Cultura & Società
Erboristeria, cresce la passione ma guai al «faidate»
Salice, Achillea, salvia, timo, mirto, origano, camomilla, biancospino, iperico e molte altre, sono piante spontanee comunissime anche nel nostro territorio. Le foglie fresche di Achillea, ad esempio, sono usate sulle ferite come emostatico e cicatrizzante. Il mirto è ottimo per usi cosmetici (in particolare per detergere pelli grasse) ma è utilizzato anche nella preparazione di liquori, mentre il decotto per uso medicinale è sedativo della tosse. L’iperico (o erba di San Giovanni) è una pianta con molti usi medicinali: l’oleolito contro le ustioni, le ferite, le abrasioni, in polvere o tintura è ottimo come antidepressivo. Il biancospino aiuta il sonno, è un tonico blando per il cuore e un lieve sedativo. La menta è valida per aromatizzare le vivande, per uso medicinale è ottima per la digestione, mentre nelle nostre campagne si mastica per alleviare il mal di denti.
Un utilizzo fai da te delle erbe officinali è però sconsigliabile: ogni pianta, poiché ricca di principi attivi, se usata in maniera sconsiderata, può anche nuocere all’uomo.
Ne hanno parlato di recente in un convegno promosso da Enaip toscana (l’ ente di formazione professionale delle Acli) accademici e studiosi del settore.
In particolare come ci dice la professoressa Luisa Pistelli, presidente del corso di studi in tecniche erboristiche all’università di Pisa in Italia gli studenti iscritti a corsi di questo tipo sono attualmente tremila.
E una volta portata la pianta a casa? «Esistono spiega ancora Bargellini diverse preparazioni per identici e diversi tipi di piante: decotti, tinture, distillati, oleoliti, tisane. Difficile la definizione della dose: bisogna ricordare che alcuni principi attivi sono pericolosi come lo sono le medicine da cui derivano».
Insomma: «per un uso corretto di un erba officinale ci vuole molta esperienza e passione. Se non c’è meglio rivolgersi a degli esperti».
Inoltre ben il 70% delle donne medico vorrebbe un insegnamento di medicine non convenzionali all’Università, contro il 54% degli uomini. E sulle erbe al femminile il Centro di medicina naturale dell’Asl 11 di Empoli diretto dal dottor Fabio Fiorenzuoli ha organizzato un seminario di aggiornamento rivolto a medici, farmacisti, infermieri ed ostetriche. Il seminario si terrà mercoledì 8 marzo, festa della donna, nei locali del Centro di formazione dell’Asl 11 a Empoli in piazza Ristori 1. Occasione per parlare dell’impiego delle erbe tra le donne e per le donne, in particolare di quelle consigliate in gravidanza e durante l’allattamento o per il trattamento della sindrome premestruale e della menopausa. E per illustrare le proprietà medicinali della mimosa, emblema della festa della donna e della perilla, una pianta giapponese indicata nella prevenzione di molti disturbi femminili.
Ed alla vigilia della festa della donna, la mattina di lunedì 7 marzo, merita segnalare una iniziativa della Coldiretti di Livorno, ospite dell’azienda agricola «Il Poggetto» (poggettoerbe@libero.it ) a Valle di Lazzaro (Portoferraio), 5mila metri di coltivazioni di erbe aromatiche: mimosa, rosmarino, origano, nepitella, maggiorana, melissa e lavanda ed una titolare di azienda, Alessandra Ferrà appassionata di etnobotanica. Ovvero quella scienza che si occupa dell’uso delle piante nella tradizione locale: in cucina, nella cosmesi, nei rimedi ai piccoli malanni.
La maggioranza delle risposte (49%) appartiene alle regioni del nord, il 37% al centro, il 14% al sud. Quanto alla professione, tra i 1177 che hanno risposto al questionario c’è una predominanza di impiegati (28%) seguiti dai pensionati (27%). I liberi professionisti sono il 17%, gli imprenditori 11%, gli artigiani 10%, altri 7%. Piuttosto sorprendenti le risposte circa l’uso che delle medicine complementari si fa in famiglia: il 68% dichiara che le utilizzano tutti i componenti, il 22% solo la moglie, il 7% il marito, i figli 3%. Alle medicine complementari si arriva per semplice curiosità (21%), per condivisione della filosofia alla base di queste tecniche (48%), per volontà di fuga dalla medicina ufficiale (31%). Quanto alle informazioni ottenute dai media il 60% le giudica sufficienti, il 25% vorrebbe averne di più, il 15% le ritiene inadeguate. Infine un dato che le norme sull’etichettatura dei prodotti in commercio appena varate dovrebbero aver risolto: per il 60% le etichette sono poco chiare, il 25% le boccia e solo il 15% le giudica positivamente.