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Concorso scolastico: A spasso per la Francigena

Ci hanno forse rubato un po’ il mestiere, i ragazzi delle classi 1ª A e 1ª C della Scuola Media Buonarroti di Ponte a Moriano, frazione di Lucca incuneata nella Media Valle del Serchio. Eh sì, perché si sono improvvisati giornalisti da studio – più radiofonico che televisivo, almeno così ci è parso – a condurre una diretta con tre inviati sguinzagliati in altrettanti centri significativi lungo il tratto di Francigena a loro più prossimo: Camaiore, Lucca, Altopascio. E l’hanno fatto proprio bene, intersecando storia e leggenda, sempre con un linguaggio divulgativo, avvincente e coinvolgente al tempo stesso, che – per fare un paragone – non ci sembra abbia molto da invidiare a quello di Alberto Angela e del suo programma «Ulisse, il piacere della scoperta» in onda su RaiTre.

Bravi davvero i nostri studenti, che hanno anche corredato questa loro singolare cronaca con i disegni che pure ben volentieri pubblichiamo, assieme alla foto del labirinto della Cattedrale di San Martino a Lucca, scolpito sul pilastro della facciata appoggiato al campanile, da noi scelto a simbolo del tratto di Francigena descritto, con precisione e fantasia al tempo stesso, da questi nostri – ci si passi il termine! – «piccoli colleghi». A parte ciò, sono nostri anche i neretti del testo, aggiunti solo per facilitare la lettura che comunque filerebbe via lo stesso a meraviglia. Grazie ancora quindi alle due classi di Ponte a Moriano e naturalmente anche ai loro insegnanti. I loro nomi li abbiamo riportati qui sopra. Continuate così, ragazzi, e… farete strada, non solo nel senso del vostro invito finale, anch’esso peraltro da sottoscrivere in pieno!

M.L.

Carissimi lettori, salve a tutti dagli alunni delle classi 1ª A e 1ª C della Scuola Media Buonarroti di Ponte a Moriano: siamo qui per raccontarvi, minuto per minuto, il nostro pellegrinaggio sulla via Francigena con la collaborazione dei nostri inviati direttamente sui territori visitati.

Da Camaiore Girovagum, da Lucca Nicolas ed infine da Altopascio Lucio. Ed ora via con la diretta: a te Camaiore…

– Da Camaiore è Girovagum che vi parla: giornata serena, temperatura gradevole, mi trovo in una delle tante tappe della via Francigena. Sono partito dal Kent qualche settimana fa e sono giunto a Camaiore percorrendo circa 30-40 Km al giorno. La mia patria è una regione dell’Inghilterra meridionale, la mia città natale è Canterbury, da dove nel X secolo il buon Sigerico è partito per andare a Roma dal Papa e durante il viaggio di ritorno ha descritto, in una specie di diario, le circa ottanta tappe che ha percorso. Il suo itinerario, meglio conosciuto come “Via Francigena di monte Bardone”, è stato anche il mio oggi. Naturalmente avevo con me tutto il necessario: la zucca per mantenere l’acqua fresca, il mantello per proteggermi dal freddo, il bordone per difendermi, la quadrangola come portafortuna nonché la conchiglia di San Giacomo.

Camaiore è una città medievale dove, insieme ad un gruppo di altri pellegrini, ho trovato vitto ed alloggio. Questo magnifico luogo deriva il suo nome da “Campus Major”, antico castrum romano. Appena si arriva a Camaiore, si nota la bellissima Abbazia dedicata a San Pietro: essa fu fondata intorno all’VIII secolo ad opera dei monaci Benedettini e divenne poi di proprietà dei monaci Florensi. Nel XII secolo raggiunse il suo massimo splendore e l’abate fu nominato vescovo. I monaci tendevano, per la loro regola, oltre alla preghiera anche al lavoro manuale, svolgevano attività agricole, il taglio dei boschi, prosciugavano paludi e aprivano strade. La “Fossa dell’Abate”, che sfocia in mare, deve il suo nome ad un abate, che la concepì e realizzò, bonificando una zona paludosa. Sotto il dominio della contessa Matilde di Canossa, la Badia era costruita ad una sola navata con il pavimento e l’altare in pietra, ma nel corso del secolo subì una profonda trasformazione, assumendo l’attuale aspetto. Nel 1300 la chiesa fu saccheggiata e incendiata durante le continue lotte territoriali tra le città, che si contendevano questa zona; fu pertanto necessario ricostruirla più volte.  Dietro all’edificio ci sono il refettorio ed il dormitorio per noi viandanti.

