Cultura & Società

Editoria: campagna «Meno giornali = Meno liberi» per pluralismo informazione

Già lo scorso anno hanno terminato le pubblicazioni 30 testate storiche e circa 800 giornalisti hanno perso la propria occupazione, oltre a mille grafici e poligrafici espulsi dal mondo del lavoro. Di fronte a questa prospettiva 9 associazioni e sindacati del settore (Alleanza delle cooperative italiane comunicazione, Mediacoop, Federazione italiana liberi editori, Federazione italiana settimanali cattolici, Federazione nazionale stampa italiana, Articolo 21, Sindacato lavoratori comunicazione Cgil, Associazione nazionale stampa online e Unione stampa periodica italiana) hanno lanciato ieri la campagna «Meno Giornali = Meno Liberi», per salvaguardare il pluralismo dell’informazione e per una riforma urgente dell’editoria. Una palla di giornali malamente accartocciati è il simbolo scelto per la campagna, il cui primo atto è una petizione, pubblicata sul sito www.menogiornalimenoliberi.it e su tutti i social network con l’hashtag #menogiornalimenoliberi, con cui si chiede di mettere mano ai tagli e avviare un Tavolo di confronto per la riforma dell’intero sistema dell’informazione.

A rischio – con il taglio dei contributi – vi sono quotidiani locali, riviste d’idee, periodici di comunità, settimanali cattolici, organi d’informazione delle minoranze linguistiche, ma anche giornali nazionali di opinione. I promotori calcolano che i costi per lo Stato saranno largamente superiori al valore del Fondo per il contributo diretto all’Editoria. Inoltre, la Carta fondamentale dei Diritti dell’Unione Europea impegna ogni Paese a promuovere e garantire la libertà di espressione e informazione, mentre lo Stato italiano è agli ultimi posti in Europa per l’investimento pro capite a sostegno del pluralismo dell’informazione.

«Senza questi giornali – si legge nell’appello – l’informazione italiana sarebbe in mano a pochi grandi gruppi editoriali e in molte regioni e comuni rimarrebbe un unico soggetto, monopolista di fatto, dell’informazione locale e regionale. Senza questi giornali, impegnati da sempre a narrare e confrontare con voce indipendente testimonianze e inchieste connesse a specifiche aree di aggregazione sociale e culturale e ad affrontare con coraggio tematiche di particolare rilevanza a livello nazionale, l’informazione italiana perderebbe una parte indispensabile delle proprie esperienze».