Opinioni & Commenti
Farsi promotori dei valori che salvano la vita
La Giornata fu indetta per dimostrare che la Chiesa non si sarebbe mai arresa di fronte all’uccisione dei più piccoli, poveri, indifesi e innocenti degli esseri umani e per determinare nei cristiani una forte reazione capace di superare i sentimenti di rassegnazione, di assuefazione e di insuperabile sconfitta di fronte alla legalizzazione dell’aborto. Nel documento La comunità cristiana e l’accoglienza della vita umana nascente, pubblicato l’8 dicembre 1978, si legge che «L’aborto è certamente una delle ingiustizie più radicali che possono essere compiute verso l’uomo» sia per la sua «espansione impressionante», sia perché «l’ingiustizia dell’aborto viene poi aggravata dal fatto che il concepito è un innocente senza alcuna possibilità di difendersi e dal fatto che viene soppresso da coloro che l’hanno chiamato all’esistenza e da coloro che dovrebbero custodire e difendere la vita, come i sanitari». Ritroviamo l’eco di quella spinta nel messaggio di quest’anno laddove si afferma che la «piaga dell’aborto» «non è un male minore, è un crimine» e laddove è vibrante l’incoraggiamento dei Vescovi che incoraggiano «la comunità cristiana e la società civile ad accogliere, custodire e promuovere la vita umana dal concepimento al suo naturale termine».
In effetti, vi è una interdipendenza tra le varie forme di violenza sull’uomo, ma deve restare chiaro che la giornata deve fare prioritario riferimento alla vita nascente. Il titolo di questa Giornata 2019 non può che riferirsi al concepito non ancora nato e in questo senso è particolarmente pertinente, perché sottolinea l’individualità umana del concepito e mostra che il rispetto della vita nascente, è condizione di un futuro positivo non solo perché combatte il crollo della natalità che oggi è una diffusa preoccupazione, ma anche perché è la «prima pietra di un nuovo umanesimo» che abbraccia tutte le povertà umane.
«Un sistema in cui tutto è interconnesso» è il valore dell’esistenza umana. Perciò, se è vero che «la vita è tutta la vita», è anche vero che lo sguardo sulla più periferica delle periferie esistenziali, dove l’uomo vive la condizione di massima piccolezza e povertà, illumina il valore della vita tutta, in ogni fase e in ogni situazione. Proprio dall’accoglienza dei figli non nati deriva l’accoglienza di ogni ultimo e povero. Chi dedica tempo ed energie per proteggere la vita del più povero tra i poveri (come la Santa di Calcutta chiamava gli esseri umani concepiti), non può restare indifferente, per esempio, quando vede dei «senzatetto» rannicchiati e infreddoliti, con i vestiti logori e sporchi, sui bordi dei marciapiedi; né può abbassare le saracinesche del proprio cuore di fronte alle notizie di uomini, donne e bambini vittime della guerra, della miseria, della disperazione che li porta a morire nel Mediterraneo.
Nello stesso tempo, però, quanti operano sul fronte dell’accoglienza dei profughi, dei disabili, dei malati e dei poveri non possono distogliere lo sguardo dalla vita non ancora nata sebbene nascosta nel grembo materno; non possono ignorare che nelle nostre città, nei luoghi dove trascorriamo le giornate, ogni giorno, ogni settimana, ogni mese, ogni anno, viene impedito di nascere a una moltitudine di esseri umani, rendendo vittime dell’aborto anche le loro madri.
È, dunque, sempre bene non disperdere il senso originario della Giornata. Tre sono gli obiettivi da perseguire. Il primo e più importante è la salvezza dei bambini non ancora nati. «È vita, è futuro» è un tema che aiuta questo orientamento. Il figlio concepito è un individuo umano vivente, uno uguale in dignità ad ogni altro uomo, uno di noi, è anche una garanzia che la storia ha un futuro. Questa consapevolezza è il massimo strumento di prevenzione dell’aborto.
Ma c’è qualcosa di molto più profondo nell’affermazione che ogni figlio è futuro. È in gioco il senso dell’universo e della storia affidata alla collaborazione dell’uomo e della donna che garantisce succedersi delle generazioni; è in gioco la costruzione di una società della verità e dell’amore. Si tratta inoltre, come ben dimostra l’esperienza dei Centri di aiuto alla vita, di liberare le donne dai condizionamenti che le spingono verso l’aborto, risvegliando nell’animo femminile lo spontaneo istinto dell’accoglienza dei figli, il coraggio di affrontare le eventuali difficoltà, la loro testimonianza di amore. Infine, la giornata è occasione per mobilitare l’intera comunità cristiana e civile per rafforzare il sostegno del volontariato per la vita. Sarebbe bello se ogni parrocchia destinasse una parte delle somme raccolte nelle chiese a «Progetto Gemma» una forma di adozione a distanza di una mamma spinta verso l’aborto dalle difficoltà economiche. Sarebbero moltissimi i bambini salvati e sarebbe coinvolgente l’effetto educativo. Naturalmente l’azione pastorale della Chiesa si svolge in continuità tutto l’anno e non solo nella Giornata per la vita, ma in essa il popolo dei cristiani deve comprendere meglio la sua vocazione: quella di essere lo strumento per costruire insieme a tutti gli uomini di buona volontà la «civiltà della verità e dell’amore».
In definitiva, la Giornata per la vita chiede al popolo cristiano di farsi promotore dei valori che salvano la vita: il riconoscimento che il concepito è un essere umano a pieno titolo e il valore della maternità come un privilegio femminile che ha impresso in sé il timbro dell’amore.
*presidente nazionale del Movimento per la vita