L’unica parte originale della Badia è l’Arco antistante la chiesa, interamente costruito in pietra, nel quale si può notare uno stemma della Corte dei Mercanti, dell’Ospedale di San Luca e della Misericordia di Lucca. Si può anche scorgervi una pietra scolpita, in cui, tra due fiori incisi, c’è una croce con le parole “ORD. FLOR”, che stanno ad indicare il periodo in cui fu abate Bartolomeo, appartenente per l’appunto ai Florensi.

– Scusa Girovagum, interrompo da studio perché ci chiede la linea Lucca.

– Sì, da Lucca è Nicolas che interviene, cari amici, perché questa nostra tappa è fondamentale… anche Lucca è una città di origine romana, circondata da mura a forma quadrangolare, anche se sul lato nord la cinta è stata modificata a causa del fiume Auser che passa lì vicino.

Ora sto per entrare nella chiesa di San Michele che è stata costruita proprio nella zona dove sorgeva l’antico Foro romano. Da qui prendevano avvio il cardo e il decumano massimo, le strade che formavano il tessuto della città romana e che ancora sopravvivono nel percorso delle attuali vie sul fianco sud e sul retro della chiesa. Rimango colpito dalla varietà di intarsi, bassorilievi, sculture, simboli cristiani e precristiani, simboli esoterici e scientifici, animali e piante, esseri umani, sirene, sagittari, grifoni che si alternano sulle colonnine della facciata. Non ultima, sul fianco sud, ho notato la presenza di graffiti medievali di navi e di città d’Oriente. In cima alla facciata, tra due angeli, spicca San Michele, Santo, Arcangelo e guerriero (come piaceva ai Longobardi), nell’atto di uccidere il Drago.

E adesso seguitemi… andiamo a visitare la chiesa di San Martino, la cattedrale della città, dove si trova il Volto Santo, una scultura di legno che sembra, secondo la leggenda, sia giunta a Luni su una barca priva di marinai.

La leggenda riporta anche che Nicodemo, autore dell’immagine, si sarebbe trovato di fronte all’impossibilità di riprodurre il volto del Messia e che l’immagine sarebbe stata da lui ritrovata già scolpita in modo miracoloso.La nave, che trasportava il Volto Santo, avrebbe resistito ad ogni tentativo di abbordaggio da parte dei lunensi, salvo poi approdare spontaneamente a riva dopo l’esortazione del vescovo di Lucca Giovanni I, giunto nel frattempo nella zona, dopo essere stato avvisato in sogno della presenza sulla nave del Volto Santo. In seguito alle dispute tra lunensi e lucchesi, il crocifisso fu condotto a Lucca da un carro trainato da buoi senza nessun conducente.

I lucchesi accolsero immediatamente con grande venerazione il crocifisso ligneo, il quale fu posto nella chiesa di San Frediano. Il mattino seguente il Volto Santo era sparito: esso fu ritrovato in un orto nelle immediate vicinanze del Duomo di San Martino; individuato come un “segno” miracoloso, il Crocifisso del Volto Santo resta tutt’oggi nel Duomo di Lucca.

Mi hanno anche raccontato diversi miracoli legati al Volto Santo, di cui i più importanti sono quello della mannaia e quello della ciabatta: il primo accadde a Pietralunga nel settembre 1334, quando un certo Giovanni di Lorenzo di Picardia, regione della Francia, per recarsi in pellegrinaggio a Lucca presso il Volto Santo, passando per Pietralunga, veniva ingiustamente accusato di avere ucciso un uomo e di conseguenza condannato a morte. Il povero uomo si rivolse fiducioso al Volto Santo tanto che, quando il boia tentò di tagliargli il collo con la mannaia, a questa si rivoltò la lama. La registrazione del fatto miracoloso si trova in un manoscritto conservato presso la Biblioteca del Convento dei Frati Cappuccini di Monte San Quirico, nelle vicinanza della città di Lucca.

