Toscana
Ecumenismo, il dialogo dell’amore come spinta all’unità
di Gigliola Alfaro
Benedetto XVI, sin dal suo primo discorso, il giorno dopo l’elezione, ha dato priorità assoluta al dialogo ecumenico, sollecitando passi visibili verso l’unità. In particolare, nel 2006, ci sono stati quattro eventi che hanno segnato passi in questa direzione: durante il viaggio in Baviera la celebrazione dei vespri ecumenici a Regensburg, l’incontro con il primate anglicano Rowan Williams, l’incontro con il patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I durante il viaggio apostolico in Turchia, l’incontro con l’arcivescovo di Atene Christodoulos. Ne parliamo con il vescovo di Terni-Narni-Amelia, mons. Vincenzo Paglia, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo.
Quali sono stati, a suo avviso, i passi più significativi compiuti da Benedetto XVI verso l’unità nel 2006?
«Per l’ortodossia, tenendo presente la riunione della Commissione teologica cattolica-ortodossa a Belgrado a settembre dopo anni di interruzione, non possiamo non sottolineare la particolarità di quel che è accaduto a Istanbul: non solo la partecipazione del Papa alla Divina liturgia con l’abbraccio di pace, mai accaduto prima, ma anche un avvio concreto della discussione congiunta sulla dimensione del primato nella Chiesa. In più, c’è stata concordanza nel riaffermare il primato di Dio e del Vangelo in Europa e nel mondo, ribadita anche nell’incontro con Christodoulos, nella sua prima visita ufficiale al Papa a Roma. In questo senso, credo che il dialogo con la Chiesa ortodossa ha ripreso il ritmo che sembrava rallentato e si è innescato un nuovo circolo virtuoso che toccherà anche le altre capitali dell’ortodossia, fino a Mosca».
E con gli anglicani?
«Con gli anglicani il dialogo è ripreso, sebbene appesantito dai problemi interni alla stessa comunione anglicana. Tuttavia, l’incontro con Williams ha fatto riecheggiare i tanti aspetti di comunione, compresi gli ultimi raggiunti intorno alla figura di Maria, che sono un aiuto alla stessa comunione anglicana perché sia resa più solida nel testimoniare il Vangelo nel mondo di oggi».
Quali sono i nodi che restano maggiormente aperti?
«Le difficoltà a livello teologico sono quelle relative all’esercizio del primato, in particolare con le Chiese ortodosse; quelle sull’ecclesiologia con le Chiese di tradizione protestante. Ci sono, poi, problemi di ordine storico e psicologico, causati dalla secolare separazione; quindi, nonostante si siano appianati moltissimi ostacoli dottrinali, resta ancora complessa la comunione visibile. Allora, va innanzitutto irrobustita la via teologica. In questo senso, penso alla Commissione teologica mista cattolico-ortodossa, alla continuazione della Dichiarazione sulla giustificazione tra luterani e cattolici, all’approfondimento del Battesimo come sacramento che unisce tutti i cristiani. Forse, ancor più, è necessario progredire nel dialogo dell’amore che deve coinvolgere sempre più largamente le Chiese locali. Insomma, l’unica via per superare i secoli di separazione è moltiplicare i rapporti tra le comunità, nella vita concreta».
Sembra che il Papa consideri l’ecumenismo non solo fatto religioso, ma come fermento per tutta la società
«Esatto: in questo senso l’ecumenismo della carità ha come allargato le frontiere e non è più una questione solo interna. Stringere rapporti di amore tra le comunità ci obbliga ad essere più uniti per combattere le divisioni, i mali, le violenze, le ingiustizie che travagliano la vita dell’umanità. Poi, accanto all’ecumenismo teologico e della carità, il terzo pilastro è l’ecumenismo spirituale. La preghiera è alla radice di tutto ed è ciò che, in qualche modo, esprime l’unità. Nell’Europa tanto secolarizzata c’è bisogno anche intensificare la preghiera per l’unità perché l’unità, e in questo Benedetto insiste da tempo, è anzitutto un dono di Dio, non un compromesso tra le diverse tradizioni cristiane. Nella preghiera si vede qual è la ragione che muove l’ecumenismo, cioè Cristo stesso».
A settembre 2007 ci sarà la terza assemblea ecumenica europea a Sibiu: qual è il valore di quest’appuntamento?
«Nella terza assemblea ecumenica europea le tre dimensioni dell’ecumenismo della preghiera, dell’amore e teologico trovano la loro visibilità congiunta, all’interno di quella prospettiva europea che nei secoli passati ha portato il cristianesimo alle sue più alte espressioni. In questo senso, riscoprire la forza del cristianesimo europeo è un grande servizio che possiamo rendere sia all’Europa sia al mondo».
Il viaggio apostolico del Papa in Turchia ha avuto un grande valore anche rispetto al dialogo interreligioso: cosa l’ha colpita di più tra i gesti compiuti dal Santo Padre?
«Il momento di raccoglimento in moschea, a dire che la preghiera, senza relativismo, confusione e appiattimento, è la dimensione che può farci riscoprire tutti sottomessi a Dio, tutti fratelli tra di noi, tutti figli dello stesso Dio. Quel gesto del Papa porta a compimento il discorso di Regensburg mostrando che la religione ha bisogno della ragione e viceversa. In quest’orizzonte, si capisce che è determinate per l’oggi la libertà di religione, che la fede non va imposta, ma è una scelta e che la preghiera non solo non porta a uccidere, ma ci fa scoprire gli uni accanto agli altri».
Cristiani più uniti tra di loro possono facilitare di più il dialogo con l’Islam?
«Non c’è dubbio, anzi è una delle tesi sostenute dal card. Ratzinger prima di diventare Papa. Io aggiungerei che i cristiani e gli umanisti riuniti assieme possano aiutare non solo l’islam ma tutte le grandi religioni a ritrovare una prospettiva comune per una convivenza pacifica nel mondo».
Dichiarazione congiunta con Christodoulos
Dichiarazione comune di Benedetto XVI e ROWAN WILLIAMS
Dichiarazione comune di Benedetto XVI e Bartolomeo I
Terza Assemblea ecumenica d’Europa. Lettera alle Chiese d’Europa