Lucca

Esperienze pastorali a Rio Branco in Brasile: tra “pastorale urbana” e “sette”

L’8 giugno riparte per la diocesi di Rio Branco, dove attualmente è rettore della Cattedrale e responsabile del Coordinamento della pastorale diocesana. Don Massimo Lombardi, ora in Italia per un breve periodo di riposo, da quarant’anni opera come <+corsivo>fidei donum<+tondob> in Brasile, insieme a don Luigi Pieretti, p. Gabriele Camagni e il laico Luca Bianucci.

Quali attività pastorali portate avanti?«Su indicazione della Conferenza episcopale brasiliana, poi riadattata nelle singole diocesi, portiamo avanti la “pastorale urbana”. Ci siamo occupati per tanti anni di “pastorale rurale” con comunità nella foresta e nelle campagne, creando anche delle parrocchie. Ora pensiamo anche a quella parte di popolazione che vive e lavora in città, e che non si identifica più nei confini di una parrocchia. Ci stiamo svincolando da una appartenenza geografica alla parrocchia, per dedicarci a una pastorale di ambiente. La gente nella città non sta in casa, ma per strada o a lavoro. È quasi impossibile incontrare le persone nelle case, in famiglia. Come pastorale urbana cerchiamo la gente sul posto di lavoro. Ad esempio per Pasqua, proponiamo una preghiera con i cattolici presenti in uffici, negozi etc…». Questa pastorale negli “ambienti”, caratteristica della pastorale urbana, ha un riscontro positivo?«Sì. Faccio degli esempi: quando visitiamo i malati incontriamo anche i medici; visitiamo i carcerati e incontriamo anche le guardie. Con questo nuovo indirizzo pastorale cerchiamo, più di prima, di conoscere anche gli agenti del carcere, nell’ospedale i medici e gli infermieri, negli uffici i funzionari… Dialogando, proponendo un breve momento di preghiera, segnandoci i nomi delle persone che desiderano intraprendere un cammino di fede assieme noi. Così recuperiamo quella conoscenza reciproca che, attraverso le visite nelle case, non è più fattibile». Quindi di fatto nella città di Rio Branco non esiste una parrocchia come ce la possiamo immaginare noi.«Sì, ci sono. Ma la pastorale urbana non è per avere riscontro nelle parrocchie. Cerchiamo di creare un ambiente di missione, dove i cattolici fanno testimonianza. Se uno poi riscopre la fede, riscopre anche impegni in parrocchia». Certo incontrare medici, insegnanti, funzionari di stato negli uffici ministeriali di Rio Branco, potrebbe far pensare che vi dimenticate dei poveri. Recentemente avete dovuto affrontare gravi conseguenze per le alluvioni, con tanti sfollati e poveri.«Insieme alla pastorale urbana c’è l’attenzione alla periferia. E questo, lo dico con una battuta, è anche colpa del cambiamento climatico. Più seriamente: negli ultimi anni, a causa della grande crisi agricola e nell’estrazione della gomma, contadini ed estrattori di gomma si sono riversati a Rio Branco, andando a costruire le proprie case lungo le sponde del fiume. Quarant’anni fa ci dicevano “ogni 10 anni arriva l’alluvione”. Ora c’è tutti gli anni. E nel 2014 è stato disastroso. Con un progetto del governo federale è iniziata la costruzione di 10mila 518 case. Al momento ne sono state costruite 2500. Questa nascente “area missionaria” non appartiene a nessuna parrocchia. Al vescovo dissi di voler andare in quel nuovo quartiere, ma lui aveva in mente qualcosa di più innovativo. Così è nata la proposta che le 10 parrocchie di Rio Branco nominassero 10 missionari laici, per iniziare una visita in questo quartiere… Non tutte le parrocchie hanno risposto, ma comunque si è creato un momento formativo per questi “missionari diocesani”, poi c’è stata la programmazione della visita, fatta con l’unico intento di conoscersi. Abbiamo notato che per ora la Chiesa cattolica in questo quartiere, che diventerà una “piccola città”, raccoglie più attenzione e adesione rispetto alle chiese evangeliche, o alle proposte di varie sette. Abbiamo anche notato che il numero di bambini, adolescenti e giovani non battezzati è altissimo, segno che le parrocchie non sono riuscite ad entrare in contatto con loro. Ma stiamo recuperando, a piccoli passi. In una scuola, sempre in questo quartiere, celebriamo anche la messa domenicale per chi vuol partecipare, ma la maggior parte delle preghiere le facciamo nelle case di chi ci accoglie». Parlavi di chiese evangeliche, di sette… la proposta religiosa in Brasile è quindi composita. Come vi relazionate con le altre fedi?