Il secondo miracolo narra che un giullare molto povero e fedele al Volto Santo, si recasse a pregare davanti al Santo Volto, offrendo in segno di devozione ciò che sapeva fare. Ballando così nel luogo sacro presso il crocifisso, destò l’ira dei preti. Il Volto Santo, ornato con ori, lasciò allora cadere una delle sue preziosissime ciabatte dorate, la destra, in segno di apprezzamento, affinché il povero la usasse per risollevarsi dalla sua miseria. Quando l’uomo prese la preziosa ciabatta, fu acciuffato dalle guardie e gli fu ordinato di restituire quello che aveva preso. Nessuno credette al racconto miracoloso riportato dal povero, il quale fu incarcerato. Ma ogni tentativo di rimettere la ciabatta dorata al piede del crocifisso fu inutile: essa continuava a cadere, come se fosse un dono ormai fatto al misero giullare, ingiustamente incarcerato. Così il povero fu creduto e rilasciato e gli fu dato del denaro da parte della Chiesa, a patto che rinunciasse alla santa ciabatta; ed egli accettò di buon grado. Ancora oggi la ciabatta d’oro del Volto Santo non è fissata al piede del crocifisso, ma è semplicemente appoggiata e sorretta da un calice dorato, come se il piede del crocifisso continuasse a rifiutarla.

– Bene, bene… non finiamo mai di stupirci di fronte a queste meravigliose storie, cari colleghi… tuttavia riprendo la linea dallo studio, per dirvi che abbiamo collegato con noi anche Lucio da un altro dei luoghi più significativi del nostro viaggio…

Lucio mi senti?

– Perfettamente. Cordiali saluti dal borgo di Altopascio: qui accanto a me c’è Aurelio, a cui cedo immediatamente la parola, perché sarà lui stesso che vi racconterà la sua avventurosa storia:

«Eravamo due pellegrini provenienti dalla Francia, la nostra meta era Roma; ci stavamo avvicinando alla chiesa di Altopascio e sapevamo che internamente ad essa si trovava una porta segreta che conduceva dentro all’ospitale. Improvvisamente dal folto della foresta apparvero cinque briganti alti e robusti con bastoni lunghi ed appuntiti. Noi, allo stremo delle forze, iniziammo a gridare aiuto in direzione delle mura della città. Sentendo le grida, i Cavalieri del Tau uscirono a cavallo dalla Porta Pesciatina e ci vennero incontro allontanando i briganti. Ci condussero nell’ospitale ed iniziarono a medicarci con delle erbe officinali. Ci domandarono da dove venissimo e che cosa ci fosse capitato durante il viaggio. Giulio, mio cugino, iniziò a raccontare tutto quello che ci era successo, dall’assalto dei lupi sul Moncenisio alla traversata della Dora Riparia in piena. Arrivati verso Pontremoli, una banda di briganti ci aveva derubato lasciandoci solo alcuni viveri e portando via la nostra lettera di cambio. I cavalieri rimasero impressionati dal racconto di Giulio, ci sistemarono in una camera confortevole e calda, ci cambiarono le vesti e ci dettero da mangiare pesce con ceci, conditi con olio, cipolla, aglio e alloro; nonché un buon bicchiere di vino che proveniva dalle loro vigne. Rimanemmo per tre giorni e, curati e rifocillati, potemmo riprendere il viaggio pieni di forze, alla volta di Roma».

– Bene, avete ascoltato questa interessante vicenda ma non è tutto… ora vi leggiamo una pagina da un diario dell’epoca, conservato e ritrovato nella biblioteca dello Spedale, risalente al XII secolo:

«Mi chiamo Lucio e sono un pellegrino ormai molto vecchio. Abito a Santiago di Compostela da dove, molti anni fa, sono partito per andare a Gerusalemme a visitare i luoghi dove era vissuto Nostro Signore. Era una fresca mattina dell’Anno Domini 1120 d.C., mi svegliai all’alba, tutto eccitato per il lungo viaggio che avrei dovuto affrontare, ma al tempo stesso ero preoccupato a causa di un pensiero che mi tormentava: “Sarei tornato a casa oppure no?”. Lasciai perdere questa brutta riflessione ed indossai il mio vestito da pellegrino, mi misi sopra un mantello dove avevo attaccato una quadrangola, la spilla portafortuna.

