Cultura & Società
Elena, la madre di Costantino che ritrovò la santa Croce
Elena Flavia Giulia Augusta non nacque nobile e neppure ricca, a differenza di molte sante del suo tempo che furono principesse, ma giunse ai più alti fastigi dell’impero dall’umile condizione di figlia di un oste, ed essa stessa forse lavorò nella locanda paterna. Sant’Ambrogio dice appunto che era stabularia. Nacque a Drepane (Drepanum) in Bitinia, intorno alla metà del III secolo. Dobbiamo immaginare che fosse bella, se il tribuno Costanzo Cloro nel 270 se ne innamorò e la sposò, non si sa se come sposa effettiva o come concubina: erano allora ambedue pagani e i matrimoni erano ambedue possibili. Da loro nacque Costantino e l’unione continuò fino al 293, quando Costanzo Cloro venne nominato Cesare da Diocleziano, che lo obbligò a ripudiare Elena, essendo incompatibile per la sua nobiltà acquisita l’unione coniugale con persona d’origine plebea.
Elena subì l’umiliazione, con la perdita della sua famiglia, del marito, del figlio e della rilevante posizione sociale che aveva, ma si ritirò in silenzio e umiltà, senza recriminare, conducendo vita esemplare. Tuttavia, quando Costantino nel 306 fu acclamato Augusto a York dalle legioni della Britannia, la sua vita mutò ancora e, improvvisamente chiamata a corte dal figlio, fu posta nella più alta dignità, come nobilissima foemina. Quindi quando Costantino divenne totius orbis imperator, ebbe il titolo di Augusta.
Come e quando avvenne la conversione al Cristianesimo della madre e del figlio non è molto chiaro: lo storico Eusebio afferma che fu lui a convertire lei, ma potrebbe essere un atto di cortigianeria. In effetti, vedendo le opere dell’uno e dell’altra, parrebbe che le cose andassero in modo opposto: Costantino attese l’avvicinarsi della morte nel 337 per ricevere il battesimo.
Cristiana e potente, Elena interpretò la sua nuova parte nel senso migliore: potendo attingere al tesoro imperiale se ne servì facendo del bene: nei suoi viaggi soccorreva quanti avevano bisogno, provvedendo alle necessità addirittura di città intere. Dalle sue mani passavano fiumi di beni, alimenti, indumenti, denaro per i bisognosi e provvide a liberare prigionieri dalle carceri, dalle miniere, a rimpatriare esiliati. A questo accompagnò una vita esemplare, una modestia, una grande umiltà, disdegnando il lusso e gli agi della sua condizione. Vestiva modestamente e si confondeva con la gente comune per partecipare alle funzioni religiose, invitando gl’indigenti alla sua tavola e servendoli con le sue mani, come un giorno faceva alla locanda paterna.
Dovette avere anche una certa cultura, una notevole vita interiore e coltivare con amore le sacre scritture e la figura di Cristo, se in tarda età sentì il bisogno di partire per l’Oriente e visitare i luoghi dove era vissuto Cristo e dove era nato il Cristianesimo.
I suoi viaggi avvennero realmente. Intorno a lei, credo, doveva essersi formato un gruppo di ricercatori, studiosi, religiosi dediti a pratiche particolari del culto, per i quali i luoghi, gli oggetti, i segni concreti della vita del Salvatore, costituivano altrettanti simboli o vie d’interpretazione del messaggio cristiano. Seguendo un interesse diffuso e con grande intuizione, Elena inizia nella Terra Santa un’attività non più estemporanea o casuale come quella dei pellegrini, ma una ricerca quanto possibile sistematica e organizzata, disponendo praticamente di risorse illimitate. Ripercorre così i luoghi della vita del Signore, individuandoli con scavi, ricerche e definendoli con edifici. Inizia così a proteggere i reperti e procede alla costruzione di basiliche nei punti fondamentale della vita di Cristo: la Basilica dell’Anastasis sul sepolcro, la Basilica della Natività a Betlemme, la Basilica dell’Ascensione sul Monte degli Ulivi. In pratica il pellegrino che anche oggi visita i luoghi santi si appoggia all’opera di Sant’Elena e segue la sua prima traccia. A questi tempi ne vanno aggiunti altri a Costantinopoli e a Roma, dove fece edificare Santa Croce in Gerusalemme.
