L’obiettivo della formazione degli adulti è quello di modificare le cornici di significato che loro hanno costruito, strutturato nel corso della loro vita e della loro esperienza. Per questo la formazione degli adulti dovrebbe essere una formazione che parte dall’esperienza delle persone, che li incontra là dove loro sono e che chiama in gioco le loro biografie. Lo ha detto questa mattina Chiara Sità, ricercatrice di pedagogia presso l’università di Verona intervenendo al convegno di pastorale familiare sulla preparazione al matrimonio, in corso a Cotronei, in Calabria. Per la docente universitaria è importante l’esperienza di mettersi in gioco personalmente e di sollevare degli interrogativi che li aiutano a ristrutturare i loro modi di essere. Una formazione ha spiegato – che per realizzare questo ha bisogno di basarsi sulle esperienze e sulle biografie singolari delle persone e delle coppie e deve prevedere delle metodologie che coinvolgano attivamente i partecipanti e deve uscire da un modello scolastico ed unidirezionale per fare posto ad una comunicazione di tipo circolare che mette in circolo i saperi che le persone portano, che sono saperi differenti da quelli che possono avere gli operatori pastorali.Saperi – ha affermato Chiara Sità meritevoli di attenzione e necessari perché le persone possono mettere in discussione la loro stessa esperienza. La relatrice ha parlato di pedagogia dell’accoglienza delle persone con la loro storia che è una pedagogia della partecipazione intesa come coinvolgimento attivo delle persone perché garantisce la continuità di gruppo. Pedagogia dell’accoglienza – ha poi spiegato al Sir la Sità significa che la Chiesa, le parrocchie e le persone che la costituiscono siano avvicinabili e abbiano uno sguardo non etichettante, non giudicante verso le persone che arrivano portando con sé le esperienze che possono essere le più diverse. Saper accogliere ha aggiunto – significa sapere trasmettere messaggi di accettazione attraverso per esempio i luoghi, gli spazi, etc. Una accoglienza che richiede anche una consapevolezza di sé perché noi spesso mettiamo in campo atteggiamenti di rifiuto verso gli altri ma non ne siamo consapevoli e quindi abbiamo bisogno dello sguardo degli altri.Sir