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Famiglia, matrimonio e unioni di fatto (26-07-2000)(II)

Gravità maggiore dell’equiparazione del matrimonio alle relazioni omosessuali 

(23) La verità sull’amore coniugale permette di meglio comprendere le gravi conseguenze sociali che l’istituzionalizzazione dei rapporti omosessuali presenterebbe: “si rivela anche quanto sia incongrua la pretesa di attribuire una realtà coniugale all’unione fra persone dello stesso sesso. Vi si oppone, innanzitutto, l’oggettiva impossibilità di far fruttificare il connubio mediante la trasmissione della vita, secondo il progetto inscritto da Dio nella stessa struttura dell’essere umano. È di ostacolo, inoltre, l’assenza dei presupposti per quella complementarità interpersonale che il Creatore ha voluto, tanto sul piano fisico-biologico quanto su quello eminentemente psicologico, tra il maschio e la femmina”[39]. Il matrimonio non può essere ridotto a una condizione simile a quella di un rapporto omosessuale; ciò è contrario al senso comune[40]. Nel caso delle relazioni omosessuali che rivendicano di essere considerate unioni di fatto, le conseguenze morali e giuridiche presenterebbero una rilevanza particolare[41]. “Le ‘unioni di fatto’ tra omosessuali costituiscono d’altra parte una deplorevole distorsione di ciò che dovrebbe essere una comunione di amore e di vita tra un uomo e una donna, in una donazione reciproca aperta alla vita”[42]. Ancor più grave è la pretesa di equiparare tali unioni al “matrimonio legale”, come reclamano alcune iniziative recenti[43]. Per di più, le iniziative tendenti a rendere legalmente possibile l’adozione di bambini nel quadro dei rapporti omosessuali aggiungono a ciò che precede un fattore di grande pericolo[44]. “Non può costituire una vera famiglia il legame di due uomini o di due donne, e molto meno si può attribuire a questa unione il diritto di adottare bambini senza famiglia”[45]. Ricordare la trascendenza sociale della verità sull’amore coniugale e sottolineare, di conseguenza, che il riconoscimento o l’equiparazione del matrimonio ai rapporti omosessuali, sarebbe un grave errore, non vuol dire discriminare, in alcun modo, queste persone. È lo stesso bene comune della società ad esigere che le leggi riconoscano, favoriscano e proteggano l’unione matrimoniale come base della famiglia, che sarebbe, invece, pregiudicata[46].

IV – Giustizia e bene sociale della famiglia 

La famiglia, bene sociale da difendere in giustizia 

(24) Il matrimonio e la famiglia rappresentano un bene sociale di prim’ordine: “La famiglia esprime sempre una nuova dimensione del bene per gli uomini, e per questo genera una nuova responsabilità. Si tratta della responsabilità per quel singolare bene comune nel quale è racchiuso il bene dell’uomo: di ogni membro della comunità familiare; un bene certamente ‘difficile’ (bonum arduum), ma affascinante”[47]. È vero che, di fatto, non tutti i coniugi né tutte le famiglie sviluppano tutto il bene personale e sociale possibile[48]. Spetta allora alla società intervenire mettendo a loro disposizione nel modo più accessibile i mezzi necessari per facilitare lo sviluppo dei valori a loro propri, poiché “occorre davvero fare ogni sforzo, perché la famiglia sia riconosciuta come società primordiale e, in un certo senso, ‘sovrana’! La sua ‘sovranità’ è indispensabile per il bene della società”[49].

Valori sociali oggettivi da promuovere 

(25) Inteso in questo modo, il matrimonio e la famiglia costituiscono un bene per la società perché proteggono un bene prezioso per gli stessi coniugi. In effetti “la famiglia, società naturale, esiste anteriormente allo Stato e a qualsiasi altra comunità e possiede diritti propri, che sono inalienabili”[50]. Da una parte, la dimensione sociale della condizione di coniuge implica un principio di sicurezza giuridica: il fatto di divenire coniuge appartiene all’essere – e non soltanto all’agire -, la dignità di questo nuovo segno di identità personale deve essere oggetto di un riconoscimento pubblico, e il bene che costituisce per la società deve essere stimato nel suo giusto valore[51]. È evidente che il buon ordine della società è facilitato quando il matrimonio e la famiglia si presentano come ciò che realmente sono: una realtà stabile[52]. Inoltre, l’integralità della donazione dell’uomo e della donna nella loro potenziale paternità e maternità, e l’unione che ne deriva – anch’essa esclusiva e permanente – tra genitori e figli, esprimono una fiducia incondizionata che si traduce in forza e arricchimento per tutti[53]. 

(26) Da una parte, la dignità della persona umana esige che essa nasca da genitori uniti in matrimonio; dall’unione intima, totale, mutua e permamente – dovuta – che deriva dalla condizione di sposi. Si tratta, pertanto, di un bene per i figli. Tale origine è l’unica capace di salvaguardare realmente il principio di identità dei figli, non soltanto dal punto di vista genetico o biologico, ma anche da quello biografico o storico[54]. D’altra parte, il matrimonio costituisce l’ambito umano e umanizzante più propizio ad accogliere i figli: quello che più facilmente garantisce una sicurezza affettiva, una maggiore unità e continuità nel processo di integrazione sociale e di educazione. “L’unione tra madre e concepito e l’insostituibile funzione del padre richiedono che il figlio sia accolto in una famiglia che gli garantisca, per quanto possibile, la presenza di entrambi i genitori. Lo specifico contributo da loro offerto alla famiglia e, attraverso di essa, alla società, è degno della più alta considerazione”[55]. Infine, la continuità ininterrotta tra coniugalità, maternità/paternità, e parentela (filiazione, fratellanza, ecc.), evita alla società i molti e gravi problemi che sorgono quando si rompe la concatenazione dei diversi elementi e ciascuno di essi viene ad agire indipendentemente dagli altri[56]. 

