Lettere in redazione
Famiglia, l’aumento delle unioni civili
Secondo le statistiche del 2005, apparse su un quotidiano cittadino, Firenze è al terzo posto nella graduatoria delle città italiane dove l’incidenza delle unioni civili è la più alta. Sono stati celebrati 514 matrimoni con rito religioso e 901 con rito civile. Sono dati impressionanti. Ma credo che ancor più lo saranno nella rilevazione dello scorso anno. Aggiungiamo poi, le convivenze, difficilmente rilevabili: saranno anch’esse in forte aumento.
Siamo oggi, noi cattolici, in dura polemica e divisi sul disegno di legge presentato dal governo in Parlamento, né possiamo prevedere quale sarà il suo esito. In questa drammatica situazione non posso non chiedermi quali siano le cause di tale decadenza religiosa e, soprattutto, se non sia oggi nostro dovere, di clero e di laicato, effettuare un profondo esame di coscienza per quanto dovevamo fare e non facemmo, e per quanto facemmo e non dovevamo fare.
I dati ai quali si fa riferimento sono quelli diffusi di recente dall’Istat («Il matrimonio in Italia: un’istituzione in mutamento. Anni 2004-2005»). Sono dati che giustamente devono far riflettere, non solo per il calo complessivo di matrimoni (praticamente dimezzatisi in 30 anni), ma anche per la discesa ancor più rapida di quelli religiosi, passati dall’80% di appena dieci anni fa, al 67,6% del 2005. In quell’anno, in Italia, su 250.979 nozze quelle davanti al sacerdote sono state infatti 169.640. Cifre che possono anche trarre in inganno perché se al Sud quelle davanti al Sindaco sono ancora poche (il 18%) al Nord siamo ormai al 43%. Con la Toscana ancora sopra, con 6.885 matrimoni civili sui 14.688 totali. Se poi guardiamo i dati provinciali troviamo in vetta a questa particolare classifica proprio Siena (74,5%) e Firenze (67,6%). Dati allarmanti, dicevamo, ma che non ci dovrebbero neanche stupire più di tanto. Forse dieci o venti anni fa ci si sposava in chiesa anche se non si era praticanti. Ma la percentuale di chi frequenta la messa domenicale non era poi così diversa da oggi. Può essere anche un segno di rispetto e coerenza rinunciare al rito tradizionale e scegliere di sposarsi in una ben più spoglia cerimonia civile. Del resto a Firenze o a Siena i praticanti non sono più di quel 25-30% che ancora sceglie il matrimonio come sacramento. Ben diverso è il caso delle convivenze o «coppie di fatto». Di chi cioè non vuole assumersi impegni definitivi né davanti a Dio né agli uomini. Qui le statistiche sono ovviamente molto più vaghe. Ma è questa la scelta o meglio la non-scelta che deve preoccuparci di più. Sia come comunità cristiana che come Paese.