Italia

Famiglia: De Palo, «è finito il tempo delle analisi. No elemosina, ma giustizia». Il reddito di cittadinanza non è una politica familiare

«Il vero problema è far capire alle Istituzioni, a tutti i livelli, che le famiglie non vogliono elemosina, ma giustizia». Lo ha ricordato Gigi De Palo, presidente del Forum delle Associazioni Familiari, nel suo intervento all’Assemblea generale in corso a Roma, al Centro Congressi di Palazzo Rospigliosi. «Le famiglie non chiedono aiuto allo Stato, vorrebbero semplicemente che lo Stato le mettesse nelle condizioni di aiutarlo», ha spiegato De Palo, sottolineando che «la famiglia non è un malato da curare, ma la cura del malato».

Secondo il presidente del Forum, dunque, serve «un cambio di mentalità, una nuova narrazione della famiglia: non più problema, ma risorsa; la startup delle startup; l’impresa che produce risparmio». «È finito – ha scandito – il tempo delle analisi».

«Sappiamo tutti chiaramente che cosa dobbiamo fare, ma non lo stiamo facendo», ha denunciato De Palo per il quale Il Paese ha bisogno di gente che prende decisioni, anche impopolari». Di qui l’appello alla politica: «sfruttate la nostra competenza, valorizzate il lavoro che facciamo ogni santo giorno, aiutateci ad aiutarvi». «Chi ha la capacità di trasformare le parole e le promesse in concretezza?», ha domandato De Palo evidenziando che «qui ed ora serve una volontà politica chiara, si tratta di scegliere se essere rieletti e occupare una poltrona o passare alla storia».0

«Veramente si pensa che il Reddito di Cittadinanza possa essere fatto passare per politiche familiari; che i vari bonus ‘bebè’, bonus ‘asilo nido’, bonus di qua e bonus di là, facciano ripartire la natalità?», si è chiesto Gigi De Palo, nella relazione all’Assemblea generale in cui ha ribadito che «la demografia è un principio non negoziabile: non possiamo accettare il fatto che una famiglia, pur volendo un figlio, abbia paura a farlo». L’Italia, ha detto senza mezzi termini, «sta vivendo la crisi demografica più lunga e difficile della sua storia» e «stiamo entrando nella trappola demografica, perché sono diminuite vertiginosamente anche le donne in età fertile». «Ma la politica lo ha capito che, oggi, ad una famiglia conviene separarsi per finta per pagare meno tasse e inoltre avere agevolazioni di ogni tipo nelle graduatorie degli asili nido e delle mense scolastiche?», ha insistito De Paolo denunciando che «una famiglia che ha un contratto atipico non prende nemmeno gli assegni familiari». «Abbiamo presentato la nostra proposta fiscale, il‘Fattore Famiglia’, a tutti i Governi. Tutti ripetono sempre la stessa cosa: non ci sono i soldi», ha scandito il presidente nazionale del Forum lamentando però «poi, però, in un anno si trovano 10 miliardi per gli 80 euro e in un anno 9 miliardi per il reddito di cittadinanza». «Sempre la stessa storia. Sempre – ha concluso – lo stesso gioco delle parti».

Il videomessaggio del card. Bassetti. Di fronte al «pauroso calo delle nascite in Europa e in Italia», il Patto per la natalità rappresenta «davvero la nostra forza» perché «la famiglia è l’eredità più preziosa che possiamo lasciare alle giovani generazioni del Paese». Lo ha ribadito il card. Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e presidente della Cei, sottolineando che il Forum delle associazioni familiari «continuerà a sostenere la famiglia, mantenendosi fuori dalle diatribe che a volte possono avvelenare la politica e a tenere fede a quel Patto per la natalità che abbiamo stabilito in dialogo con le istituzioni». In un videomessaggio il card. Bassetti ha esortato «a fare risplendere la bellezza della famiglia, coltivando l’alleanza con le varie forme di associazionismo». Senza nascondere che «è difficile camminare insieme», il presidente della Cei ha voluto esprimere il suo ringraziamento al Forum per «il prezioso contributo per la promozione e la custodia dell’istituto familiare». «L’Italia – ha scandito – ha bisogno di voi, della vostra fantasia, della vostra creatività, di centinaia di migliaia di nuclei familiari che la fanno vivere».

Matteo Salvini: il vero spread è quello delle culle. I dati sono «devastanti»: «i bambini non nascono e i pensionati scappano». «Cambiare si può e si deve», ha affermato Matteo Salvini, ministro dell’Interno e vicepremier, che intervenendo oggi all’Assemblea del Forum delle associazioni familiari ha sottolineato che «il vero spread è quello delle culle». È necessario, ha aggiunto, «cominciare a seminare qualcosa, anche se i frutti si raccoglieranno in seguito». «Investiamoci, perché è fondamentale. Non abbiamo più tempo», ha aggiunto. Secondo Salvini, «ci vuole coraggio, occorre passare all’azione, anche con piccoli segnali». «Da ministro – ha ricordato – ho fatto in modo che 2,5 milioni di euro andassero per avere scuole sicure, per fare fronte al dramma dei venditori di morte fuori dalle scuole». Sul tema della scuola, il ministro dell’Interno si è quindi soffermato sulla «libertà di scelta educativa». «Se chiudessero le scuole private, il pubblico crollerebbe e avremmo centinaia di migliaia di bambini in mezzo alla strada», ha scandito Salvini evidenziando che si tratta di «un investimento in cultura e in concretezza».

«Vogliamo costruire, far ripartire e far crescere l’Italia, permettere ai nostri ragazzi di lavorare, comprare casa, mettere al mondo dei figli visto che c’è un’emergenza di mancanza di nascite che rischia di fare morire questo Paese», ha spiegato il ministro dell’Interno a margine dell’Assemblea. «Nella Manovra, che non è a pacchetto chiuso e che può essere migliorata, ci sono alcuni dei passi per permettere questa ripartenza, poi possiamo sederci ancora attorno ad un tavolo», ha continuato Salvini che ha però chiarito: «non ci possono chiedere di spendere di meno per aiutare gli italiani perché ne hanno assoluto ed estremo bisogno». Quanto alle reazioni dell’Unione Europea, Salvini ha affermato che «a Bruxelles interessa un’Europa che cresce: se l’Italia cresce, lavora e risparmia, l’Italia investe, esporta, compra; se gli italiani stanno meglio, è un bene per tutti». «Non penso che sanzioni economiche, minacce, ricatti, commissari, ispettori servano né agli italiani né all’Unione Europea», ha ribadito Salvini. «Non ci chiedano – ha concluso – di togliere soldi dalle tasche degli italiani, non mi chiedano di cambiare la legge Fornero: siamo solo all’inizio dello smantellamento».