Pisa

Educazione alla fede:questione di atteggiamenti

La pastorale è una pedagogia dell’incontro e affinché l’incontro fra Dio e l’uomo avvenga, occorrono persone che siano come l’asino che portava Gesù in Gerusalemme: umili ma importanti cavalcature per il re dei re che non si inorgogliscono per gli osanna, perché sanno che sono per Gesù, né si abbattono per i «crocifiggilo» perché sanno che ancora una volta purtroppo sono per Gesù. Umili cavalcature che portano Gesù, persone che servono la pastorale dei ragazzi con i loro atteggiamenti feriali, quotidiani, nascosti, spesso senza che nessuno dica loro grazie: il Signore che vede nel segreto non mancherà di ricompensarli.Proviamo ad esplicitare gli atteggiamenti che maggiormente dovrebbero contraddistinguere un educatore della pastorale dei ragazzi. TrasparentiOgni educatore nella comunità cristiana è tale in forza di una chiamata, di un carisma ricevuto dal Signore per manifestare il volto paterno e materno della Chiesa che di tutti si prende cura, affinché ciascuno sia raggiunto dall’annuncio di salvezza.Si è educatori nella Chiesa non tanto in forza di un desiderio personale bensì di un mandato ricevuto dalla comunità cristiana.È la comunità il soggetto educante, l’educatore è chiamato a manifestarla, ad essere segno di essa. Porta voceGli educatori sono chiamati ad essere portavoce delle domande, delle attese, delle speranze dei ragazzi. Essi che hanno modo di essere ascoltati nella e dalla comunità più dei ragazzi, debbono far risuonare in essa le parole dei ragazzi e contemporaneamente aiutare la parrocchia e la diocesi a prestare più ascolto alla voce dei più piccoli. Capaci di collaborareLa famiglia e la comunità, è ben noto, sono i soggetti educativi principali nella Chiesa. Gli educatori pertanto, essendo espressione della comunità non possono agire e operare riferendosi solo a quest’ultima, perché dimenticherebbero un soggetto educativo primario: la famiglia.Essi devono essere in continua collaborazione con la comunità perché l’azione educativa di una parrocchia non è mai opera di un singolo, ma frutto di molteplici interventi personali e comunitari. Radicati in una soggettività educativa cristianaLa fede cristiana è un dono di Dio che raggiunge tutti gli uomini di buona volontà per mezzo dello Spirito Santo. Lo Spirito Santo opera e si manifesta principalmente seguendo la logica della redenzione che è quella dell’incarnazione, ovvero per mezzo dell’umanità salvifica di Cristo, oggi grazie al mistico corpo di Cristo che è la Chiesa.La Chiesa non conosce dallo Spirito altra via per condurre alla fede che quella della testimonianza.Un educatore favorisce la «traditio fidei» nella misura in cui è testimone di ciò che annuncia. Non solo: il Signore ha mostrato come essere educatori, ma ha anche invitato a fare altrettanto. Un educatore sarà tale se è persona che ha meditato e medita continuamente l’agire di Dio verso il suo popolo. CompetentiL’educatore, impegnato a manifestare pienamente i doni ricevuti dal Signore e ad assolvere la missione ricevuta, sarà educativamente competente e in continuo dialogo con le nuove generazioni per percepirne la loro domanda di vita, per entrare nella loro realtà personale e dire poi una Parola che sappia illuminare l’esistenza ed essere per i ragazzi rilevante, significativa, irrinunciabile. Intorno ai giovani della parrocchia dovranno ruotare anche altre figure:– animatori liturgici che educhino i ragazzi a vivere il giorno del Signore e tutto l’anno liturgico insieme a tutta la comunità parrocchiale;– persone che condivideranno con i ragazzi esperienze di carità, di incontro con Gesù che vive nel povero, nel sofferente, nell’ affamato, nell’emarginato.– operatori del tempo libero ( animatori di oratorio, animatori sportivi).Queste molteplici competenze educative possono essere riassunte in una sola persona? Non è consigliabile, anche se, di fatto, a volte, è così per tanti educatori i quali vivono con i ragazzi molteplici esperienze educative (catechistiche, liturgiche, caritative, ludiche-sportive). ProgettualiÈ questa la caratteristica più richiesta oggi ad un educatore che intenda promuovere e sostenere nella sua parrocchia, nella sua diocesi, un’organica pastorale dei ragazzi.È la più nuova ma è anche fra le più difficili proprio perché non ha precisi e possibili riscontri nell’immediato passato.Avvertire l’esigenza di una progettualità educativa, pensarla, architettarla, costruirla pian piano, avviare poi un serio lavoro annuale alla luce di un programma preciso, non è facile.Quanto allo stile da assumere: l’animatore dovrà dare la propria disponibilità a mettere in discussione o almeno a verificare ciò che sino ad oggi si è fatto; dovrà studiare i documenti che l’episcopato italiano ha elaborato in proposito e con esso gli uffici della conferenza episcopale, nonché gli scritti che la diocesi ha prodotto in merito. Dovrà accettare il confronto con tutti gli altri operatori della pastorale dei ragazzi, in primis ovviamente il parroco, per far crescere in parrocchia la consapevolezza di questa urgenza pastorale. Dovrà avere l’umiltà di imparare da chi su questi temi può essergli di aiuto e sostegno (tra gli altri le équipe degli uffici pastorali della diocesi).Dovrà far conoscenza di esperienze parrocchiali ove si è già iniziato a elaborare un progetto di pastorale dei ragazzi. Esser capace di stare al proprio posto assolvendo al meglio l’incarico ricevuto vincendo la tentazione sia di voler essere tutto (da catechista a direttore del coro, ad allenatore della squadra di calcio) o di cambiare ruolo continuamente, pena un servizio educativo notevolmente superficiale.Manifestare la volontà di essere un po’ meno individualista nella conduzione del proprio gruppo per imparare a «remare» con gli altri, per acquisire la capacità di camminare insieme. Ciò vorrà dire valutare e far valutare, come una continua ricchezza per tutta la comunità, per tutta la pastorale dei ragazzi le originalità e le modalità tipiche di essere e di agire dei vari soggetti della pastorale, ivi comprese le realtà associative , AC , AGESCI , CSI , in particolare.