La 47ª sessione di formazione ecumenica del Sae, che si conclude domani a Chianciano Terme (Si), è stata una sessione non dedicata all’attualità, ma alla memoria ecumenica, che permette di ripensarne il dispiegarsi, attraverso alcune tappe strategiche, non nel segno del trionfalismo, ma come riconoscimento del soffio dello Spirito che opera entro le nostre storie ecclesiali talvolta così contraddittorie per lasciarci interrogare da esso. C’è un fiume di testimoni da cui possiamo lasciarci portare. Simone Morandini, del Comitato esecutivo del Sae, che domani trarrà le conclusioni della sessione, traccia per il Sir un bilancio della settimana. La sessione ha ripercorso la memoria ecumenica tramite una sinfonia di voci, che è l’unico modo che può rendercela davvero attuale. Una storia del movimento ecumenico non può essere raccontata trionfalisticamente, ma costituisce un invito a gioire di una complessità emergente, a patto che nel cammino ecumenico ci si attrezzi profondamente dal punto vista concettuale, restando radicati nella Scrittura. Ma la memoria serve anche per guardare al futuro e ritrovare lo slancio del lavoro ecumenico. Da un punto di vista teologico, occorre riscoprire l’unità come elemento strategico per pensare la chiesa.C’è responsabilità condivisa per l’evangelo prosegue Morandini -, contro lo scandalo della divisione. L’unico evangelo di Gesù Cristo, come luce unica, pura, bianchissima, che si rifrange in uno spettro cromatico ricco e articolato in ognuna delle sue espressioni. Il cammino ecumenico chiede una chiesa fedele e autentica, appassionata alla verità di Dio, capace di rinnovarsi nelle proprie pratiche, anche se ciò conduce a un ripensamento in profondità. Ma è necessaria anche un’unità della chiesa per il rinnovamento della comunità umana, sui fronti dell’etica, della giustizia. La memoria serve, dunque, anche per guardare al futuro per dare un nuovo slancio in un tempo difficile, per sognare ancora, per continuare a sperare e a camminare nella dinamica ecumenica. Di fronte alle difficoltà e alle derive antiecumeniche, dobbiamo a nostra volta resistere, osserva Morandini, anzi occorre attrezzarsi per resistere all’inverno ecumenico’. Forse lo stesso ecumenismo vive la condizione di una realtà che non è affatto morta, ma piuttosto addormentata. Il tempo invernale potrebbe essere allora solo quello dell’attesa del diletto che giunge e dice Svegliati mia bella’. Ma sapremo essere pronti a cogliere i tempi del passare di Dio quando si manifesteranno? E saremo capaci di continuare a pregare per l’unità come e quando il Signore la vorrà?, conclude.Sir