(27) Anche per gli altri membri della famiglia l’unione matrimoniale come realtà sociale è un bene. In effetti, in seno alla famiglia nata da un vincolo coniugale, non solo le nuove generazioni sono accolte e imparano a partecipare ai compiti comuni, ma anche le generazioni precedenti (nonni) hanno l’occasione di contribuire all’arricchimento comune: trasmettere le loro esperienze, sentire ancora una volta la validità del loro servizio, confermare la loro piena dignità di persone per il fatto di essere valorizzati e amati per se stessi, partecipando al dialogo intergenerazionale, spesso così fecondo. In effetti, “la famiglia è il luogo dove diverse generazioni si incontrano e si aiutano vicendevolmente a crescere nella sapienza umana e ad armonizzare i diritti degli individui con le altre istanze della vita sociale”[57]. Allo stesso tempo, le persone della terza età possono guardare all’avvenire con fiducia e sicurezza, sapendo che saranno circondate e curate da coloro che hanno curato per lunghi anni. A questo proposito, sappiamo che, quando una famiglia assolve veramente il proprio ruolo, la qualità d’attenzione agli anziani non può essere sostituita – almeno sotto certi aspetti – da quella delle istituzioni estranee al loro ambiente, per quanto eccellenti e dotate delle attrezzature più avanzate sul piano tecnico[58]. 

(28) Possiamo considerare anche altri beni per l’insieme della società derivanti dalla comunione coniugale, fondamento del matrimonio e origine della famiglia. Ad esempio, il principio di identificazione del cittadino; il principio del carattere unitario della parentela – fondamento delle relazioni originarie della vita nella società – e della sua stabilità; il principio di trasmissione dei beni e dei valori culturali; il principio di sussidiarietà: la scomparsa della famiglia costringerebbe in effetti lo Stato a sostituirsi ad essa nelle funzioni che le sono proprie per natura; il principio di economia, anche in materia procedurale: poiché quando la famiglia si rompe, lo Stato deve moltiplicare i suoi interventi per risolvere direttamente dei problemi che dovrebbero restare e trovare soluzione nella sfera del privato, con costi elevati tanto sul piano psicologico quanto su quello economico. È opportuno ricordare inoltre che“la famiglia costituisce, più ancora di un mero nucleo giuridico, sociale ed economico, una comunità di amore e di solidarietà che è in modo unico adatta ad insegnare e a trasmettere valori culturali, etici, sociali, spirituali e religiosi, essenziali per lo sviluppo e il benessere dei propri membri e della società”[59]. Infine, lungi dal contribuire ad accrescere la libertà individuale, lo smembramento della famiglia rende gli individui maggiormente vulnerabili e inermi di fronte al potere dello Stato, che da parte sua ha bisogno di una giurisdizione sempre più complessa che lo impoverisce.

La società e lo Stato devono difendere e promuovere la famiglia fondata sul matrimonio 

(29) In breve, la promozione umana, sociale e materiale della famiglia fondata sul matrimonio, e la protezione giuridica degli elementi che la compongono nel suo carattere unitario, sono un bene non solo per i singoli componenti della famiglia, ma anche per la struttura e il buon funzionamento dei rapporti interpersonali, l’equilibrio dei poteri, la garanzia delle libertà, gli interessi educativi, l’identità dei cittadini e la ripartizione delle funzioni tra le diverse istituzioni sociali: “determinante e insostituibile è il ruolo della famiglia nel costruire la cultura della vita”[60]. Non bisogna dimenticare che se la crisi della famiglia è stata, in talune circostanze e sotto certi aspetti, una delle cause di un intervenzionismo accresciuto dello Stato nel campo a lei proprio, non è meno vero che in ripetute altre occasioni e sotto altri aspetti le iniziative dei legislatori hanno favorito o provocato difficoltà e perfino la rottura di numerosi matrimoni e famiglie. “L’esperienza di diverse culture attraverso la storia ha mostrato come sia necessario per la società riconoscere e difendere l’istituzione familiare (…) La società, e in particolar modo lo Stato e le Organizzazioni Internazionali, devono proteggere la famiglia con misure di carattere politico, economico, sociale e giuridico, miranti a consolidare l’unità e la stabilità della famiglia in modo che essa possa esercitare la sua specifica funzione”[61]. 

Oggi più che mai è necessario – per la famiglia e per la stessa società – accordare la giusta attenzione ai problemi ai quali il matrimonio e la famiglia devono far fronte attualmente, nel rispetto assoluto della loro libertà. A questo scopo, c’è bisogno di creare una legislazione che protegga i suoi elementi essenziali, senza limitare la loro libertà di decisione, in particolare per ciò che riguarda il lavoro femminile, quando è incompatibile con lo stato di sposa e di madre[62], la “cultura del successo” che impedisce a coloro che sono nella vita attiva di rendere i loro obblighi professionali compatibili con la loro vita familiare[63], la decisione di accogliere i bambini, che i coniugi devono prendere secondo la loro coscienza[64], la difesa del carattere permanente al quale le coppie sposate aspirano legittimamente[65], la libertà religiosa e la dignità e uguaglianza di diritti[66], i principi e le scelte relative all’educazione voluta per i figli[67], il trattamento fiscale e le altre disposizioni di natura patrimoniale (successioni, alloggio, ecc.), il trattamento dell’autonomia legittima della famiglia, e infine il rispetto e il sostegno delle sue iniziative nel campo politico, specialmente quelle che riguardano l’ambiente familiare[68]. Di qui la necessità di stabilire una chiara distinzione, sul piano sociale, tra fenomeni di natura differente nei loro aspetti giuridici e nel loro contributo al bene comune, e di trattarli come tali. “Il valore istituzionale del matrimonio deve essere sostenuto dalle pubbliche autorità; la situazione delle coppie non sposate non deve essere messa sullo stesso piano del matrimonio debitamente contratto”[69].

V – Matrimonio cristiano e unione di fatto

Matrimonio cristiano e pluralismo sociale 

(30) Da alcuni anni la Chiesa insiste in maniera rinnovata sulla fiducia dovuta alla persona umana, alla sua libertà, alla sua dignità e ai suoi valori, e sulla speranza nell’azione salvifica di Dio nel mondo, che aiuta a superare ogni debolezza. Allo stesso tempo, esprime la sua profonda preoccupazione di fronte ai numerosi attentati contro la persona umana e la sua dignità, facendo notare certi presupposti ideologici propri della cultura detta “postmoderna” che oscurano i valori derivanti dalle esigenze della verità sull’essere umano, e che li rendono difficili da vivere.“Non si tratta più di contestazioni parziali e occasionali, ma di una messa in discussione globale e sistematica del patrimonio morale, basata su determinate concezioni antropologiche ed etiche. Alla loro radice sta l’influsso più o meno nascosto di correnti di pensiero che finiscono per sradicare la libertà umana dal suo essenziale e costitutivo rapporto con la verità”[70]. 

