Toscana

Famiglia, in piazza per chiedere politiche di sostegno

Famiglia e politiche familiari sono state al centro di un forum tenutosi a Roma, lo scorso 19 aprile, presso l’agenzia dei settimanali cattolici Sir, in vista anche del «Family day» previsto per domenica 12 maggio a Roma. Don Giorgio Zucchelli, Francesco Zanotti, rispettivamente presidente e vicepresidente della Fisc, e Paolo Bustaffa, direttore del Sir, hanno incontrato Luisa Santolini deputato Udc e Paola Binetti senatrice della Margherita. Due politici cattolici da sempre impegnati su questi temi, ancor prima di approdare in Parlamento: la Santolini è stata infatti la prima Segretaria del Forum delle famiglie e la Binetti è stata copresidente del Comitato nazionale «Scienza & Vita». Al forum era presente anche Luca Volontè capogruppo Udc alla Camera dei Deputati, e vi avrebbe dovuto partecipare anche Enzo Carra, parlamentare della Margherita.

Com’è vissuta e vista la famiglia oggi nel nostro Paese, si può dire che è uno dei valori più sentiti dalla gente, il fondamento del popolo italiano? BINETTI: «Io credo che nel sentire della gente la famiglia rappresenti, ad oggi, il valore di riferimento più importante, come luogo degli affetti, della cura, della formazione, come l’orizzonte di aspirazione dei giovani. Certamente, non è tutto così semplice. Intanto, resta da vedere se la famiglia di oggi monofiglio sia davvero il luogo in cui è possibile educare i figli alla reciprocità, alla relazione di generosità, a quel condividere la realtà che, a mio avviso, costituiscono la formazione di base al senso democratico. Il figlio unico finisce per avere la famiglia che lavora per sé e non sente nessuna spinta a superare il proprio egocentrismo. Resta da vedere se la famiglia è in grado davvero di offrire modelli formativi sotto il profilo anche dell’autorità e dell’autorevolezza, se è in grado di garantire qualità nell’interfaccia con il mondo esterno. Molto spesso la famiglia offre delle proposte che in fondo stimolano i giovani a conquistarsi spazi di realizzazione personale, ma non sempre nei modi più corretti. La famiglia è spesso un luogo di persone frustrate. Quindi, c’è il piano dell’utopia, il piano dei desideri, come la famiglia dovrebbe essere, che è ancora piuttosto alto, e c’è il piano della realtà, della quotidianità, in cui non sempre i componenti sono capaci di venire incontro ai reali bisogni. Ecco perché abbiamo giovani disorientati, demotivati nello studio, fragili negli affetti. D’altro canto, anche la difficoltà di entrare nel mondo del lavoro non permette loro di acquisire il senso di responsabilità, delle regole, della disciplina». SANTOLINI: «Non ci sono dubbi che la famiglia, soprattutto in Italia, davvero è una grande risorsa ed è un punto di riferimento per tutti. Io noto, però, che c’è una grande differenza tra come la famiglia si percepisce, cioè senz’altro come punto di riferimento decisivo, e la consapevolezza che la famiglia ha di sé. A mio avviso, la famiglia non ha la consapevolezza di essere la spina dorsale di questo Paese. Le persone in buona parte, pure quelle che vivono positivamente il valore della famiglia, vivono come in una sorta di isolamento, quasi che la famiglia fosse un fatto privato. Questo è il grande pericolo. Il ruolo sociale del matrimonio non lo cita mai nessuno. In realtà, gli attacchi alla famiglia partono da lontano, da Marx, ma il grande spartiacque è stato il ’68; poi sono venuti la legge sul divorzio, sull’aborto, l’ingresso delle donne nel mondo del lavoro, la riforma del diritto di famiglia nel ’75. Un’ultima considerazione per cui la famiglia è sotto attacco: c’è una cultura di un’elite di intellettuali, che ci dice dalla mattina alla sera che la famiglia non educa, non c’è, è in crisi, è finita, non è più in grado di svolgere il suo ruolo. C’è una demonizzazione della famiglia e la famiglia, che non ha la percezione di se stessa, alla fine se ne convince. Questi diversi piani di approccio creano la debolezza e la fragilità della famiglia». Non è che sottovalutiamo la risorsa famiglia, come se non fosse in grado oggi di reagire essa stessa a queste provocazioni con le sue forze? BINETTI: «Quello che si è rivelato insufficiente in questi ultimi anni è stato l’investimento fatto per la formazione della famiglia, intendendo per famiglia non gli elementi singoli che la compongono, ma il tessuto connettivo che mette in relazione genitori e figli e i fratelli tra di loro. È stato fatto uno scarso investimento sotto il profilo culturale, pedagogico e formativo, ma anche dal punto di vista pastorale. La riforma del diritto di famiglia del ’75 è stata pensata più per tutelare