Cultura & Società
Educare i cittadini alla legalità
di Luigi Cappugi
Tutto ciò è aggravato dalla crisi economica, ma non dipende dalla crisi economica: è problema che è da tempo presente nel nostro corpo sociale ed è irrisolto. Non è questione morale o peggio moralistica. È problema che prima di essere etico, prima di toccare i valori fondanti di qualsiasi società sana, concerne il buon funzionamento delle istituzioni, è problema di politica economica, è problema di cultura delle regole che ogni comunità deve condividere per potersi sviluppare correttamente, per poter avere dentro di sé anticorpi, contrappesi, logiche, senso e memoria della storia, tali da autocorreggere le derive pericolose cui stiamo assistendo, ed infine potersi sviluppare economicamente per ridurre (e non aumentare) le differenze tra ricchi e poveri, in modo corretto e condiviso.
La «sbornia» è passata. Siamo tornati con i piedi per terra: stiamo iniziando a rivalutare serietà, sobrietà, lavoro, applicazione (in definitiva moralità). Alla base della teoria dello sviluppo, vi è l’accettazione consapevole di un presente mai facile in cambio di una fondata e costruita speranza di un domani che si spera migliore e meno incerto dell’oggi. Siamo tornati, dopo secoli, attraverso percorsi particolari e un po’ misteriosi (provvidenziali?), a riconoscere attualità ed efficacia scientifica ad una «via pastoral-pedagogica» di uscita dai nostri problemi mondani (si vedano i lavori di D.North (Nobel), ed il recentissimo «animal spirits» di Akerlof (Nobel) e Shiller, per trovare conferme inaspettate di questa conclusione). Lo sviluppo economico, il benessere nostro e dei nostri figli, trova radici nei nostri comportamenti, nelle nostre «pulsioni», che vanno «educate», indirizzate «verso il bene», senza più credere in improbabili «vitelli d’oro» , misteriose «mani invisibili», od altro. Corruzione, malaffare, malgoverno, egoismo ed egotismo, fanno male allo sviluppo economico: non c’è alcun dualismo tra valori etici e buona politica, tra essere per bene e sviluppo economico. I «nostri» premi Nobel dicono proprio che i comportamenti virtuosi sono condizione necessaria per lo sviluppo economico.
Ed ora la proposta. La rete delle parrocchie dovrebbe essere indirizzata a costruire una nuova cultura per la riforma dei valori dello Stato. Dovrebbe essere indirizzata per costruire una cultura di gestione della cosa pubblica che faccia perno sui valori cui deve fare riferimento ogni società sana, senza alcun compromesso, comunque giustificato o giustificabile da fini apparentemente superiori.
Il modo di organizzare tutto ciò viene dopo (internet, videoconferenze, etc.etc.). Prima deve venire la consapevolezza che i danni sociali ed economici che derivano al nostro paese dai fatti di cui al punto 1, sono intollerabili. Si deve agire, con un programma «pastoral-pedagogico» che faccia chiarezza nella coscienza e nell’intelletto dei fedeli del «costo» che certi comportamenti hanno nel breve e certamente avranno nel medio termine. Si devono indicare le ipotesi di soluzione. Meglio tardi che mai.
Probabilmente ci sono le condizioni per riavviare da parte della Cet un discorso con un Documento che riprenda, in un contesto storico diverso e anche con contenuti aggiornati all’evoluzione dei tempi attuali, il testo significativo sull’«educazione alla legalità» degli inizi degli anni ’90.
Per non fermarsi allo stadio delle dichiarazioni, sarà però importante che ad esse seguano delle direttive pastorali condivise dai Vescovi e trasferite in iniziative concrete che vedano coinvolte le strutture ecclesiali in rapporto alle diverse realtà e ambiti della vita civile.
Ci si può chiedere se una sede appropriata per tutto ciò non possano essere i lavori preparatori della 46ª Settimana Sociale, il cui svolgimento è previsto per ottobre prossimo.
Nel testo di presentazione elaborato dal Comitato Scientifico e Organizzatore si ritrovano molti spunti e interrogativi circa le problematiche descritte.
Ci sono molti anni di lavoro possibile per stimolare sensibilità e assunzione di responsabilità in un’ottica di servizio che aiuti ad andare oltre le categorie oggi usurate della dialettica politica.
Sarebbe però necessario che questo impegno di analisi, di riflessione e di iniziativa venisse assunto come una priorità della Chiese toscane e italiana e non fosse vissuto come un adempimento burocratico destinato a rimanere sterile.