«La famiglia è sempre stata, ed è, il principale luogo sia del lavoro che della festa. Ogni civiltà umana ha trovato nelle sue diverse fasi storiche, e quindi nei diversi contesti culturali, le modalità e i linguaggi per declinare i tempi e i momenti del lavoro con i tempi e i momenti della festa, ma in tutte ritroviamo una comune nota di fondo: i tempi e i momenti della festa e quelli del lavoro sono stati molto intrecciati tra di loro». A partire da questa riflessione storica, Luigino Bruni, docente di Economia politica dell’Università di Milano-Bicocca, ha proposto al Congresso internazionale teologico pastorale il suo intervento su «La famiglia, il lavoro e la festa nel mondo contemporaneo». Secondo il professore, «oggi, in una cultura dei consumi e della finanza che non capendo più il lavoro non riesce a capire e a vivere neanche la festa, occorre tornare a rileggere la famiglia, il lavoro e la festa assieme, senza commettere l’errore di assegnare a ciascuno di questi tre termini dei luoghi e degli ambiti separati e non comunicanti tra di loro». Nell’attuale momento di crisi e di difficoltà, secondo Bruni «la famiglia si trova al centro della più grave crisi finanziaria ed economica che il sistema capitalistico ha attraversato dalla fine della seconda guerra mondiale». Infatti, «quando manca il lavoro, o quando è fragile e precario, è sempre e prima di tutto la famiglia che soffre». Qual è il significato del lavoro oggi? Secondo Luigino Bruni, «occorre partire dal grande tema della gratuità e del dono, che è ciò che accumuna la famiglia, il lavoro e la festa». Nella riflessione di Bruni «dire gratuità significa dunque riconoscere che un comportamento va fatto perché è buono e non per la sua ricompensa o sanzione esterni». Ecco perché, secondo il docente, «non c’è lavoro ben fatto senza gratuità, perché la gratuità ha bisogno non di un’etica utilitaristica» ma «di un’etica delle virtù». Il lavoro è un valore in sé, da rivalutare rispetto alle ciniche logiche economico-finanziarie. A questo tema si collega molto da vicino quello della festa, dimensione caratterizzata per Bruni da tre aspetti. Innanzitutto «la festa ha bisogno del lavoro e quando si è disoccupati o sotto-occupati si perde non solo il lavoro ma anche la festa». In secondo luogo, la festa «è uno dei momenti in cui si valorizzano persone che durante l’attività lavorativa sono meno valorizzate». Infine, la festa «ha bisogno di tempo, non si può acquistare sul mercato, deve essere prodotta e consumata insieme». L’invito conclusivo di Bruni è accorato: «La famiglia, essendo la principale generatrice di beni relazionali, non serve oggi l’economia consumando di più, ma consumando di meno, consumando cioè meno merci e creando più beni: più beni relazionali, beni spirituali, beni di prossimità, che poi sono anche beni essenziali per la ripresa e per lo sviluppo economico». (Sir)