Quando la libertà è separata dalla verità, “viene meno ogni riferimento a valori comuni e a una verità assoluta per tutti: la vita sociale si avventura nelle sabbie mobili di un relativismo totale. Allora tutto è convenzionabile, tutto è negoziabile: anche il primo dei diritti fondamentali, quello alla vita”[71]. Questa messa in guardia può certamente essere applicata alla realtà del matrimonio e della famiglia, fonte unica e alveo pienamente umano della realizzazione di questo diritto primordiale. Questo succede quando si tollera “una corruzione dell’idea e dell’esperienza della libertà, concepita non come la capacità di realizzare la verità del progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia, ma come autonoma forma di affermazione, non di rado contro gli altri, per il proprio egoistico benessere”[72]. 

(31) Allo stesso modo, la comunità cristiana ha vissuto fin dal principio l’istituzione del matrimonio cristiano come segno efficace dell’unione di Cristo con la sua Chiesa. Gesù Cristo ha elevato il matrimonio al rango di avvenimento salvifico nel nuovo ordine instaurato nell’economia della Redenzione. In altri termini, il matrimonio è un sacramento della Nuova Alleanza[73], aspetto questo essenziale per comprendere il contenuto e la portata dell’alleanza matrimoniale tra due battezzati. Dal canto suo, il Magistero della Chiesa ha precisato che “il sacramento del matrimonio ha questo di specifico fra tutti gli altri: di essere il sacramento di una realtà che già esiste nell’economia della creazione, di essere lo stesso patto coniugale istituito dal Creatore al principio”[74]. 

In una società spesso scristianizzata, e lontana dai valori della verità della persona umana, è necessario insistere oggi sul contenuto di questo “patto matrimoniale con cui l’uomo e la donna stabiliscono tra loro la comunità di tutta la vita, per sua natura ordinata al bene dei coniugi e alla procreazione e educazione della prole”[75] come fu istituito da Dio “fin dal principio”[76] nell’ordine naturale della Creazione. Ciò richiede una riflessione serena, non soltanto da parte dei fedeli praticanti, ma anche di coloro che sono, in questo momento, lontani dalla pratica religiosa, di coloro che non hanno fede, o che aderiscono ad altre convinzioni, in breve da parte di ogni persona umana, donna o uomo, membro di una comunità civile e responsabile del bene comune. Occorre ricordare la natura della famiglia fondata sul matrimonio, il cui carattere non è soltanto storico e congiunturale, ma ontologico, al di là dei cambiamenti d’epoca, di luogo e di cultura, nonché la dimensione di giustizia che ne deriva.   

Il processo di secolarizzazione della famiglia in Occidente 

(32) All’inizio, il processo di secolarizzazione dell’istituto matrimoniale riguardava soprattutto, e quasi esclusivamente, le nozze, cioè le modalità di celebrazione del matrimonio, almeno nei paesi occidentali di tradizione cattolica. Malgrado tutto, tanto nella coscienza popolare quanto nei sistemi giuridici secolari, i principi fondamentali del matrimonio perdurarono per un certo tempo, principi quali il valore prezioso dell’indissolubilità del matrimonio, e in particolare l’indissolubilità assoluta del matrimonio sacramentale tra due battezzati, rato e consumato[77]. L’introduzione generalizzata, nei diversi sistemi legislativi, di ciò che il Concilio Vaticano II qualifica come “epidemia del divorzio”, diede origine ad un progressivo oscuramento, nella coscienza sociale, del valore di questa grande conquista dell’umanità nel corso dei secoli. La Chiesa primitiva non aveva voluto sacralizzare o cristianizzare la concezione romana del matrimonio, ma dare a questa istituzione il significato delle sue origini creazionali, secondo la volontà espressa da Gesù Cristo. Senza alcun dubbio, la Chiesa primitiva percepiva già chiaramente che il carattere naturale del matrimonio era stato concepito dal Creatore, fin dalle origini, come il segno dell’amore di Dio per il suo popolo, e dopo la venuta della pienezza dei tempi, come il segno dell’amore di Cristo per la sua Chiesa. In effetti, la prima cosa che fece, guidata dal Vangelo e dagli espliciti insegnamenti di Cristo, suo Signore, fu di ricondurre il matrimonio ai suoi principi, cosciente che “Dio stesso è l’autore del matrimonio, dotato di molteplici valori e fini”[78]. D’altra parte, essa era cosciente del fatto che questo istituto naturale è “di somma importanza per la continuità del genere umano, il progresso personale e il destino eterno di ciascuno dei membri della famiglia, per la dignità, la stabilità, la pace e la prosperità della stessa famiglia e di tutta la società umana …”[79]. Abitualmente, coloro che si sposano seguendo le modalità stabilite (dalla Chiesa o dallo Stato, secondo i casi) possono e vogliono contrarre un vero matrimonio. La tendenza all’unione coniugale è connaturale alla persona umana, e da questa decisione derivano l’aspetto giuridico del patto coniugale e la nascita di un autentico vincolo coniugale.

Il matrimonio, istituzione dell’amore coniugale di fronte ad altri tipi d’unione 

(33) La realtà naturale del matrimonio è contemplata dalle leggi canoniche della Chiesa[80]. La legge canonica descrive in sostanza lo stato matrimoniale dei battezzati, tanto in fieri – al momento del patto coniugale - quanto come stato permanente in cui si iscrivono le relazioni coniugali e familiari. A questo proposito, la giurisdizione ecclesiastica sul matrimonio è decisiva, e rappresenta un’autentica salvaguardia dei valori familiari. Ma i principi fondamentali dello stato matrimoniale relativi all’amore coniugale e alla sua natura sacramentale non sono sempre pienamente compresi e rispettati. 

(34) Per quanto riguarda il primo punto, si dice spesso che l’amore è il fondamento del matrimonio, e che questo è una comunità di vita e d’amore, ma non si afferma sempre con chiarezza che esso è istituto coniugale, trascurando in questo modo la dimensione di giustizia propria al consenso. Il matrimonio è un’istituzione. Il non tener conto di ciò è spesso origine di una grave confusione tra il matrimonio cristiano e le unioni di fatto: quanti convivono in un’unione di fatto possono affermare che la loro relazione è fondata sull’ “amore” (ma si tratta di un amore che il Concilio Vaticano II qualifica come sic dicto libero), e che formano una comunità di vita e d’amore, ma questa comunità si distingue sostanzialmente dalla communitas vitae et amoris coniugalis che è il matrimonio[81]. 