Presi anche una bisaccia dove infilai ciò che mi occorreva: borraccia, cibo, acqua benedetta, una ciotola, un cucchiaio e la cosa più importante una lettera di cambio. Indossai i sandali ed un cappello, infine presi il bordone e ci legai la conchiglia di San Giacomo. Quando fui pronto, salutai la mia casa dove ero vissuto per più di venti anni e la mia capretta a cui ero tanto legato. Dopo una mezz’ora di lacrime mi decisi a partire. Stavo camminando da tre giorni ed ero molto stanco, però non mi volevo fermare a riposare, perché sapevo che avrei potuto essere assalito dai briganti. La stanchezza prese il sopravvento e quando arrivò la notte decisi di fare una sosta; tirai fuori dalla bisaccia la ciotola ed il cucchiaio di legno e mi misi a mangiare delle lenticchie, che mi ero portato dietro. Via via che passavano i giorni mi tranquillizzavo, ma una sera, mentre stavo andando a prendere l’acqua ad una fonte, fui assalito da due briganti: erano molto forti e non riuscivo a vederli in viso a causa del buio, così, per salvarmi, cominciai a correre forte senza mai fermarmi; inciampai, mi rialzai ed ripresi di nuovo a correre, dopo un po’ mi accorsi che li avevo seminati, potei così riprendere fiato. Il mattino seguente guardai dentro la bisaccia e mi accorsi che mi era stata rubata la lettera di cambio: fui colto da una profonda disperazione… Come avrei potuto fare a continuare il viaggio? A chi mi sarei potuto rivolgere?… Camminai e camminai per giorni, settimane, mesi trovando sempre rifugio e cibo negli ospitali lungo la via Francigena. Una sera buia e tempestosa mi accorsi che mi ero perso, quando sentii il suono di una campana e capii che ero arrivato ad Altopascio: quella campana era la famosa Smarrita. Mi era giunta voce della leggenda ad essa legata: una ragazza della zona, perdutasi nei boschi delle Cerbaie, era riuscita a salvarsi grazie ai rintocchi della campana, ripetuti ogni giorno prima del tramonto, che le avevano indicato la strada. Iniziai ad urlare per far capire ai Cavalieri del Tau che ero stanco e ferito e loro arrivarono in mio soccorso. Mi portarono nell’ospitale dove mi curarono un ginocchio, mi dettero dei vestiti puliti, una stanza, da mangiare e mi lavarono i piedi che erano piagati per il lungo viaggio. Dopo due giorni mi rimisi in cammino e dopo tre mesi arrivai a Gerusalemme».

– Siamo giunti quindi alla fine dei nostri collegamenti, pertanto ripetiamo il risultato finale di questo viaggio che ci ha visto così piacevolmente impegnati: gambe allenate, scarpette e pantaloncini comodi, entusiasmo a volontà, voglia di conoscere, rispetto dell’ambiente e della sua evoluzione storica abbiamo sentito la voce dei nostri inviati e con loro ci siamo tuffati nella memoria di un mondo che vogliamo conservare e trasmettere a quelli che verranno dopo di noi…

Gli autori

CLASSE 1ª A: Gabriele Berlucchi, Gioele Bernardini, Alexandrina Boscaneanu, Alen Cappelletti, Agnese Ceccarelli, Michelle Cupiti, Nadia Faik, Samuele Frugoli, Matteo Giorgi, Alessia Martinelli, Manuela Mazzoni, Filippo Paganelli, Luca Pierotti, Isabella Pucci, Flavia Ravina, Tedi Sadiku, Filippo Simonetti.

CLASSE  1ª C: Mirco Antonelli, Michele Bandoni, Chiara Biagini, Marco Casella, Klejsi Curumi, Diego D’Antraccoli, Andrea Dell’Orfanello, Alessio Dinelli, Caterina Franceschini, Matteo Gemignani, Daniela Iatco, Endri Lila, Nicole Maccari, Geremia Marino Merlo, Joana Roxana Nicola, Alberto Pucci, Andrea Ricci, Silvia Rossi, Greta Serra, Dania Sesti,  Debora Spadoni, Tommaso Stefani, Nicola Tartari, Chiara Tori.

Insegnanti referenti: Graziella Amadei, Roberta Amari, Gabriella Guidoni