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Europa, in tempo di vacche magre troppa indulgenza per i grandi

di Romanello CantiniDiciamo la verità. Nonostante che l’euro sia una creaturina di nemmeno due anni la gente non gli vuole troppo bene. Prima di tutto perché ci si ricorda della lunga quaresima che ci è costato con dure stangate fra tasse e una tantum fin dai primi anni Novanta per rientrare nei magici parametri di Mastricht.

In secondo luogo perché la massaia che va a fare la spesa ha la netta impressione che con l’euro, nonostante i dati ufficiali di un’inflazione fra il due e il tre per cento, i prezzi siano aumentati molto di più.

In terzo luogo l’introduzione dell’euro ha avuto la sfortuna di coincidere quasi con l’11 settembre e di confondersi con la fase di quasi stagnazione che ormai contraddistingue l’Europa e in particolare il nostro paese con incrementi del reddito nazionale di appena qualche centesimo di punto.

Infine l’euro, dal punto di vista monetario, ha esagerato nel suo successo e ci ha concesso anche troppa grazia. Un euro che oramai vale un dollaro e venti rende troppo care le nostre esportazioni e penalizza notevolmente, ad esempio, la produzione della nostra regione diretta in buona parte verso i paesi extraeuropei.In questo periodo imprevisto di vacche magre era inevitabile che alla fine il vincolo del patto di stabilità che proibisce ad ogni paese comunitario di avere un deficit di bilancio statale superiore al tre per cento sembrasse un cappio troppo stretto. Soprattutto i paesi con un avanzato livello di protezione sociale non potevano più starci dentro nel momento in cui i disoccupati crescono e hanno diritto ad una discreta indennità di disoccupazione o si aumentano automaticamente le spese statali per assistere i senza lavoro o si aumentano le spese statali per dare lavoro, magari attraverso opere pubbliche. Nell’un caso o nell’altro il fatidico tre per cento è destinato ad andare a farsi benedire.

Ora è accaduto che all’ultimo consiglio dei ministri dell’Unione, Francia e Germania, che da tempo navigano con un tranquillo quattro per cento di deficit, ottenessero di fatto una indulgenza plenaria e una sostanziale via libera a proseguire. Sono più che legittime a questo punto le rimostranze degli altri paesi europei che finora hanno eseguito in casa loro diligentemente tutti i compiti loro assegnati dal trattato di Maastricht. Il fatto ancora più sospetto è che questa indulgenza sia stata usata verso i due paesi più grandi e più forti quasi che valesse all’interno dell’Unione la famosa regola di Giolitti per cui per i più deboli le leggi si applicano e per i più potenti le leggi si interpretano. Questo precedente proietta una brutta luce sul futuro stesso della Unione. Soprattutto ora che ci si affanna ad approvare un patto costituzionale che domani potrà essere disatteso come il patto di stabilità.

Soprattutto ora che i nuovi paesi che stanno entrando nell’Unione temono l’arroganza dei più antichi e dei più grandi. Il rischio è che l’Unione europea, come la rana di Fedro, scoppi nel momento in cui vuole diventare più grande. Eppure dall’impasse non si esce se non stabilendo regole nuove sì, ma valide per tutti e nuovi parametri che riguardino non solo l’aspetto monetario, ma anche quello fiscale e sociale. Insomma non con meno Europa, ma con più Europa.

Il sito della Presidenza italiana della Ue

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