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Eurobarometro: 6 europei su 10 favorevoli all’Unione. Sì dagli irlandesi, contrari gli inglesi, italiani «freddi»

Quasi sei europei su dieci (59%) si dichiarano favorevoli all'appartenenza del proprio Paese all'Ue. Lo dice un sondaggio Eurobarometro sulle priorità dei cittadini per l'Ue e il Parlamento europeo pubblicato oggi. 

(Bruxelles) La percentuale dei favorevoli all’Ue è cresciuta dal 2011 al 2018 da quando si è assestato su livelli così elevati, con la consueta forbice: il favore è all’81% in Irlanda e Lussemburgo, al 42% nel Regno Unito. Il sostegno all’Ue è cresciuto in Francia di 6 punti (58%), in Grecia di 5 punti (47%), in Lettonia di 4 punti (59%). Il sostegno però è diminuito in Lituania (-8 punti percentuali), nel Regno Unito (-7 punti), in Polonia e a Cipro (-5 punti). Nel Regno Unito il 31% degli intervistati britannici considera l’appartenenza del Regno Unito all’Ue come una circostanza né positiva né negativa (+11% rispetto a giugno 2019). Neutrali rispetto all’Ue sono anche la maggioranza di cittadini di Italia, Repubblica Ceca e Slovacchia. I giovani sono i più entusiasti: il 64% dei giovani (15-24 anni) crede che l’appartenenza all’Ue sia positiva, rispetto al 54% dei cittadini over 55, anche se è una percentuale di 6 punti più bassa rispetto a giugno 2019. Ciò «dimostra che il favore di questa categoria, compresi in particolare la partecipazione elettorale e l’interesse generale, non può certo essere dato per scontato». A crescere invece è «il senso generale di ottimismo rispetto al futuro dell’Unione»: il 32% del campione di cittadini «ritiene che l’Ue sia sulla strada giusta» (+5% rispetto alla primavera del 2019), anche se c’è il 46% che ritiene il cammino sia sbagliato (in calo del 5%).

Il 52% degli europei è soddisfatto del funzionamento della democrazia nell’Unione e il 56% di come funziona nel proprio Paese. L’Irlanda (77%), la Danimarca (77%) e la Polonia (73%) vantano i livelli di soddisfazione più elevati, mentre la Spagna e il Regno Unito (entrambi a 45%), l’Italia (44%) e la Grecia (34%) sono i Paesi in cui gli abitanti sono meno soddisfatti del processo democratico europeo. Ci sono 14 Paesi in cui i cittadini sono più contenti di come funzioni la democrazia europea rispetto a quella del proprio Paese (tra cui Romania, Croazia, Lituania, Bulgaria, Lettonia e Polonia).

La corposa indagine prende in esame anche il rapporto con il Parlamento europeo, rispetto al quale gli europei con una visione positiva sono il 33% (+1%) e quelli con un’opinione negativa il 19% (-2%); neutra il 46% (+3% da settembre 2018). Gli irlandesi i più positivi (52%), poi danesi (49%), portoghesi (49%) e svedesi (48%); i meno positivi si trovano in Repubblica ceca, Francia e Spagna (20%, 24% e 25%). I cittadini con un’opinione neutra del Parlamento europeo sono soprattutto donne, giovani e studenti, nonché persone con un reddito modesto. Un dato che emerge nell’odierno Eurobarometro è un «appello più caloroso per un Parlamento europeo più influente» (il 58% oggi, +7% rispetto alla primavera del 2019 e +14% rispetto a settembre 2015), appello più forte tra quanti possiedono una conoscenza approfondita delle attività legislative del Parlamento.

Elemento chiave in tutto ciò è la percezione che «la propria voce abbia valore» e l’indagine però mostra che «il sentimento dei cittadini rispetto all’importanza della loro voce all’interno dell’Ue è tornato ai livelli pre-elettorali»: sono oggi il 49%, come a febbraio-marzo 2019; dopo le elezioni di maggio era al 56%. Il 77% dei cittadini vorrebbe ricevere maggiori informazioni su almeno uno dei sette aspetti proposti della nuova legislatura e sulle attività delle istituzioni. I temi che i cittadini vorrebbero fossero affrontati dal Parlamento sono la lotta al cambiamento climatico (32%); la lotta alla povertà e all’esclusione sociale (31%), lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata (24%), disoccupazione giovanile e in generale piena occupazione (24%); poi ancora istruzione superiore e crescita economica.

Il 59% degli italiani pensa che l’appartenenza dell’Italia all’Ue sia una buona cosa