Toscana
Famiglia, si fa fatica ad investire sul futuro
di Claudio Turrini
L’associazionismo che si riconosce nel Forum toscano per i diritti della famiglia si incontra questo venerdì 30 e sabato 31 ottobre a Firenze (al Convitto della Calza, zona Porta Romana) per discutere dei tanti «intrecci e legami» tra «famiglia e società». Con un occhio particolare ai bambini che soffrono della separazione dei genitori (venerdì pomeriggio) e alle forme vecchie e nuove di povertà (sabato mattina) (programma incontro). Sarà il presidente nazionale del Forum della famiglie, Francesco Belletti, a cercare di tenere insieme i tanti aspetti. A lui è affidata la prima relazione, quella sulla «fragilità dei legami familiari», a lui è chiesto di moderare la tavola rotonda del venerdì pomeriggio sulle «prospettive di sviluppo dei servizi di mediazione familiare». E sarà lui, sabato mattina, dopo l’intervento dell’assessore regionale Gianni Salvadori, e prima di un’altra tavola rotonda, a parlare della «rete informale dell’associazionismo e del volontariato a sostegno di minori e famiglie». Francesco Belletti, milanese, 52 anni, sposato e padre di tre figli, è autore di studi e pubblicazioni sulla famiglia. Collaboratore prima, e poi direttore dal 2000, del Cisf (Centro internazionale studi famiglia), è membro della Consulta nazionale di Pastorale familiare della Cei. E dal luglio 2009 è presidente nazionale del Forum delle famiglie. A lui abbiamo chiesto di anticiparci alcuni dei temi al centro della «due giorni» fiorentina.
La prima parte dell’incontro del Forum toscano è dedicata alle «fragilità» della famiglia. In che senso oggi la famiglia è più «fragile» di ieri?
«La famiglia in Italia presenta due principali fragilità; la prima, che la caratterizza da più anni, è la forte difficoltà a generare figli. Siamo da molti anni il Paese con il più basso tasso di natalità al mondo, mentre altre nazioni europee, come la Francia e la Svezia, tanto per fare due nomi, in questi ultimi anni hanno visto risalire questo dato, anche grazie a decise politiche pubbliche. Una famiglia, quindi, che fa fatica ad investire sul futuro. Il secondo dato, meno rilevante che negli altri Paesi europei, ma con crescente gravità, è la fragilità del legame di coppia; crescono separazioni e divorzi, anche se meno che in altri Paesi, e cresce soprattutto l’idea che il matrimonio e il progetto di coppia non siano più per sempre. Resta forte, invece, la capacità di solidarietà tra le generazioni (soprattutto verso gli anziani), anche se su questa dimensione si intravedono alcuni segnali di fatica».
Qual è la responsabilità della politica?
«Questa fragilità delle famiglie è dovuta ad un mix di questioni, tipiche del nostro Paese, di cui la politica è solo un fattore; basti pensare al modo in cui è accolto l’evento maternità sul luogo di lavoro Però è vero che la politica ha grandi responsabilità, alcune storiche, altre più tipiche della classe politica di oggi. In breve, la politica, al di là delle affermazioni di principio, oggi come nei decenni scorsi sfrutta la risorsa famiglia senza supportarla, senza investire in essa, e così le famiglie si trovano sole di fronte a sfide sempre più complesse e a compiti sempre più gravosi».
L’istituto del matrimonio (sia religioso che civile) vive un momento di crisi. Cosa si può fare per invertire questa tendenza?