(35) Per ciò che riguarda i principi fondamentali relativi alla natura sacramentale del matrimonio, la questione è più complessa. I pastori della Chiesa devono in effetti tener conto dell’immensa ricchezza di grazia che emana dalla natura sacramentale del matrimonio cristiano, e dell’influenza che essa esercita sui rapporti familiari fondati sul matrimonio. Dio ha voluto che il patto coniugale originario, il matrimonio della Creazione, fosse un segno permanente dell’unione di Cristo con la Chiesa, diventando così un sacramento della Nuova Alleanza. Il problema sta nel comprendere adeguatamente che questo carattere sacramentale non va ad aggiungersi o è estrinseco alla natura del matrimonio. Al contrario, il matrimonio stesso, che il Creatore ha voluto indissolubile, è elevato al rango di sacramento dall’azione redentrice di Cristo, senza che ciò comporti la minima “snaturalizzazione” della sua realtà. Il non conoscere la peculiarità di questo sacramento in rapporto agli altri, dà spesso luogo a malintesi che oscurano la nozione di matrimonio sacramentale. Questa nozione acquista un’importanza particolare nella preparazione al matrimonio: i lodevoli sforzi per preparare i nubendi alla celebrazione di questo sacramento sarebbero inutili se essi non comprendessero chiaramente la natura assolutamente indissolubile del matrimonio che si apprestano a contrarre. I battezzati non si presentano davanti alla Chiesa soltanto per celebrare una festa secondo riti speciali, ma per contrarre un matrimonio per tutta la vita, sacramento della Nuova Alleanza. Mediante questo sacramento, essi partecipano al mistero dell’unione di Cristo con la Chiesa e esprimono la loro unione intima e indissolubile[82].

   

VI – Linee di orientamento cristiane 

Enunciato di base del problema “al principio non fu così” 

(36) La comunità cristiana si sente interpellata dal fenomeno delle unioni di fatto. Le unioni sprovviste di ogni vincolo istituzionale legale – tanto civile quanto religioso -, costituiscono un fenomeno sempre più frequente al quale la Chiesa deve accordare la sua attenzione pastorale[83]. Il credente, non soltanto mediante la ragione, ma anche e soprattutto per mezzo dello “splendore della verità” che gli viene dalla fede, è in grado di chiamare le cose con il loro nome; il bene, bene, e il male, male. Nel contesto attuale impregnato di relativismo e portato a smussare ogni differenza – anche essenziale – tra il matrimonio e le unioni di fatto, bisogna far prova di una grande saggezza e di una libertà coraggiosa per evitare di prestarsi agli equivoci o ai compromessi, sapendo che “la crisi più pericolosa che può affliggere l’uomo” è “la confusione del bene e del male, che rende impossibile costruire e conservare l’ordine morale dei singoli e delle comunità”[84]. In vista di una riflessione propriamente cristiana sui segni dei tempi, e di fronte all’apparente oscumento della verità profonda dell’amore umano nel cuore di molti nostri contemporanei, è opportuno tornare alle acque pure del Vangelo. 

(37) “Gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: ‘È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?’. Ed egli rispose: ‘Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: ‘Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola’. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi!’. Gli obiettarono: ‘Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e di mandarla via?‘ Rispose loro Gesù: ‘Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra, commette adulterio” (Mt 19,3-9). Queste parole del Signore sono note, come pure la reazione dei discepoli: “Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi” (Mt 19,10). Tale reazione si iscrive visibilmente nella mentalità dominante dell’epoca, una mentalità che aveva voltato le spalle al progetto originale del Creatore[85]. La concessione fatta da Mosè traduce la presenza del peccato, che riveste la forma della duritia cordis. Oggi, forse, più ancora che in altri tempi, bisogna tener conto di questo ostacolo dell’intelligenza, sclerosi della volontà, fissazione delle passioni, radice nascosta di molti fattori di fragilità che contribuiscono all’attuale diffusione delle unioni di fatto.

Unioni di fatto, fattori di fragilità e grazia sacramentale 

(38) Grazie alla presenza della Chiesa e del matrimonio cristiano, la società civile ha riconosciuto nel corso dei secoli il matrimonio nella sua condizione originaria, quella a cui allude Cristo nella sua risposta[86]. La condizione originaria del matrimonio è sempre d’attualità, come lo è anche la difficoltà di riconoscerla e di viverla, come intima verità nella profondità del proprio essere, propter duritiam cordis. Il matrimonio è un’istituzione naturale le cui caratteristiche essenziali possono essere riconosciute dall’intelligenza, al di là delle culture[87]. Questo riconoscimento della verità sul matrimonio è anche d’ordine morale[88]. Ma non bisogna dimenticare che la natura umana, ferita dal peccato e redenta da Cristo, non arriva sempre a distinguere chiaramente le verità che Dio ha iscritto nel suo cuore. Il messaggio cristiano della Chiesa e del suo Magistero devono essere un insegnamento e una testimonianza vivente nel mondo[89]. A questo proposito, occorre mettere l’accento sull’importanza della grazia, che dona alla vita matrimoniale la sua autentica pienezza[90]. Nel discernimento pastorale della problematica delle unioni di fatto, bisogna tener conto anche della fragilità umana e dell’importanza di una esperienza e di una catechesi veramente ecclesiali, che orientino verso una vita di grazia, verso la preghiera e i sacramenti, in particolare quello della Riconciliazione. 

(39) Bisogna distinguere diversi elementi tra i fattori di fragilità che sono all’origine delle unioni di fatto, caratterizzate dall’amore cosiddetto “libero” che omette o esclude il legame proprio e caratteristico dell’amore coniugale. Bisogna inoltre distinguere, come abbiamo visto in precedenza, tra le unioni di fatto alle quali alcuni si ritengono come obbligati a causa di situazioni difficili, e quelle che sono volute per se stesse, in “un atteggiamento di disprezzo, di contestazione o di rigetto della società, dell’istituto familiare, dell’ordinamento socio-politico, o di sola ricerca del piacere”[91]. Bisogna infine considerare il caso di coloro che sono spinti a un’unione di fatto “dall’estrema ignoranza e povertà, talvolta da condizionamenti dovuti a situazioni di vera ingiustizia, o anche da una certa immaturità psicologica, che li rende incerti e timorosi di contrarre un vincolo stabile e definitivo”[92]. 