«La preoccupazione maggiore sono le sette, che hanno un approccio fondamentalistico e considerano tutti coloro che non ne fanno parte come dei “figli del demonio”. Anche con i pentecostali e i neo-pentecostali la situazione è complessa. Ci sono stati anche casi tristi di violenza e comunque di insulti verbali. Con le chiese evangeliche invece abbiamo un dialogo fruttuoso che dura da tempo e spesso preghiamo insieme, anche nella nostra Cattedrale». Però, se la situazione delle sette preoccupa così tanto, come Chiesa cattolica (ma anche le chiese evangeliche) fate qualcosa o vi disinteressate?«Come scelta di fondo la Chiesa deve premunirsi, cioè organizzarsi per affrontare queste realtà. Anche perché – lo vedo anche in Italia, so anche negli Stati Uniti – può venire un gruppo di proposte religiose che cominciano con il “mutuo soccorso psicologico”, per vincere la solitudine e i traumi, per meditare. Poi promettono prosperità, felicità, successo nel lavoro e negli affari. In tanti, in Brasile, anche grazie a una diffusione capillare sulle tv, ci cascano. Magari all’inizio non danno connotazioni religiose precise, ma lentamente uno entra in un meccanismo che alla fine crea dipendenza, di cui una persona non può più fare a meno e lì iniziano i problemi, le devianze, anche sociali. In alcune scuole è successo che delle insegnanti inserite dentro queste sette hanno fatto svolgere delle specie di “esorcismi” per ragazzi di altre espressioni religiose, questo con traumi e ricadute nella vita psichica e sociale di quei giovani inimmaginabili». Anche a Lucca si stanno diffondendo esperienze pseudo-religiose, come la Meditazione Trascendentale. Questa è stata proposta anche dentro una scuola pubblica. Offrono momenti di silenzio e meditazione, un rito iniziatico, cercano di associarsi con altre persone, promettono serenità e un aumento delle proprie potenzialità. Tutto sotto la giustificazione: «è scientificamente provato che funziona».«Sì, ne ho sentito parlare diffusamente e la cosa mi preoccupa. Ad una prima valutazione mi sembra qualcosa di simile a quello che fa Scientology. Sono fenomeni che si diffondono facilmente proprio perché “promettono” di far “stare meglio”, di migliorare le proprie capacità in famiglia, a scuola o nel lavoro. In Brasile, queste proposte che guardano anche alla spiritualità orientale sono per ora diffuse solo nelle grandi città, come Rio de Janeiro. Ma le sette cui mi riferisco, anche quelle neo-pentecostali, presenti a Rio Branco, non sono così dissimili da queste espressioni orientalistiche, almeno nelle promesse. Perché c’è quella che alcuni di noi chiamano “teologia della prosperità” che in sostanza dice: “se ti dai tutto a noi, al nostro gruppo, se partecipi, anche finanziandoci, avrai i più bei successi in tutti i campi”. Poi le delusioni sono enormi, tanto che abbiamo riscontrato con le statistiche ufficiali del governo un aumento dei “senza religione” proprio come reazione a queste proposte di religiosità materialista che in realtà non danno ciò che promettono». A Rio Branco come vi state organizzando per queste situazioni?«Per affrontare le sette, non oggi ma già dal 2007, abbiamo creato un Istituto di dialogo religioso, aprendo un dibattito con tutte le espressioni religiose, senza distinzioni o esclusioni. Certo, è un gruppo scelto, che non rappresenta tutte le chiese e le organizzazioni e ci sono persone che partecipano a titolo personale. Partecipano un prete, tre o quattro pastori, altri “sacerdoti” di religioni di matrice africana o indigena. Ma siamo riconosciuti ufficialmente dal governo, e per evitare il diffondersi di un certo fondamentalismo nelle scuole, luogo principale dove queste espressioni alla fine esplodono, abbiamo creato un piccolo libretto per gli insegnanti dove sono descritte le cinque principali religioni presenti a Rio Branco e nell’Acre. Se ce lo chiedono, andiamo nelle scuole per riunire professori e presidi, parliamo solo con loro, non con gli studenti. Ma l’intento dell’Istituto di dialogo religioso è solo quello di promuovere il rispetto e la tolleranza di altre religioni, per promuovere una reciproca conoscenza, per evitare ostracismi o forzature in luoghi delicati come quelli della formazione dei bambini e degli adolescenti. Senza dimenticare che in Brasile, come in Italia, la scuola pubblica è laica».