le separazioni che per creare vincoli di unità all’interno. Sono mancate, dal punto di vista formativo, quelle che noi psichiatri e psicoterapeuti chiamiamo politiche di consolidamento della famiglia. Le politiche di consolidamento sono da intendersi come politiche di formazione, politiche psicologiche, politiche di ascolto reciproco». SANTOLINI: «Non ci sono dubbi che il 12 maggio segnerà una svolta importante. A mio avviso, perché c’è una grande assunzione di responsabilità dei cattolici, che si sono fatti carico di difendere un valore laico. Non ci saranno, infatti, simboli religiosi, il 12 maggio, perché non ce n’è bisogno, perché c’è una presa di coscienza su un valore. I “Dico” non arrivano perché improvvisamente dei ministri e un governo hanno deciso di farli. Sono l’esito di un lungo processo di attacco alla famiglia e di svuotamento dall’interno della famiglia. Siccome la famiglia non molla, non è morta, finiti i grandi scontri di massa, finiti gli scontri tra mondo dell’Est e mondo dell’Ovest, adesso c’è il problema della bioetica: questi sono le sfide decisive di questo millennio e si svuota la famiglia dall’interno». Un parere sul Family Day: qualcuno di voi ha già accennato anche a una certa ostilità verso questa iniziativa… BINETTI: «Mi sembra che il linguaggio che si è cercato di mostrare, anche attraverso la partecipazione corale di tante famiglie, è proprio questa forza dei legami che aggregheranno nonni, giovani, bambini. In questo senso, si tratterà di una grande kermesse, per la quale anche la scelta dei presentatori, un uomo (Alessandro Zaccuri, n.d.r.), una donna (Paola Rivetta, n.d.r.), e il modello di conduzione della manifestazione riflettono l’attenzione alla peculiarità della famiglia. Si vuole che anche i simboli, che non sono simboli religiosi, siano i simboli dei vincoli reciproci. L’organizzazione e la festa del Family Day sono una risposta alla cultura di oggi, che è tutta giocata sulla libertà individuale e anche sulla radicalizzazione di questa libertà individuale, assolutamente a scapito della responsabilità sociale. Nel Family Day c’è questo sforzo di camminare insieme che è esattamente il valore più straordinario della famiglia». SANTOLINI: «Credo che ci sia tanta malevolenza nei confronti di questa manifestazione perché è la conferma di quello che è avvenuto con il referendum sulla fecondazione assistita: non è vero che i cattolici sono ininfluenti, divisi, sparpagliati, ripiegati su se stessi e che c’è una Chiesa stanca, ormai a fine corsa. I sostenitori di queste tesi, certi laici o alcuni cattolici che si chiamano all’avanguardia o comunque i laicisti, con la fecondazione assistita hanno preso una bella sberla e adesso di prendere la seconda sberla non hanno alcuna voglia». BINETTI: «C’è ostilità perché c’è una cultura che non vuole fare i conti con la realtà che esprime in profondità la famiglia. La famiglia ci dice che non si può voler bene senza prendersi cura dell’altro e quindi senza posporre o almeno rendere compatibili i propri desideri con quelli dell’altro. Credo che nella nostra cultura ci sia un po’ la volontà di sottrarsi alla fatica della relazione di reciprocità in cui ognuno di noi deve rinunciare un po’ al suo egocentrismo. Alla fine cosa ci chiedono le coppie di fatto? Di essere omologati nei diritti ai diritti delle famiglie. Se noi abbassiamo il livello di ciò che la famiglia è, pure loro non sapranno più che cosa chiedere. Quanto più diamo alla famiglia, quanto più la famiglia diventa un bene desiderabile, tanto più coloro, che in questo momento non posseggono questo bene, faranno uno sforzo in più per scoprire che cos’è la famiglia. Adesso sembra che ci sia una deriva verso il “non famiglia”; noi la dobbiamo capovolgere con una forza di attrazione positiva, facendo scoprire che vale la pena sposarsi, anche da giovani». Nel concreto sono possibili delle politiche per la famiglia, con quali misure? BINETTI: «Luigi Bobba con Tiziano Treu e la collaborazione di una quarantina di senatori ha presentato il 18 aprile un progetto di legge organica sulla famiglia. La senatrice Baio Dossi e io, insieme a 23 senatori, abbiamo presentato un progetto di legge che guarda alla possibilità di avere delle politiche per la casa, fortemente agevolate per le giovani coppie sposate. Mastella dell’Udeur ha presentato, sempre il 18 aprile, un progetto di legge organico sulla famiglia. I punti principali di queste proposte sono politiche di sostegno alla maternità; politiche di sostegno al lavoro per i giovani; politiche positive per la casa e per i servizi (asili, nidi); politiche di conciliazione del tempo lavoro-famiglia; politiche di defiscalizzazione (con riferimento al quoziente familiare). Ancora, politiche di aiuto alle famiglie con figli con handicap gravi e di sostegno al fondo della non autosufficienza perché anche gli anziani in condizioni gravi possano restare in famiglia. Inoltre, ci piace pensare ad una politica culturale che guardi alla stabilizzazione delle famiglie come ad un fattore di progresso economico e sociale. Con le separazioni, non solo le famiglie restano più povere, ma tutto il contesto s’impoverisce. Quindi, politiche economiche e lavorative, ma soprattutto la forte consapevolezza che la famiglia è il valore cruciale di un Paese». SANTOLINI: «Nella cultura per le politiche familiari deve essere fondamentale il principio di sussidiarietà, che è la strada per fare solidarietà nel modo giusto, altrimenti si fa assistenzialismo, com’è successo negli ultimi 40 anni. Quasi tutte le politiche per la famiglia negli ultimi anni a livello locale e nazionale sono state legate al reddito. Al contrario, servono politiche universali perché le politiche di ridistribuzione del reddito sono politiche sociali; occorrono, poi, politiche non individuali. Questa la nostra proposta sulle politiche familiari all’ultimo congresso Udc, che è stata votata all’unanimità: innanzitutto, deduzioni, perché i soldi che spendi per tuo figlio non sono tassabili. Alle deduzioni universali, siccome i redditi non sono tutti uguali, si deve accompagnare una compensazione di redditi diversi con assegni familiari che tengano conto della progressività del reddito. Secondo: le politiche di conciliazione dei tempi del lavoro e della famiglia. Un altro punto importante è rappresentato dai servizi: non devono essere lo Stato o i Comuni che erogano i servizi; bisogna valorizzare le reti familiari. Ultimo aspetto: dobbiamo ridare alle famiglie il primato educativo. E poi bisogna rispondere al fatto che in Europa, più in Italia, c’è un desiderio di maternità e di paternità non soddisfatto». Ci sono risorse per queste politiche? SANTOLINI: «Se c’è una scelta politica coraggiosa, le risorse si trovano». Come giudicate il disegno di legge sui «dico» e come risolvere il problema delle convivenze? BINETTI: «Noi riteniamo che molto meglio avrebbe fatto il governo a lasciar fare al Parlamento. Comunque, siamo ancora lontani dal trovare una formula efficace per una ragione molto semplice: in questo caso quello che si cerca di fare inevitabilmente è definire un modello di famiglia alternativa, che è quello che noi non desideriamo. Quando affrontiamo la questione, dobbiamo innanzitutto chiarire che non stiamo parlando di diritti, che sono subordinati alla responsabilità esplicita che si prende nei confronti dell’altro nel matrimonio. In questo caso noi giustamente parliamo di bisogni, espressi per una serie di ragioni da alcune persone. Questi bisogni meritano di essere presi in considerazione dallo Stato, attraverso gli strumenti ordinari di cui dispone, innanzitutto il codice civile, e attraverso un’interpretazione coraggiosa ma non stravolta della Costituzione. Noi, e mi riferisco a un piccolo gruppo di senatori della Margherita, fortemente motivato a stare nel centrosinistra e a starci con la piena dignità di cattolici, stiamo facendo in questo senso un lavoro punto per punto, vedendo quali sono stati i bisogni espressi finora e in che misura il codice civile è in grado di soddisfarli. Se ci sono dei buchi neri, venire incontro a questi buchi. Nel caso delle persone che vivono nella condizione di coppia di fatto, al centro dell’attenzione è la persona e non la coppia». SANTOLINI: «Il problema della legge lo liquido in due minuti: non sta proprio in piedi. Il fatto che io possa essere cacciata di casa con una semplice raccomandata, il che rasenta il ripudio, dice quanto sia demenziale questo ddl, anche perché in questo modo la tutela del soggetto debole dove va a finire? Io ne faccio un problema antropologico. Questa battaglia è più subdola e pericolosa di quella per l’aborto e il divorzio. A quei tempi c’era comunque un tessuto sociale che teneva, c’era una società ancora coesa, c’erano valori di riferimento. Adesso siamo in un individualismo assoluto e in pieno relativismo etico. Si tratta di un problema molto laico: non vogliamo imporre i valori nostri, ma vogliamo difendere i valori che vanno bene all’uomo. Un’ultima battuta: non vorrei più sentire un discorso che fanno certi cattolici. “Io mi sposo, ma come faccio ad impedire a un altro di fare come gli pare”. Questo è relativismo etico. Ci sono dei valori non negoziabili. Questo “volare basso” di una parte del mondo cattolico non ha capito la sfida che abbiamo di fronte».

a cura di Gigliola Alfaro