Di conseguenza, il discernimento etico, l’azione pastorale e l’impegno cristiano nella realtà politica devono tener conto della molteplicità delle situazioni che ricopre il termine generale di “unioni di fatto”, descritte prima[93]. Qualunque siano le cause, tali unioni comportano “ardui problemi pastorali, per le gravi conseguenze che ne derivano, sia religiose e morali (perdita del senso religioso del matrimonio, visto alla luce dell’Alleanza di Dio con il suo popolo; privazione della grazia del sacramento; grave scandalo), sia anche sociali (distruzione del concetto di famiglia; indebolimento del senso di fedeltà anche verso la società; possibili traumi psicologici nei figli; affermazione dell’egoismo)”[94]. Per questo la Chiesa è particolarmente sensibile al proliferare di questi fenomeni delle unioni non matrimoniali, data la dimensione morale e pastorale del problema.

Testimonianza del matrimonio cristiano 

(40) Le iniziative lanciate in molti paesi di tradizione cristiana per ottenere una legislazione favorevole alle unioni di fatto, fanno nascere non poche preoccupazioni tra i pastori e i fedeli. Sembrerebbe che, spesso, non si sappia quale risposta dare a questo fenomeno, e che la reazione sia puramente difensiva, rischiando così di dare l’impressione che la Chiesa voglia semplicemente mantenere lo status quo, come se la famiglia fondata sul matrimonio fosse il modello culturale (un modello “tradizionale”) della Chiesa, che si vuole conservare malgrado le grandi mutazioni della nostra epoca. 

Per far fronte a questa situazione, occorre approfondire gli aspetti positivi dell’amore coniugale, per poter inculturare ancora una volta la verità del Vangelo, alla maniera dei cristiani dei primi secoli della nostra era. Il soggetto privilegiato di questa nuova evangelizzazione della famiglia sono le famiglie cristiane perché esse, soggetto di evangelizzazione, sono anche le prime evangelizzatrici, apportando la “buona novella” del “bell’amore”[95] non soltanto con le parole, ma anche e soprattutto con la loro testimonianza personale. È urgente riscoprire il valore sociale di questa meraviglia che è l’amore coniugale, poiché il fenomeno delle unioni di fatto non è indipendente dai fattori ideologici che lo oscurano e che nascono da una concezione errata della sessualità umana e del rapporto uomo-donna. Di qui l’importanza primordiale della vita di grazia in Cristo dei matrimoni cristiani: “Anche la famiglia cristiana è inserita nella Chiesa, popolo sacerdotale: mediante il sacramento del matrimonio, nel quale è radicata e da cui trae alimento, essa viene continuamente vivificata dal Signore Gesù, e da Lui chiamata e impegnata al dialogo con Dio mediante la vita sacramentale, l’offerta della propria esistenza e la preghiera. È questo il compito sacerdotale che la famiglia cristiana può e deve esercitare in intima comunione con tutta la Chiesa, attraverso le realtà quotidiana della vita coniugale e familiare: in tal modo la famiglia cristiana è chiamata a santificarsi ed a santificare la comunità ecclesiale e il mondo”[96]. 

(41) Mediante la loro presenza nei diversi ambiti della società, i matrimoni cristiani costituiscono un mezzo privilegiato per mostrare concretamente all’uomo contemporaneo (in parte distrutto nella sua soggettività, sfinito dalla ricerca vana di un amore “libero”, opposto al vero amore coniugale, mediante una serie di esperienze frammentarie) che esiste una possibilità che l’essere umano ritrovi se stesso, e per aiutarlo a comprendere la realtà di una soggettività pienamente realizzata nel matrimonio in Gesù Cristo. Questa specie di choc con la realtà è l’unico modo possibile per far emergere nel cuore la nostalgia di una patria di cui ogni persona custodisce un ricordo incancellabile. Agli uomini e alle donne delusi, che si chiedono con cinismo: “Può venire qualcosa di buono dal cuore umano?” bisognerà poter rispondere: “Venite a vedere il nostro matrimonio, la nostra famiglia”. Ciò può rappresentare un punto di partenza decisivo, la testimonianza reale con la quale la comunità cristiana, con la grazia di Dio, manifesta la misericordia di Dio verso gli uomini. In molti ambienti, si constata quanto possa essere altamente positiva la considerevole influenza dei fedeli cristiani. Con la loro scelta cosciente di fede e di vita, essi sono, tra i loro contemporanei, come il lievito nella pasta, come la luce che brilla nelle tenebre. L’attenzione pastorale nella preparazione al matrimonio e alla famiglia, e l’accompagnamento nella vita coniugale e familiare, sono dunque essenziali alla vita della Chiesa e del mondo[97].

Una preparazione adeguata al matrimonio 

(42) Il Magistero della Chiesa ha ripetutamente insistito, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, sull’importanza e il carattere insostituibile della preparazione al matrimonio nella pastorale ordinaria. Tale preparazione non dovrebbe limitarsi a una semplice informazione su ciò che è il matrimonio per la Chiesa, ma essere un vero cammino di formazione delle persone, basato sull’educazione alla fede e alle virtù. Il Pontificio Consiglio per la Famiglia ha trattato questo importante aspetto della pastorale della Chiesa nei documenti Sessualità umana: verità e significato, dell’8 dicembre 1995, e Preparazione al sacramento del matrimonio, del 13 maggio 1996, mettendo l’accento sul carattere fondamentale della preparazione al matrimonio e sul contenuto di questa preparazione. 