«La fragilità del legame di coppia è comune a molti Paesi europei; credo che in primo luogo sarebbe necessario riaffermare che la stabilità delle coppie e delle famiglie è un valore socialmente rilevante, da sostenere e promuovere; siamo infatti molto attenti ad aiutare coppie a separarsi in modo non distruttivo, e questo è giusto, ma quante energie sono dedicate a sostenere la coppia in difficoltà, prima che la rottura divenga irrecuperabile? Ecco, in questo spazio, tra la crisi e la rottura, vedo uno spazio di lavoro psico-sociale ancora troppo poco esplorato. Inoltre, forse mancano chiare testimonianze e discorsi pubblici da parte di chi dovrebbe testimoniare che fare famiglia e vivere il matrimonio è un’impresa difficile ma meravigliosa, un progetto su cui vale la pena di promettersi la vita. Ma forse questa è una responsabilità che spetta proprio alle coppie della comunità cristiana».
Verso le altre forme di legami familiari, sempre più diffuse (convivenze, coniugi separati o divorziati, famiglie «allargate»), quali politiche dovrebbero essere messe in atto?
«Il discorso qui si fa complesso e spesso strumentalizzato; basti pensare a quanto e come si è discusso di fronte al progetto di legge sui Dico e all’evento del Family Day, nel 2007. Tuttavia credo che si debba riconoscere e distinguere ciò che è famiglia in ultima analisi, basata sull’art. 29 della Costituzione e ciò che è libera scelta di vita privata, totalmente legittima, ma non assimilabile in alcun modo alla famiglia. Credo che anche i dati francesi sui dieci anni di applicazione della legge sui Pacs dimostrino che questa soluzione ha indebolito, anziché rafforzato, il ruolo e la rilevanza della famiglia, attraverso un percorso meno impegnativo e meno stabile. Dobbiamo cioè scegliere se investire nella stabilità della famiglia, come società, oppure se la tenuta dei legami di coppia e genitoriali è irrilevante per il benessere del nostro Paese. Io sono fermamente per la seconda ipotesi».
Nel corso dell’incontro fiorentino vengono presentate esperienze di aiuto alla famiglia e alle nuove forme di povertà. Qual è il ruolo dell’associazionismo, del volontariato?
«L’azione volontaria costituisce da molti anni una risorsa insostituibile per il nostro Paese, ed è stata capace anche di testimoniare che un efficace sistema di welfare può, anzi, deve vivere non solo di intervento pubblico, ma di un mix tra tutti gli attori, a partire dalle famiglie stesse, anche da quelle in difficoltà. In questo senso l’associazionismo familiare rappresenta una ulteriore dimostrazione di come le famiglie, se condividono i propri bisogni, possono porsi come risorsa sociale, come generatori di solidarietà, non solo per se stesse, ma per la società tutta. Come del resto dimostrano le famiglie che tuttora fanno affidamento di minori e che accolgono persone in difficoltà».
Il «Family day» fu senz’altro un successo per il Forum. È cambiato qualcosa nell’attenzione del mondo politico verso la famiglia?
«Se guardiamo ai risultati concreti, troviamo ben poche risposte; tuttavia il Family Day ha posto al centro dell’attenzione della politica la vertenza famiglia, e su questo spetta poi alle famiglie e all’associazionismo familiare costruire azioni di pressione politica, progettualità e proposte di legge che consentano di passare dalle parole ai fatti».
Sul piano fiscale il Forum ha sempre sostenuto un «cambio di rotta» con l’adozione di meccanismi tipo il «quoziente familiare». Su questo fronte però, nonostante le promesse elettorali del Pdl, per ora non mi sembra sia cambiato niente. Cosa pensate di fare?
«La discussione sulla finanziaria 2010 quest’anno è stata più difficile, perché la manovra è stata, come si usa dire oggi, blindata per il triennio 2009-2011. Noi abbiamo chiesto di mantenere lo stesso livello di risorse dell’anno scorso (2 miliardi e 400 milioni del bonus famiglia), trasformandolo però in una modifica permanente del sistema fiscale, che divenga a misura di famiglia (più vantaggioso per chi ha carichi familiari) dal 2010 in poi, uscendo finalmente dalla logica dell’una tantum e dell’emergenza assistenziale. Stiamo ancora discutendo, ma entro la fine dell’anno vedremo i risultati. Nel caso, ci faremo sentire!».