Italia

Energia, il Governo prova e rallentare i rincari, ma non si potrà fare sempre

Gas e luce servono alle famiglie e alle attività di impresa. Se i costi di produzione aumentano prima o poi si scaricheranno sui clienti. Con i soldi pubblici il Governo ha messo un freno agli aumenti che altrimenti sarebbero stati il doppio. Non si potrà fare sempre per tutti i rincari all’origine. Nel gran dibattito sull’energia di questi giorni bisogna ricordare che l’Italia è dipendente dal gas per il 39% del fabbisogno e le rinnovabili pesano il 19%

I rincari di ottobre sono arrivati. L’appesantimento trimestrale delle bollette della luce e del gas (rispettivamente +29,8% e +14,4%) è il segnale di un mercato spinto solo in parte dalla ripresa economica. Più preoccupante è che l’incremento derivi dalle difficoltà dei Paesi produttori e in generale da una catena di approvvigionamento che non sta funzionando per i semiconduttori, per ricambi di ogni tipo, materie prime alimentari e altro.Dopo quasi due anni di pandemia non si era pronti al gran rimbalzo. L’effetto, per energia e altro, è un aumento dell’inflazione che numerosi economisti ritengono temporaneo. In questi mesi metterà in difficoltà le famiglie che più hanno sofferto la perdita o la riduzione del lavoro, artigiani, partite Iva, commercianti, precari di ogni tipo mentre i dipendenti a tempo indeterminato hanno tenuto relativamente meglio. Il Governo italiano, così come in altri Paesi europei, ha scelto di caricarsi parte degli aumenti all’origine intervenendo con denaro pubblico, spegnendo un pericoloso contagio. Gas e luce servono alle famiglie e alle attività di impresa. Se i costi di produzione aumentano prima o poi si scaricheranno sui clienti.

Gran parte degli incrementi nascono dal sistema distributivo del gas: Russia e Norvegia non sono riuscite, per motivi diversi, a tenere il passo della domanda. Quest’ultima è esplosa con le necessità della Cina compratutto. I prezzi sono balzati anche per la componente più finanziaria legata agli Ets (Emission trading scheme), i cosiddetti permessi di inquinare che da ormai diversi anni vengono assegnati dalla Ue alle imprese. Chi produce meno CO2 rispetto alla quota assegnata può rivenderli alle aziende che non riescono a stare nel tetto. Questi diritti a inquinare, formula che può stupire ma premia chi si sforza nell’innovazione, aumentano di prezzo (+95% nel 2021) quando i meno virtuosi non ne possono fare a meno. L’onere finisce per scaricarsi sul prezzo finale. La Ue addebita l’80% del maggior costo dell’energia alle carenze alla produzione e il 20% agli Ets.

Con i soldi pubblici il Governo ha messo un freno agli aumenti che altrimenti sarebbero stati il doppio.

Non si potrà fare sempre per tutti i rincari all’origine.

Nel gran dibattito sull’energia di questi giorni bisogna ricordare che l’Italia è dipendente dal gas per il 39% del fabbisogno e le rinnovabili pesano il 19%.Le transizioni dei sistemi produttivi, secondo parte del mondo industriale, non saranno prive di costi. Paesi molto inquinanti potrebbero guadagnare quote di mercato a svantaggio dei “puliti”. Le imprese energivore chiedono più tempo anche se – come tutti – si stanno rendendo conto che sul clima siamo molto in ritardo.