Cultura & Società

Escrivà, un santo affascinato dall’arte e dalla terra toscana

DI COSIMO DI FAZIOFin dal 1946 il fondatore dell’Opus Dei fissò a Roma la sua residenza, ma è singolare notare come tra le altre regioni fosse la Toscana a registrare più a lungo la sua presenza. Monsignor Escrivà attraversò la nostra regione a partire dal suo primo sbarco in Italia, a Genova, il 23 giugno del ’46. Le strade, ad un anno dal termine della guerra, erano dissestate, ma quel 23 giugno, lungo l’Aurelia, i pensieri del beato Josemaria non riguardavano la fatica del viaggio bensì la ragione per cui si era dovuto spostare da Madrid a Roma, e cioè la necessità di richiedere un’approvazione pontificia che consentisse all’Opus Dei di svolgere il suo apostolato in tutto il mondo.

Il beato Escrivà sarebbe tornato in Toscana alcuni mesi dopo, all’inizio del 1948. Rientrando a Roma da Loreto, dopo un pellegrinaggio mariano, manifestò il desiderio di conoscere Firenze e Siena. Lo accompagnavano don Alvaro del Portillo ed altri due membri dell’Opus Dei. La mattina del 5 gennaio celebrò la Messa nell’altare laterale della chiesa di Santa Maria Maggiore. Prima di andare a Siena, fece un rapido giro per la città che mostrava ancora i pesanti segni delle distruzioni belliche, come le devastazioni dei lungarni. Andò a Santa Maria del Fiore, in piazza della Signoria, a Ponte Vecchio, a Pitti e a Boboli. Per quanto monsignor Escrivà non avesse l’abitudine di fare turismo nei suoi viaggi, ciò nondimeno nutrì una particolare sensibilità per le opere d’arte. Per questo, sin da allora cominciò a memorizzare tantissimi motivi artistici di stile toscano, che non a caso si sarebbero ritrovati nelle pale, negli oratori, negli altari realizzati fra gli anni quaranta e cinquanta nella sede centrale dell’Opus Dei a Roma. Era una copia chiaramente senese anche la Madonna con Bambino che presiedeva l’altare della prima casa dove abitò a Roma, in Città Leonina, e che aveva trovato presso un antiquario.

A proposito di arte, una persona dell’Opus Dei, oggi sacerdote, ricorda un episodio durante una delle permanenze del beato Escrivá a Montecatini. Quasi ogni giorno – dice questo testimone – si faceva un giro per le città toscane. Il 9 settembre 1955, in una escursione a San Gimignano, si accorse che monsignor Escrivà annotava diverse idee architettoniche per utilizzarle a Villa Tevere, la sede centrale dell’Opera.

Oltre che apprezzare la bellezza artistica, il beato Escrivà, sempre sensibile alla buona letteratura, sapeva cogliere pure l’armonia della lingua di Dante e non perdeva occasioni per ricordare ai suoi figli italiani che una lingua così ricca non poteva che essere uno strumento eccezionale per parlare di Dio in modo attraente. Con toni sereni, ma fermi, aggiungeva che dovevano evitarne un impiego un po’ fraudolento, confondendo le anime o alterando con bei discorsi i contenuti della fede e della morale. In tal senso uno dei suoi modelli più amati proveniva ancora dalla Toscana: santa Caterina da Siena. Ne aveva un’ammirazione così sincera, che la nominò fra gli intercessori dell’Opus Dei, affidandole la protezione dell’Opera nei mezzi di comunicazione sociale.

Monsignor Escrivà ricordò sempre anche le luci ricevute per trovare una soluzione all’accoglienza nell’Opera delle persone sposate durante una sosta forzata a Pisa. Quella notte si fermò presso l’albergo Nettuno (che oggi non esiste più: si trovava sul Lungarno e anni dopo fu trasformato in Casa dello Studente) e l’indomani il beato celebrò la Messa nella chiesa di San Frediano.

Per una singolare coincidenza, sempre in Toscana, il fondatore dell’Opus Dei tornò a occuparsi della vocazione delle persone sposate. Aveva l’abitudine di lasciare Roma d’estate, per lavorare in un luogo più fresco. Nel 1965, dal 9 luglio al 12 agosto, e nel 1966, dal 14 luglio al 17 agosto abitò nel Castello del Trebbio in Mugello. Quei giorni gli servivano per scrivere, assieme a don Alvaro, il commento all’istruzione redatta anni prima per le persone sposate dell’Opus Dei. Sempre nell’agosto del ’65, dopo il Trebbio andò a lavorare a Villa Pinzuto, una tenuta in località Tre Case, a pochi chilometri da Piancastagnaio sull’Amiata, che la proprietaria, una signora pisana, stava per vendere.

Le permanenze al Trebbio, a Piancastagnaio, a Montecatini, offrirono al fondatore dell’Opus Dei continue occasioni per conoscere quasi tutta la Toscana. Per questo è possibile riconoscere le tracce del suo passaggio non solo nei luoghi più celebri, ma anche negli angoli più insoliti. Fu a Cortona, in Casentino, ad Arezzo (dove gli piacque una immagine della Madonna, protetta da sportelli, che fece riprodurre a Villa Tevere); visitò e pregò nel Santuario di Montenero, come pure a Vallombrosa. E ancora: a Lucca, Pistoia, Forte dei Marmi, Grosseto. Persino a Suvereto, in Maremma vi è il ricordo di un suo passaggio, nell’ottobre del 1964, nella chiesa di San Guido.

In qualche modo, monsignor Escrivà in Toscana vi è rimasto, e non solo spiritualmente. Infatti, in Santa Maria del Fiore, nell’altare delle reliquie, accanto a quelle di grandi santi, come il Battista, san Giovanni Crisostomo, san Lorenzo, se ne trova anche una sua.