(43) “La preparazione al matrimonio, alla vita coniugale e familiare, è di rilevante importanza per il bene della Chiesa. Di fatto il sacramento del Matrimonio ha un grande valore per l’intera comunità cristiana e, in primo luogo, per gli sposi, la cui decisione è tale che non potrebbe essere soggetta all’improvvisazione o a scelte affrettate. In altre epoche tale preparazione poteva contare sull’appoggio della società, la quale riconosceva i valori e i benefici del matrimonio. La Chiesa, senza intoppi o dubbi, tutelava la sua santità, consapevole del fatto che il sacramento del matrimonio rappresentava una garanzia ecclesiale, quale cellula vitale del Popolo di Dio. L’appoggio ecclesiale era, almeno nelle comunità realmente evangelizzate, fermo, unitario, compatto. Erano rare, in genere, le separazioni e i fallimenti dei matrimoni e il divorzio veniva considerato come una ‘piaga’ sociale (cf GS 47). Oggi, al contrario, in non pochi casi, si assiste ad un accentuato deterioramento della famiglia e ad una certa corrosione dei valori del matrimonio. In numerose nazioni, soprattutto economicamente sviluppate, l’indice di nuzialità si è ridotto. Si suole contrarre matrimonio in un’età più avanzata e aumenta il numero dei divorzi e delle separazioni, anche nei primi anni di tale vita coniugale. Tutto ciò porta inevitabilmente ad una inquietudine pastorale, mille volte ribadita: chi contrae matrimonio, è realmente preparato a questo? Il problema della preparazione al sacramento del Matrimonio, e alla vita che ne segue, emerge come una grande necessità pastorale innanzitutto per il bene degli sposi, per tutta la comunità cristiana e per la società. Perciò crescono dovunque l’interesse e le iniziative per fornire risposte adeguate e opportune alla preparazione al sacramento del Matrimonio”[98]. 

(44) Ai nostri giorni, il problema non consiste più tanto, come in altre epoche, nel fatto che i giovani arrivino al matrimonio non sufficientemente preparati. A causa in parte di una visione antropologica pessimistica, destrutturante, che annulla la soggettività, molti di loro dubitano perfino che possa esistere nel matrimonio un dono reale che crea un vincolo fedele, fecondo e indissolubile. Frutto di questa visione è, in alcuni casi, il rifiuto dell’istituzione matrimoniale, considerata come una realtà illusoria a cui potrebbero accedere solo persone con una preparazione molto speciale. Di qui l’importanza dell’educazione cristiana a una nozione giusta e realistica della libertà in rapporto al matrimonio, come capacità di scoprire il bene del dono coniugale e di orientarsi verso di esso.

La catechesi familiare 

(45) In questo senso, l’azione di prevenzione mediante la catechesi familiare è importante. La testimonianza delle famiglie cristiane è insostituibile, tanto nei confronti dei figli quanto in seno alla società in cui vivono. I pastori non devono essere i soli a difendere la famiglia, ma le famiglie stesse devono esigere il rispetto dei loro diritti e della loro identità. Va sottolineato che oggi le catechesi familiari occupano un posto di primo piano nella pastorale familiare. Vi si affrontano le realtà familiari in modo organico, completo e sistematico, sottoponendole al criterio della fede, alla luce della Parola di Dio interpretata ecclesialmente nella fedeltà al Magistero della Chiesa da pastori legittimi e competenti che contribuiscono veramente, in tale processo catechetico, ad approfondire la verità salvifica sull’uomo. Bisogna sforzarsi di mostrare la razionalità e la credibilità del Vangelo in rapporto al matrimonio e alla famiglia, riorganizzando il sistema educativo della Chiesa[99]. La spiegazione del matrimonio e della famiglia a partire da una visione antropologica corretta continua a destare sorpresa, anche tra gli stessi cristiani, che scoprono che non è soltanto una questione di fede e che vi trovano le ragioni per affermarsi nella loro fede e per agire, proponendo una testimonianza personale di vita e svolgendo una missione apostolica specificatamente laicale.

I mezzi di comunicazione 

(46) Ai giorni nostri, la crisi dei valori familiari e della nozione di famiglia nell’ordinamento degli Stati e nei mezzi di trasmissione della cultura – stampa, televisione, internet, cinema, ecc. – richiedono uno sforzo particolare per assicurare la presenza dei valori familiari nei mezzi di comunicazione. Si consideri, ad esempio, la forte influenza che hanno avuto i media nella perdita di sensibilità sociale di fronte a situazioni quali l’adulterio, il divorzio o anche le unioni di fatto, o ancora la deformazione perniciosa dei “valori” (o meglio dei ”contro-valori”) che essi a volte presentano come proposte normali di vita. Bisogna anche tener conto del fatto che in alcune occasioni e malgrado il contributo meritorio dei cristiani impegnati che collaborano a questi mezzi di comunicazione, alcuni programmi e serie televisive, ad esempio, non soltanto non contribuiscono alla formazione religiosa, ma favoriscono la disinformazione e la diffusione dell’ignoranza religiosa. Anche se questi fattori non sono elementi fondamentali della conformazione di una cultura, rientrano in misura non trascurabile tra i fattori sociologici di cui tener conto in una pastorale ispirata a criteri realistici.

L’impegno sociale 

(47) Per molti nostri contemporanei, la cui soggettività è stata per così dire “demolita” dalle ideologie, il matrimonio è quasi impensabile; la realtà coniugale non ha alcun significato per queste persone. Come può la pastorale della Chiesa diventare, anche per loro, un avvenimento di salvezza? A questo proposito, l’impegno politico e legislativo dei cattolici che hanno responsabilità in questi campi è decisivo. Le legislazioni conformano, in larga misura, l’ethos di un popolo. A tale proposito, è particolarmente importante chiamare a vincere la tentazione di indifferenza negli ambienti politici e legislativi, insistendo sulla necessità di rendere pubblicamente testimonianza della dignità della persona. L’equiparazione delle unioni di fatto alla famiglia implica, come abbiamo visto, un’alterazione dell’ordinamento orientato verso il bene comune della società, e comporta una svalutazione dell’istituzione matrimoniale fondata sul matrimonio. Essa costituisce dunque un male per le persone, le famiglie e la società. Il “politicamente possibile” e la sua evoluzione nel tempo non può fare astrazione dei principi fondamentali della verità sulla persona umana, che devono ispirare gli atteggiamenti, le iniziative concrete e i programmi per l’avvenire[100]. Risulta ugualmente utile rimettere in discussione il “dogma” del vincolo indissociabile tra democrazia e relativismo etico, sul quale si fondano numerose iniziative legislative tendenti ad equiparare le unioni di fatto alla famiglia. 

