assemblamento.
L’esperienza non insegna nulla, ma perché dovrebbe? Perché mai lo dovrebbero due mesi di quarantena, migliaia di morti, l’economia frenata in tutto il mondo, uno shock globale che passerà alla storia e darà lavoro – almeno a loro – a psicologi e sociologi per molti anni a venire? Ne usciremo migliori, avevano bisbigliato gli ottimisti appellandosi, più che alla ragione, a qualche fede. Nulla sarà come prima, assicuravano altri, senza ipotizzare che per molti, moltissimi, comunque troppi l’unico vero desiderio sarebbe stato tornare esattamente come prima, fosse pure contro ogni logica, come se la tetragona volontà potesse piegare la realtà.
Assembratevi orsù, reduci del Covid-19, sperando che sia in fuga e non stia semplicemente ripiegando accingendosi alla controffensiva. Non solo gli italiani, se può servire da consolazione. Liberi tutti in tutto il mondo, con la sfacciataggine dei menefreghisti che agli altri non pensano, e forse nemmeno a se stessi, seguendo piuttosto un impulso. Se la ragione era stata distrutta da anni, di sciacquamorbido televisivo, politico e culturale, non è che due mesi di reclusione potessero guarire dalla vera e più profonda «pandemia», quella che negli ultimi trent’anni ha indebolito e infine strangolato la ragione. Pensare è vietato, agire di stimoli e impulsi è raccomandato. Per questo si assembrano.
Poi capita anche di vedere signore e signori dagli occhi sbarrati dal terrore che guidano l’automobile con finestrini chiusi, aria condizionata spenta e mascherina sul naso. Ciclisti che pedalano mascherati respirando per supremo sprezzo del pericolo la propria anidride carbonica e finiscono in fondo al viale cittadino cianotici come un gregario in cima al Mortirolo. La misura, questa sconosciuta. La ragione, chi l’ha vista?
Gli assembratori osservano te, regolarmente a distanza di sicurezza e con la mascherina pronta, con uno sguardo di compatimento. Loro sono i furbi, quelli che non si fanno fregare. Dobbiamo preoccuparci? Sì, anche se proprio la ragione dovrebbe indurci a credere che siano una minoranza. Essendo sovraesposta, per una distorsione ottica la minoranza appare maggioranza, pur non essendolo. I responsabili, ci ostiniamo a crederlo, sono tantissimi e tutt’altro che tonti. Quelli sono una minoranza distruttiva, questi restano la maggioranza costruttiva. Basta che non ci scordiamo di esserlo. Senza di noi, che usiamo testa e cuore con uguale passione, sarebbe il diluvio.