La storia si trova narrata nella Leggenda aurea di Jacopo da Varagine che la raccoglie da altri. Dice che Elena, giunta a Gerusalemme, chiese alle autorità se conoscevano il luogo nel quale si trovava la Croce della Passione di Cristo. Solo un tale di nome Giuda lo sapeva e fu costretto a rivelarlo calandolo senza cibo in un pozzo. Si scavò nel luogo indicato dove vennero fuori tre croci che furono esposte nella piazza di Gerusalemme. Ora avvenne che passò di là un funerale e Giuda suggerì di porre sulle tre croci il cadavere. Deposta la salma sulla prima croce non accadde nulla, così quando si provò sulla seconda, ma sopra la terza il morto riprese vita e si conobbe quale fosse la Croce di Cristo.
Fu ancora Giuda a ritrovare anche i chiodi della Crocifissione. La loro destinazione è controversa, ma la più nota è che Elena con questo ferro fece fare un morso per il cavallo di Costantino e un diadema, che oggi si vuole sia la Corona Ferrea. La stessa Leggenda Aurea suggerisce altre destinazioni per i chiodi, così come per quello che riguarda la Croce, della quale la stessa Elena avrebbe preso una parte per portarla al figlio, collocandola nella basilica romana fatta da lei innalzare. Il resto, racchiuso in una teca preziosa, fu lasciato a Gerusalemme. Secondo un’altra tradizione la Croce rimase intera a Gerusalemme.
Elena morì presumibilmente tra il 338 e il 330, assistita dal figlio, a circa ottanta anni in un luogo che è rimasto sconosciuto. Il corpo venne trasportato a Roma e posto in un mausoleo di forma rotonda, con cupola. Si trovava sulla Via Labicana, ad duos lauros (Torpignattara) e il corpo era racchiuso in un sarcofago di porfido.
Una seconda tradizione vuole che il presbitero Teogisio abbia preso le spoglie da Costantinopoli, portandole in Francia nell’840, nell’Abbazia di Hautvilliers presso Reims. Dopo la Rivoluzione Francese sarebbero state trasportate nella Cappella della Confraternita di Santa Croce nella Chiesa di Saint Leu a Parigi.
Per un’altra testimonianza il corpo di Elena sarebbe stato posto nella Basilica dell’Ara Coeli, a Roma, dal Papa Innocenzo II nel 1140.
Ancor prima di essere cristiana Elena aveva mostrato mitezza e disinteresse per le cose del mondo accettando la sventura, ritirandosi al momento del ripudio senza recriminare, senza usare espedienti, segno che poco potevano le seduzioni della potenza e della ricchezza sulla sua anima sostanzialmente sana, onesta e forte. Divenuta cristiana seppe trasformare un ruolo decorativo, una vita destinata al piacere, una posizione di potere in un esercizio delle virtù, proprio in quell’ambiente e in quella posizione che avevano visto le gesta di Agrippina, Messalina, Poppea.
I temi più trattati sono gli episodi riguardanti la scoperta e l’identificazione della Croce, sui quali esistono infinite opere, disegni, incisioni, affreschi.
Il pittore infatti pone al sommo della storia, nel lunettone in alto a destra, la pianta che sorge dalla tomba di Adamo, il primo uomo colpevole del primo errore, dal cui sepolcro sorse il legno, destinato ad essere lo strumento del felice futuro riscatto. L’Albero di Adamo cresce, diviene immenso: Salomone ne ricava un ponte e la Regina di Saba, che giunge là dal suo regno, predice che quel legno sarà la salute per i cristiani e la fine del regno dei Giudei. Salomone, temendo per il suo popolo, lo sotterra, ma la tavola nascosta opera miracoli e infine riappare. Viene così presa per fare la croce di Cristo e scompare di nuovo per altri duecento anni, finché la scopre Sant’Elena (Invenzione della Croce, che si festeggia il 3 Maggio), madre dall’Imperatore Costantino il quale, vedendo in sogno il simbolo, si converte e con quel segno vince Massenzio. La croce, ritrovata da Elena grazie ai suoi miracoli, viene custodita in Gerusalemme per trecento anni, finché il re persiano Cosroe Parviz, conquistando la città santa, la ruba e la usa per il suo trono. Quattordici anni dopo, nell’anno 628, gliela toglie l’imperatore Eraclio, che lo vince in battaglia e riporta umilmente la Croce a Gerusalemme: è quella che si chiama l’Esaltazione della Croce (festa il 14 settembre) la cui rappresentazione appare nel lunettone in alto, di fronte a quello nel quale è iniziata la sacra storia.