(48) Il problema delle unioni di fatto rappresenta una grande sfida per i cristiani, che devono essere capaci di mostrare l’aspetto razionale della fede, la razionalità profonda del Vangelo del matrimonio e della famiglia. Ogni annuncio di questo Vangelo che non sia in grado di rispondere a tale sfida alla razionalità (intesa come intima corrispondenza tra desiderium naturale dell’uomo e Vangelo annunciato dalla Chiesa) sarebbe inefficace. Per questo è necessario, oggi più che mai, mostrare la credibilità interiore della verità sull’uomo che è alla base dell’istituzione dell’amore coniugale. A differenza degli altri sacramenti, il matrimonio appartiene anche all’economia della Creazione, iscrivendosi in una dinamica naturale nel genere umano. È necessario, in secondo luogo, intraprendere uno sforzo di riflessione sulle basi fondamentali, sui principi essenziali che ispirano le attività educative nei diversi ambiti e istituzioni. Quale è la filosofia delle istituzioni educative oggi nella Chiesa, e come tradurre questi principi in un’educazione appropriata al matrimonio e alla famiglia, come strutture fondamentali e necessarie alla società?

Attenzione e avvicinamento pastorale 

(49) Un atteggiamento di comprensione nei confronti della problematica esistenziale e delle scelte delle persone che vivono un’unione di fatto è legittimo, e in alcune circostanze un dovere. Alcune di queste situazioni devono perfino suscitare vera e propria compassione. Il rispetto della dignità delle persone non è messo in discussione. Tuttavia, la comprensione delle circostanze e il rispetto delle persone non equivalgono a una giustificazione. In tali circostanze, conviene piuttosto sottolineare che la verità è un bene essenziale delle persone e un fattore d’autentica libertà. L’affermazione della verità non costituisce un’offesa, ma è al contrario una forma di carità, di modo che il “non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo” sia “eminente forma di carità verso le anime”[101], a condizone che questa sia accompagnata “con la pazienza e la bontà di cui il Signore stesso ha dato l’esempio nel trattare con gli uomini”[102]. I cristiani devono pertanto cercare di comprendere le cause individuali, sociali, culturali e ideologiche della diffusione delle unioni di fatto. Bisogna ricordare che una pastorale intelligente e discreta può, in certi casi, contribuire alla riabilitazione “istituzionale” di queste unioni. Le persone che si trovano in questa situazione devono essere prese in considerazione, caso per caso e in maniera prudente, nel quadro della pastorale ordinaria della comunità ecclesiale, mediante un’attenzione ai loro problemi e alle difficoltà che ne derivano, un dialogo paziente e un aiuto concreto, specialmente nei confronti dei figli. Anche in questo aspetto della pastorale, la prevenzione è un atteggiamento prioritario.

Conclusione

(50) Nel corso dei secoli, la saggezza delle nazioni ha riconosciuto sostanzialmente, malgrado alcune limitazioni, l’esistenza e la missione fondamentale e insostituibile della famiglia fondata sul matrimonio. La famiglia è un bene necessario e insostituibile per tutta la società. Essa ha un vero e proprio diritto, in giustizia, a essere riconosciuta, protetta e promossa dall’insieme della società. È tutta la società che subisce un pregiudizio quando si attenta, in un modo o nell’altro, a questo bene prezioso e necessario per l’umanità. La società non può restare indifferente di fronte al fenomeno sociale delle unioni di fatto, e al declassamento dell’amore coniugale che implica. La soppressione pura e semplice del problema mediante la falsa soluzione del riconoscimento delle unioni di fatto, collocandole pubblicamente a un livello simile e perfino equiparandole alle famiglie fondate sul matrimonio, non costituisce soltanto un pregiudizio comparativo per il matrimonio (danneggiando, ancor più, la famiglia, questa necessaria istituzione naturale che oggi avrebbe tanto bisogno, al contrario, di politiche familiari vere). Essa denota ugualmente un profondo disconoscimento della verità antropologica dell’amore umano tra l’uomo e la donna e dell’aspetto che le è indissociabilmente legato, quello di essere un’unità stabile e aperta alla vita. Tale disconoscimento diventa ancora più grave quando si ignora la differenza essenziale e molto profonda esistente tra l’amore coniugale derivante dall’istituto matrimoniale e i rapporti omosessuali. L’ “indifferenza” delle amministrazioni pubbliche su questo punto rassomiglia molto all’apatia di fronte alla vita o alla morte della società, a una indifferenza di fronte alla sua proiezione nell’avvenire o al suo degrado. In assenza di misure opportune, questa “neutralità” rischia di sfociare in un grave deterioramento del tessuto sociale e della pedagogia delle generazioni a venire.

La valorizzazione insufficiente dell’amore coniugale e della sua apertura intrinseca alla vita, con l’instabilità che ne deriva nella vita familiare, è un fenomeno sociale che richiede un discernimento appropriato da parte di tutti coloro che si sentono riguardati dal bene della famiglia, e in particolare dei cristiani. Si tratta anzitutto di riconoscere le vere cause (ideologiche ed economiche) di un tale stato di cose, e di non cedere alle rivendicazioni demogogiche di gruppi di pressione che non tengono conto del bene comune della società. Per la Chiesa Cattolica, nella sua sequela di Gesù Cristo, la famiglia e l’amore coniugale sono un dono di comunione del Dio della Misericordia con l’umanità, un tesoro prezioso di santità e di grazia che risplende in mezzo al mondo. Per questo essa invita tutti coloro che lottano per la causa dell’uomo a unire i loro sforzi in vista della promozione della famiglia e della sua intima fonte di vita che è l’unione coniugale.

