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ELEZIONI, E’ GUERRA RICORSI,A RISCHIO CIRCA 33 MLN SCHEDE

L’ Avvocatura dello Stato in Cassazione contro il Consiglio di Stato; il dc Giuseppe Pizza al Tar del Lazio contro il Viminale e, come se non bastasse, l Avvocatura dello Stato contro il Tar dell’Abruzzo, sempre in Cassazione: sulla decisione del Consiglio di Stato di riammettere la Dc di Giuseppe Pizza alle elezioni politiche del 13 e del 14 aprile è guerra di ricorsi. Il giorno decisivo sarà l’8 aprile: si riuniranno sia le sezioni unite civili della Cassazione ed esamineranno tre ricorsi dell’Avvocatura dello Stato sia il Tar del Lazio per decidere nel merito sul ricorso del dc Pizza. Nell’attesa il Viminale è in fibrillazione: il rischio, tra l’altro, di mandare al macero oltre 32 milioni e mezzo di schede comunque si risolvano i contenziosi giudiziari. La Dc di Pizza si è presentata al Senato in 12 regioni – Sicilia, Calabria, Puglia, Campania, Abruzzo, Molise, Lazio, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Liguria e Sardegna – dove gli elettori sono appunto circa 32 milioni e mezzo (complessivamente gli elettori al Senato sono circa 43 milioni e alla Camera circa 47 milioni). E questo sarà il numero delle schede che dovranno essere distrutte e ristampate. C’é anche il problema degli elettori all’estero, nell’insieme circa tre milioni, tra i quali i militari in missione, i diplomatici e ricercatori e professori universitari. Pizza non si è presentato nella circoscrizione estero, ma chi si trova temporaneamente fuori Italia dovrà votare con schede contenenti il simbolo riammesso. Tra questi elettori diversi hanno già votato e rispedito il plico e dunque la soluzione si preannuncia difficile. L’Avvocatura dello Stato sostiene che è una procedura in corso e che non si può fermare, ma Pizza non molla e lancia una specie di ultimatum, appellandosi al presidente Napolitano e al ministro Amato: chiudere la vicenda entro le 14 di domani, pena la minaccia di uno slittamento delle elezioni con il ricorso al giudice amministrativo per una esecuzione coattiva. D’altronde il nodo dell’intera gigantesca querelle risiede proprio nel chiarire se la giustizia amministrativa abbia competenza ad occuparsi di questioni elettorale. Finora la giurisprudenza di piazza Cavour ha sempre escluso la competenza dei giudici amministrativi non solo in relazione alle valutazioni del risultato elettorale, ma anche a tutte le fasi del procedimento preelettorale. La competenza sarebbe soltanto del Parlamento. Replica Paolo del Mese, esponente del partito di Pizza, il quale ricorda all’Avvocatura che “la Giunta per le elezioni al Senato con due recenti decisioni, condivise dalla Giunta per le elezioni alla Camera, ha stabilito che la fase di ammissione di simboli e liste non rientra nella competenza del Parlamento, e che la stessa è riservata agli organi giurisdizionali”. I RICORSI IN CASSAZIONE: le sezioni unite civili della Cassazione decideranno se accogliere o meno i tre ricorsi presentati dall’Avvocatura dello Stato contro decisioni della giustizia amministrativa. Oltre al ricorso a nome del Viminale contro la decisione del Consiglio di Stato – l’Avvocatura ha presentato un altro ricorso contro una decisione emessa dal Tar dell’Abruzzo che ha sospeso i provvedimenti di esclusione della Dc di Pizza dalla competizione elettorale. Contro il Consiglio di Stato, in realtà i ricorsi sono due: uno con il quale si contesta nel merito il provvedimento del Consiglio di Stato e l’altro con il quale si chiede il regolamento preventivo di giurisdizione.IL RICORSO AL TAR DEL LAZIO: entrerà nel merito e la sentenza che sarà pubblicata chiuderà formalmente il giudizio davanti al Tribunale. Lo scorso 20 marzo il Tar del Lazio aveva con un’ordinanza declinato la giurisdizione del giudice amministrativo in questa specifica fase di giudizio. Il partito di Giuseppe Pizza chiede al Tar, alla luce della decisione del Consiglio di Stato, di annullare, tra l’altro: la decisione dell’Ufficio elettorale centrale nazionale presso la Corte di Cassazione con la quale l’8 marzo è stata respinta l’opposizione proposta contro il provvedimento di esclusione da parte del Ministero dell’Interno; il provvedimento del Ministero dell’Interno che ha invitato a sostituire il contrassegno; la decisione dell’Ufficio elettorale regionale del Lazio presso la Corte d’appello di Roma con la quale il 10 marzo la lista del Partito della Democrazia Cristiana non è stata ammessa alle elezioni politiche. (ANSA).