Le famiglie oggi vivono al centesimo. Potrebbe sembrare lo slogan di una promozione commerciale; invece è il quadro che emerge dall’analisi della povertà sul territorio aretino.Una crisi globale, quella dell’economia, ma allo stesso tempo selettiva: più colpite risultano le famiglie numerose e a basso reddito. La nazionalità italiana è di gran lunga quella maggiormente rappresentata tra coloro che chiedono aiuto, seguita da rumeni e marocchini. Un terzo delle famiglie non riesce a mettere da parte niente; anzi, è costretto ad intaccare i propri risparmi. In circa la metà dei nuclei familiari c’è una persona disoccupata. Si diffonde il fenomeno della vulnerabilità sociale: anche coloro che riescono a stare a galla, rischiano di cadere nella povertà alla prima spesa imprevista. In questo quadro, cresce la corsa all’indebitamento, con un aumento del 41% a livello nazionale. «Nel 2010 abbiamo registrato circa 1200 persone nominali – conferma Andrea Dalla Verde, vicedirettore della Caritas diocesana – calcolando tre persone a nucleo, cominciano ad essere numeri rilevanti per il nostro territorio».La crisi ha cambiato l’identikit delle persone che si rivolgono ai servizi della Caritas: se ieri si trattava di individui con seri problemi economici, spesso accompagnati da difficili situazioni di integrazione sociale, oggi il ritratto che emerge sempre più spesso è quello del padre di famiglia. «I nostri servizi – annota Enrico Fiori, presidente provinciale delle Acli – registrano una situazione difficile per le famiglie aretine, una situazione che non accenna a sbloccarsi. C’è paura per il futuro: i genitori temono di non riuscire più a dare ai propri figli quanto desideravano». Con serie ricadute anche a livello di socializzazione e qualità della vita. Il cardine dell’emergenza sembra essere il lavoro: tra disoccupazione e precariato, le famiglie sono ancora lontane dal vedere la luce in fondo al tunnel della crisi, che persiste ormai dal 2008. «Nella prossima fase di lieve ripresa economica – ha commentato Bruno Albiani, vicepresidente provinciale di Mcl – l’unica cosa certa è che la produzione di ricchezza avverrà con meno braccia. La società deve porsi il problema di tutte le persone che rimangono a casa». Una situazione confermata dalle associazioni di categoria. Il segretario generale della Camera di Commercio di Arezzo, Giuseppe Salvini, ha dichiarato: «Siamo partiti da un crollo finanziario, diventato quindi crisi produttiva, per approdare, oggi, ad una pesante emergenza occupazionale».Il riflesso di una crisi globale oggi dunque ricade sulla dimensione più ristretta: i nuclei familiari. Ad essi è destinata la Quaresima di Carità 2011 della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro, il cui obiettivo immediato è creare le condizioni perché la rete di solidarietà sia in grado di intercettare e raggiungere le persone che si trovano in situazioni di emergenza. I parroci sono dunque chiamati a sensibilizzare i fedeli perché vivano questo periodo di preparazione alla Pasqua con un rinnovato slancio di solidarietà. «Quello della Quaresima di Carità è un messaggio che deve passare nelle vene della nostra società e soprattutto della nostra Chiesa – ha commentato don Giuliano Francioli, direttore della Caritas diocesana – E’ necessaria un’apertura del cuore. Da parte di tutti».«L’attuale difficoltà economica interpella le comunità cristiane – continua il direttore della Caritas -. L’obiettivo più immediato è creare le condizioni perché la rete di solidarietà sia in grado di intercettare e raggiungere le persone che si trovano in situazioni di emergenza, a causa della perdita del lavoro o della drastica riduzione dello stipendio». Da questa constatazione nasce la Quaresima di Carità 2011, un’iniziativa per mostrare che la Chiesa c’è e che oltre alle tante iniziative nate per cercare di venire in aiuto alle famiglie in difficoltà vuole fare di più. Tutto quello che verrà raccolto, oltre a incrementare il fondo diocesano, verrà in parte ridistribuito alle Caritas parrocchiali perché possano intervenire direttamente nel territorio, e presto, se ne possano costituire di nuove.di Beatrice Bertozzi