[39]Giovanni Paolo II, Discorso al Tribunale della Rota Romana, 21-1-1999 [40]“Non c’è equivalenza tra la relazione di due persone dello stesso sesso e quella formata da un uomo e una donna. Solo quest’ultima può essere qualificata di coppia, perché implica la differenza sessuale, la dimensione coniugale, la capacità di esercizio della paternità e della maternità. L’omosessualità, evidentemente, non può rappresentare questo insieme simbolico”. Dichiarazione del Consiglio Permanente della Conferenza Episcopale Francese, a proposito della proposta di legge di “patto civile di solidarietà”, 17-9-1998. [41]Riguardo al grave disordine morale intrinseco, contrario alla legge naturale, degli atti omosessuali cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2357-2359; Congregazione per la Dottrina della Fede, Ist. Persona humana, 29-12-1975; Pontificio Consiglio per la Famiglia, Sessualità umana: verità e significato, 8-12-1995, n. 104. [42]Giovani Paolo II, Discorso ai partecipanti della XIV Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Cfr. Giovanni Paolo II, parole pronunciate durante l’Angelus del 19-6-1994. [43]Pontificio Consiglio per la Famiglia, Dichiarazione sulla Risoluzione del Parlamento Europeo che equipara la famiglia alle ‘unioni di fatto’, comprese quelle omosessuali, 17-3-2000. [44]“Non possiamo ignorare che, come riconoscono alcuni dei suoi promotori, una tale legislazione costituisce un primo passo, ad esempio, verso l’adozione di bambini da parte di persone che vivono un rapporto omosessuale. Abbiamo paura per il futuro, mentre deploriamo quanto successo nel passato”. Dichiarazione del Presidente della Conferenza Episcopale Francese, dopo la promulgazione del “patto civile di solidarietà”, 13-10-1999. [45]Giovanni Paolo II, parole pronunciate durante l’Angelus del 20-2-1994. [46]Cfr. Nota della Commissione Permanente della Conferenza Episcopale Spagnola (24-6-1994), in occasione della Risoluzione dell’8 febbraio 1994 del Parlamento Europeo su uguaglianza di diritti di omosessuali e lesbiche. [47]Giovanni Paolo II, Gratissimam sane (Lettera alle Famiglie), n. 11. [48]Ibid., n. 14. [49]Ibid., n. 17 in fine [50]Carta dei diritti della famiglia, Preambolo, D [51]Ibid., Preambolo (passim) e art. 6. [52]Ibid., Preambolo B e I. [53]Ibid., Preambolo C e G. [54]Giovanni Paolo II, Gratissimam sane (Lettera alle Famiglie), nn. 9-11. [55]Giovanni Paolo II, Allocuzione del 26-12-1999 [56]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, n. 21; cfr. Giovanni Paolo II, Gratissimam sane (Lettera alle Famiglie), nn. 13-15. [57]Carta dei Diritti della Famiglia, Preambolo, F; cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, n. 21. [58]Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae, n. 91 e 94. [59]Carta dei Diritti della Famiglia, Preambolo, E. [60]Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae, n. 92. [61]Carta dei Diritti della Famiglia, Preambolo, H-I. [62]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, nn. 23-24. [63]Ibid. n. 25. [64]Ibid., nn. 28-35; Carta dei Diritti della Famiglia, art. 3. [65]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, n. 20; Carta dei Diritti della Famiglia, art. 6. [66]Carta dei Diritti della Famiglia, art. 2, b e c; art. 7. [67]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, nn. 36-41; Carta dei Diritti della Famiglia, art. 5; Gratissimam sane (Lettera alle Famiglie), n. 16.l [68]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, nn. 42-48; Carta dei Diritti della Famiglia, art. 8-12; [69]Carta dei Diritti della Famiglia, art. 1, c. [70]Giovanni Paolo II, Enc. Veritatis splendor, n. 4. [71]Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae, n. 20; cfr. ibid., n. 19. [72]Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, n. 6; cfr. Giovanni Paolo II, Gratissimam sane (Lettere alle Famiglie), n. 13. [73]Concilio di Trento, Sessioni VII e XXIV. [74]Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, n. 68. [75]Codice di Diritto Canonico, c. 1055 § 1; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1601. [76]Cfr. Concilio Vaticano II, Cost. Gaudium et spes, n.. 48-49. [77]Cfr. Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, 21-1-2000. [78]Concilio vaticano II, Cost. Gaudium et spes, n. 48 [79]Ibid. [80]Cfr. Codice di Diritto Canonico e Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, rispettivamente del 1983 e del 1990. [81]Concilio Vaticano II, Cost. Past. Gaudium et spes, n. 49. [82]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, n. 68. [83]Ibid., n. 81. [84]Giovanni Paolo II, Enc. Veritatis splendor, n. 93. [85]Giovanni Paolo II, Allocuzione durante l’Udienza generale del 5-9-1979. Con questa Allocuzione inizia il Ciclo di catechesi conosciuto come “Catechesi sull’amore umano”. [86]“Cristo non accetta di entrare nella discussione al livello in cui i suoi interlocutori volevano introdurla. In un senso, egli non approva la dimensione che vogliono dare al problema. Evita di lasciarsi implicare in controversie giuridico-casuistiche, e al contrario si riferisce, in due occasioni, al ‘principio’ “. Giovanni Paolo II, Allocuzione all’Udienza generale del 5-9-1979. [87]“Non si può negare che l’uomo si dà sempre in una cultura particolare, ma pure non si può negare che l’uomo non si esaurisce in questa stessa cultura. Del resto, il progresso stesso delle culture dimostra che nell’uomo esiste qualcosa che trascende le culture. Questo ‘qualcosa’ è precisamente la natura dell’uomo: proprio questa natura è la misura della cultura ed è la condizione perché l’uomo non sia prigioniero di nessuna delle sue culture, ma affermi la sua dignità personale nel vivere conformemente alla verità profonda del suo essere”. Giovanni Paolo II, Enc. Veritatis splendor, n. 53. [88]La legge naturale “non è altro che la luce dell’intelligenza infusa in noi da Dio. Grazie ad essa conosciamo ciò che si deve fare e ciò che si deve evitare. Dio ha donato questa luce e questa legge nella Creazione”. San Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II p. 93, a.3, ad 2um. Cfr. Giovanni Paolo II, Enc. Veritatis splendor, nn. 35-53. [89]Giovanni Paolo II, Enc. Veritatis splendor nn. 62-64. [90]Per mezzo della grazia matrimoniale i coniugi “si aiutano a vicenda per raggiungere la santità nella vita coniugale e nell’accettazione ed educazione della prole” Concilio Vaticano II, Cost. Lumen Gentium, n. 11. Cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica nn. 1641-1642. [91]Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, n. 81. [92]Ibid., infra. [93]Cfr. prima, numeri 4-8 [94]Giovanni Paolo II,Es. Ap. Familiaris consortio, n. 81 [95]Giovanni Paolo II, Gratissimam sane (Lettera alle Famiglie). N. 29. [96]Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, n. 55. [97]Cfr. Giovanni Paolo II, Es. Ap. Familiaris consortio, n. 66. [98]Pontificio Consiglio per la Famiglia, Preparazione al Sacramento del Matrimonio, n. 1. [99]Giovanni Paolo II, Enc. Fides et ratio, n. 97. [100]Giovanni Paolo II, Enc. Evangelium vitae, n. 73. [101]Paolo VI, Enc. Humanae vitae, n. 29. [102]Ibid.