Vita Chiesa
Esorcismi: vescovi toscani, «accogliere» nel «rispetto delle leggi della Chiesa»
Quattro, secondo i presuli, i verbi indicatori del tipo di risposta che la Chiesa dovrebbe fornire: «annunciare», «benedire», «liberare» e infine «vigilare». Precise indicazioni pastorali «in modo che tutto avvenga nel rispetto delle leggi della Chiesa». Tredici milioni, secondo Codacons, gli italiani che nel 2013 si sono rivolti a maghi e chiaroveggenti. «Considerevole», scrivono i vescovi, «il numero di fedeli che si reca da sacerdoti e, a volte, anche da laici, per chiedere di essere liberati da possessioni e infestazioni diaboliche». Spesso, avvertono i vescovi, le risposte sono «sbagliate»: alcuni sacerdoti «si rendono disponibili» ad accogliere, ascoltare, benedire queste persone, e «a volte, anche ad esorcizzarle, in modo però non permesso, non uniforme e non coordinato». A volte sono laici a guidare le preghiere di liberazione.
Altri aspetti negativi, fa notare il documento, riguardano i «luoghi» dove avvengono questi riti. Come in chiesa, «in adunanze pubbliche, davanti all’Eucarestia solennemente esposta, con il rischio di alta spettacolarizzazione e con il pericolo di grave disorientamento dei semplici fedeli». Non di rado, il sacerdote passa tra i fedeli «benedicendoli uno per uno con il Santissimo Sacramento e quasi sempre si verificano fenomeni quali urla, parole volgari, bestemmie e cose del genere che turbano non poco i fedeli presenti e specialmente i bambini e i più deboli». E lo stesso avviene talvolta in case private, in «incontri di preghiera pubblici, anch’essi altamente spettacolarizzati e con gesti e riti che alimentano superstizione e fanatismo». Quando poi non si ricorre a «fotografie di persone assenti, per chiedere preghiere di liberazione e ottenere ‘diagnosi’ di possessioni diaboliche o di presenza di malefici». Fin qui la «denuncia», il «richiamo» a sacerdoti e fedeli, cui seguono le indicazioni pastorali.
La Chiesa, scrivono i vescovi toscani, dovrebbe «annunciare» il Vangelo, «benedire» nell’ambito dell’azione sacramentale, «liberare» gli oppressi «attraverso la forza salvifica di Gesù (il che può comportare anche preghiere di guarigione ed esorcismi) e infine «vigilare sul sentimento religioso e sulle pratiche con cui i fedeli esprimono la loro fede cristiana per evitare errori e deviazioni nei confronti della fede autentica e genuina». L’ultima parte del testo contiene una serie di «disposizioni normative», di cui la parte più consistente riguarda l’esorcismo, ribadendo prima di tutto che lo può fare «soltanto il sacerdote che ne abbia ottenuto speciale ed espressa licenza da parte del proprio vescovo diocesano e limitatamente al territorio diocesano». Si sottolinea anche l’importanza del discernimento, avvalendosi – se necessario – anche «della consulenza di persone esperte di medicina e di psichiatria individuate e approvate dal vescovo». In ogni caso – scrivono – «se una persona è affetta da disturbi psichici, praticarle preghiere di esorcismo sarebbe puramente illusorio e dannoso».
I vescovi toscani fanno anche divieto «di organizzare celebrazioni comunitarie di preghiere per ottenere la guarigione senza l’esplicito permesso scritto da parte del vescovo diocesano». E comunque tali preghiere – se autorizzate – «vanno elevate sempre in un clima di grande riservatezza e sobrietà, al fine di evitare ogni spettacolarizzazione, artificiosità e teatralità». Severamente proibito «benedire singolarmente i fedeli con il Santissimo Sacramento dell’Eucarestia al fine di ottenerne la guarigione o la liberazione dal maligno». Un paragrafo del testo si occupa di «un’espressione impropria: ‘Messe di liberazione o di guarigione’», ricordando che «Ogni S. Messa, in quanto tale, è sempre fonte di liberazione, perciò non esiste nel Messale un formulario specifico ‘di liberazione’ o ‘di guarigione’». Infine l’obbligo della «gratuità». Non si deve mai parlare di «compensi» per quanto ricevuto. «Le eventuali offerte», chiarisce il documento, «non solo devono essere assolutamente libere ma devono essere rigorosamente accolte secondo le indicazioni della legge della Chiesa (Cdc 848) e delle disposizioni della Cei».