Toscana

ELEZIONI EUROPEE: LE REAZIONI DELLE CONFERENZE EPISCOPALI

La scarsa affluenza alle urne e i risultati delle prime elezioni europee dopo l’allargamento non sorprendono i rappresentanti dei vari episcopati europei che si mostrano, invece, preoccupati per un “certo euroscetticismo diffuso”. “Quando si vuole costruire un’Europa basata solo sul piano economico e sulla moneta unica – dice al Sir il presidente dei vescovi greci, l’arcivescovo di Atene, mons. Nicolaos Foskolos – il rischio che si corre è quello di vedere i cittadini allontanarsi. Serve pensare ad un’Europa di valori condivisi quali quelli cristiani. In Grecia, tuttavia, il 70% degli elettori ha mostrato interesse per l’Ue premiando, stando ai primi risultati, “La nuova Democrazia” del premier Costas Karamanlis. Forse ha giovato una certa distanza del Governo dalla questione irachena”. “Tra i possibili eletti all’Europarlamento – annota ancora l’arcivescovo – dovrebbe esserci anche un rappresentante della Coalizione popolare ortodossa, gruppo legato alla Chiesa ortodossa, segno di un certo risveglio del fondamentalismo ortodosso che non agevola il dialogo ecumenico”.

“A Cipro sono stati premiati i partiti che vogliono l’isola divisa – dichiara il Vicario latino di Nicosia, padre Umberto Barato – quasi un’onda lunga del referendum di aprile scorso sulla riunificazione dell’isola tenutosi poco prima dell’allargamento del 1 maggio. Va detto – ricorda – che a votare sono stati solo i greco-ciprioti che al referendum avevano respinto il piano Annan per la riunificazione”. Per Marian Gavenda, portavoce dei vescovi slovacchi “le elezioni in Slovacchia sembrerebbero confermare una bassa affluenza alle urne, stimata intorno al 20% (fino a tarda sera di ieri non erano stati resi noti exit poll e proiezioni, ndr.). Slovacchi euroscettici? Forse. Ma la colpa è stata di una campagna elettorale priva di contenuti e di programmi e molto superficiale. Se la Chiesa non avesse fatto un appello per il voto avremmo avuto ancora meno votanti. I primi risultati sembrano dare ragione alla coalizione di destra al governo seguita dal partito di centrosinistra Smer dell’avvocato populista Robert Fico. Per l’Europa c’è molto da lavorare”.

Come in Slovacchia anche in Slovenia si registra un forte astensionismo. “Dai dati che abbiamo risulta che ha votato solo un elettore su cinque – afferma don Andrej Saje, segretario generale della Conferenza episcopale slovena -. Smentendo i risultati della vigilia il centrodestra ha superato la coalizione di Governo di centrosinistra, in carica dal 1991. A questo punto sarà interessante vedere i riflessi di questa votazione all’interno del Paese. Siamo in linea con altri Paesi dove il partito al governo è uscito sconfitto”.

In Ungheria mons. Andràs Veres, segretario della Conferenza episcopale ungherese (che già prima delle elezioni si era espressa con una nota che invitava i cristiani ad andare a votare e a verificare quali partiti rispettassero i valori cristiani) auspica che “la vittoria dei conservatori possa portare avanti al Parlamento europeo il processo già avviato da tempo, che chiede la presenza dei valori cristiani nella Costituzione europea e nelle leggi della futura Europa”. A suo avviso il massiccio astensionismo nei dieci nuovi Paesi membri è dovuto al fatto che “i governi non hanno fornito ai cittadini informazioni sull’Ue e sul Parlamento europeo, non hanno parlato del significato di queste elezioni. La gente semplice non ha capito di cosa si trattasse”. L’astensione alle urne ha fatto segnare ieri in Francia un tasso da record. Oltre il 56% dei francesi ieri non ha votato, superando di tre punti percentuali il tasso di astensione alle ultime elezioni europee del ’99 (53,24%). “Sono molto rattristato – commenta al Sir mons. Hippolyte Simon, vescovo di Clermont – questo risultato significa che la questione europea non è ancora sufficientemente compresa dagli elettori e che i responsabili politici non hanno fatto un buon lavoro di pedagogia per spiegare l’Europa come invece avrebbero dovuto fare”. Secondo il vescovo, sull’astensione dei francesi ha influito una campagna elettorale debole e “soprattutto paralizzata dalle questioni nazionali”. “Per me, che sono di origine della Normandia – aggiunge il vescovo – sono ancora più rattristato perché la settimana scorsa abbiamo celebrato il 60 anniversario dello sbarco di Normandia. Oggi vedo il contrasto tra il sacrificio che è stato compiuto 60 anni fa dalle persone che sono venute per liberare l’Europa e il disinteresse e la negligenza degli elettori che hanno disertato ieri le urne”.

“In Svezia molti sono scettici verso l’Unione Europea e chiedono che la Svezia lasci l’Europa. Ciò si registra soprattutto nell’entroterra, nel nord del paese e tra le classi lavoratrici, dove hanno votato meno del 26%”: lo dice Maria Hasselgren, dell’ufficio stampa della diocesi di Stoccolma. “Ha inoltre suscitato molto scalpore – prosegue Hasselgren – il fatto che il partito Junilistan, nato solo quattro mesi fa, abbia conquistato il 14,6% dei voti. I suoi votanti non chiedono di lasciare l’Ue, ma non vogliono nemmeno che Bruxelles gestisca troppo potere, chiedendo che venga mantenuta la sovranità nazionale più ampia possibile”. Secondo la collaboratrice del vescovo di Stoccolma, mons. Anders Arborelius, “in genere per i cattolici appartenere all’Ue è considerata una cosa buona. Specialmente per coloro che rappresentano la prima o seconda generazione di immigrati che hanno le loro ‘radici’ in altri paesi europei: quali ad esempio polacchi, italiani, croati, ungheresi, tedeschi, irlandesi. Per tutti costoro è piuttosto naturale sentirsi ed essere ‘europei'”.Sir