Vita Chiesa
«Educare al bene comune»: a Pistoia il colloquio di Ac
di Sara Martini
Si svolgerà domenica 29 marzo a Pistoia il Colloquio 2009 del Progetto Cittadinanza promosso dalla Delegazione regionale dell’Azione Cattolica. Il Colloquio pubblico di quest’anno, che avrà come titolo «Persona, partecipazione, progetto. Educare al bene comune e alla democrazia nel pluralismo», costituisce il 7° appuntamento nell’ambito del Progetto che dal 2003 ha coinvolto varie città della Toscana.
«Di fronte all’indebolimento del tessuto democratico del nostro Paese – afferma Mauro Garuglieri, Delegato regionale AC – il Colloquio vuole costituire un’occasione per rilanciare una trama culturale impregnata di valori democratici: quando si ha un tessuto siffatto, è possibile poi apportarvi le regole, mentre al contrario è un rischio, a mio avviso, mettere mano alle regole riguardanti la convivenza senza tener conto dei valori costituzionali sottintesi».
Per stimolare la riflessione prima della celebrazione del Colloquio, la Delegazione regionale ha predisposto alcune schede di preparazione, accomunate dal presupposto di partenza dell’attenzione alla persona e alla sua dignità: «Abbiamo scelto di porre l’attenzione su alcuni ambiti che hanno come tratto comune quello di essere luoghi in cui i soggetti crescono in una dimensione relazionale. La famiglia, la scuola, il lavoro, le amministrazioni locali e la comunità cristiana sono “i luoghi” posti al centro delle schede che abbiamo preparato e saranno anche al centro dei percorsi di approfondimento previsti nel corso dei lavori pomeridiani del Colloquio».
«La nostra storia di italiani ci dovrebbe insegnare che la democrazia è un bene delicato, fragile, deperibile, una pianta che attecchisce solo in certi terreni, precedentemente concimati. E concimati attraverso l’assunzione di responsabilità di tutto un popolo», scrive Tina Anselmi in Storia di una passione condivisa. «Non si chiamano quindi in causa i politici, ma prima di tutto i cittadini, un popolo -sottolinea ancora Garuglieri – affinchè non perda i valori democratici su cui si basa la convivenza civile».
A partire dalla famiglia, l’appello che l’Associazione rivolge – così come si legge nelle schede che preparano al Colloquio – è quello della necessità di recuperare quel modello di famiglia educante che nel suo strutturarsi già pone le premesse relazionali e valoriali in base alle quali il singolo soggetto costruirà, nel bene o nel male, le sue future modalità di rapporto con la sfera sia pubblica che privata. Questo modo di pensare la famiglia, o meglio le relazioni parentali, appartiene alla nostra tradizione culturale, che in linea di massima ha sempre considerato la famiglia come un elemento fondamentale per rendere armonico il rapporto tra individuo e società.
L’educazione all’ideale democratico in ambito familiare è un processo continuo nel tempo che coinvolge adulti e giovani, ed esige di essere valorizzato, sostenuto e difeso dai singoli soggetti e dalla collettività. È fuori luogo – si legge ancora nelle schede – pensare che il bisogno ed diritto del singolo sia raggiungibile fuori da un contesto di relazioni.
Strumento di democrazia reale, palestra preparatoria ad una sovranità piena di cittadini, è la scuola, chiamata ancor oggi ad assolvere, per la sua parte, il compito che la Costituzione assegna alla Repubblica: rimuovere gli ostacoli che impediscono alle persone di essere davvero uguali, di usufruire delle stesse opportunità di vita, di crescita, di sviluppo, sociali, economiche, politiche. Oggi più che mai la questione democratica – si afferma nella scheda che ha per tema la scuola – è questione di conoscenza dei saperi, di comprensione e di elaborazione dei messaggi, di approccio globale e interpretante alla realtà, di possibilità di costruirsi una propria opinione e di discuterla pensosamente, liberamente, pubblicamente. Questa possibilità deve essere offerta a tutti attraverso una scuola che nel suo percorso didattico non acuisca le già presenti differenze sociali di partenza ma rimuova gli ostacoli.
Le riflessioni sull’ambito del lavoro coinvolgono le forme di partecipazione dei lavoratori alla vita d’impresa: l’Associazione, in linea con l’attenzione della dottrina sociale della Chiesa, auspica un cambiamento significativo nella logica di funzionamento dell’impresa, uno spostamento da situazioni aziendali in cui è prevalente l’elemento conflittuale a situazioni in cui assumono rilievo, in primo luogo, la condivisione degli obiettivi e l’esplicitazione di regole di comportamento e di rappresentanza.
Democrazia vuol dire governo a nome del popolo, per suo conto e a suo favore: questo è possibile solo se i vari soggetti della comunità civile, ad ogni livello, sono ascoltati e coinvolti nell’esercizio delle funzioni delle istituzioni. A partire da qui nasce la necessità della trasparenza di tutta l’attività pubblica e di una informazione completa e pluralistica della stampa e della televisione, si legge nella scheda sulle amministrazioni locali, che continua: se le istituzioni hanno l’obbligo di favorire la partecipazione dei cittadini, questi ultimi hanno l’obbligo di informarsi in maniera adeguata o, se non è possibile, di scegliere persone adeguatamente informate, in loro sostituzione per giungere alla soluzione migliore, più adeguata alle singole realtà locali e non alla prevalenza degli interessi più forti. Infine la comunione nella comunità cristiana può essere palestra di democrazia, se vissuta non come unanimismo, ma come corresponsabilità e partecipazione nella vita della Chiesa.