Una parola, «evangeducando», dal sapore un po’ salesiano, un po’ scherzoso, destinata a diventare il tormentone del nuovo anno pastorale; tante questioni aperte, come ad esempio l’esigenza di essere punto di riferimento di fronte ad una realtà caratterizzata da una molteplicità di agenzie formative. Questi gli elementi che hanno caratterizzato l’assemblea diocesana di quest’anno che si è svolta nella chiesa di San Leo ad Arezzo.Come dodici mesi fa anche in questa occasione protagonista dell’assemblea è stato un salesiano, don Vito Orlando, docente della facoltà di scienze dell’educazione presso la pontificia università salesiana. EMERGENZA EDUCATIVA. «Le nostre comunità – ha detto il salesiano – di fronte ad un’emergenza educativa che interroga sempre di più tutti noi, devono mettere in campo una “pastorale educante”, una pastorale cioè che comprenda realmente che ogni attività, ogni iniziativa, ha senso ed è realmente efficace solo se riesce ad essere attenta alle “persone concrete”, prendendosene cura e non dimenticando che “Dio ama tutti e chiama ciascuno per nome”». Il messaggio lanciato dal salesiano è stato chiaro: serve una pastorale che coinvolga le persone e non le escluda, una pastorale che assuma la sensibilità che è propria dell’educazione. Una pastorale che educhi evangelizzando e che evangelizzi educando, in una parola: evangeducando. «”Evangeducare” – ha spiegato don Orlando – significa declinare l’impegno della nuova evangelizzazione nella Chiesa del terzo millennio, per promuovere l’umanità di ciascuna persona e un’identità cristiana matura».LA COMUNITÀ. Se la persona è il punto di riferimento, la comunità deve essere il «soggetto educante». «Non si educa in nome proprio, non si educa da soli. La pastorale educante, in questo senso, deve far acquisire consapevolezza di essere comunità ecclesiale educante, di costruirsi come tale e di riappropriarsi del suo ruolo educativo. È proprio la comunità che deve far convergere e interagire la carità pastorale e la maternità ecclesiale per aprire la vita alla speranza di pienezza e di verità». Luogo di riferimento per l’attività pastorale-educativa della comunità cristiana è la parrocchia, «luogo concreto in cui si attivano i processi educativi, le relazioni tra le generazioni, l’iniziazione cristiana. Nelle parrocchie la Chiesa educante si fa servizio alla gente, può entrare nel circuito di rete che tende a formare una comunità territoriale educante, per esprimere solidarietà concreta con il mondo, entrare in sintonia con le attese più profonde del cuore dell’uomo».LE PARROCCHIE. «Sono tanti i dubbi e le incertezze – ha aggiunto il salesiano – che le nostre parrocchie si trovano di fronte in una realtà in profondo e rapido mutamento. Proprio per questo è necessario oggi più che mai ripensare la pastorale educante della comunità parrocchiale e porsi in dialogo con il mondo che ci circonda. Fondamentale da questo punto di vista diventa la reciprocità: non è solo l’educatore che educa l’educando, ma può accadere anche l’inverso.Tutte le persone coinvolte in un itinerario di fede si devono lasciare educare». Fondamentale è poi non avere paura di aprirsi al mondo: «Si deve superare la chiusura in se stessi e iniziare a dialogare e collaborare anche con le altre strutture educative del territorio. La pedagogia cristiana, infatti, non va pensata dentro in opposizione a fuori ma nel contesto di vita.«FORMARE GLI EDUCATORI»La grande sfida, ancor più dell’emergenza educativa che coinvolge i giovani, sta nell’educare gli educatori». Così monsignor Gualtiero Bassetti coglie i tanti spunti nati dall’assemblea diocesana di San Leo. «L’educatore – spiega il presule – deve essere il primo ad essere convinto che è innanzitutto lui l’educando. Bisogna capire che i ragazzi diventano un “problema” se sono prima gli adulti ad esserlo». Farsi educare e porsi in ascolto degli altri, in una parola «reciprocità», uno dei punti centrali per l’attività degli educatori in diocesi. «Dobbiamo porci in ascolto, in dialogo. Non si può pensare di ridurre l’educazione a qualche “lezione frontale”. Come diceva don Bosco “l’educazione è un fatto del cuore” e in questo senso deve farsi condivisione, osmosi di valori e contenuti». In questa sfida educativa punto di riferimento anche per monsignor Gualtiero Bassetti deve restare la parrocchia. «Le nostre parrocchie devono diventare un vero e proprio “cuore palpitante”, una sentinella vigile nel territorio, punto di riferimento per tutti».