Vita Chiesa
Ecumenismo, da cento anni, un cammino di piccoli passi
Mai come a Sibiu, riuniti attorno al tema della luce, la luce di Cristo!, si è sperimentato quanto il dialogo ecumenico sia una Grazia, come lo definiva Giovanni Paolo II nell’Enciclica Ut Unum sint. La Terza Assemblea Ecumenica Europea era davvero partita male, in mezzo a incomprensioni e a innumerevoli difficoltà, sia logistiche che di comunicazione. Polemiche l’hanno preceduta e polemiche l’hanno seguita. Perfino il messaggio finale ha avuto una vicenda tormentata.
Difficile è, così, trasmettere a chi non ha vissuto quei giorni intensi, profondi e chiari come solo i giorni dei grandi eventi sanno essere, quanti e quali semi di speranza ha seminato in ciascuno dei partecipanti. La prima grande riunione di cristiani in un paese a maggioranza ortodossa ha aperto molte vie da percorrere verso la reciproca conoscenza, vie mai pensate fino ad oggi. Con l’adesione della Bulgaria e della Romania più di trenta milioni di ortodossi sono entrati a far parte dell’Unione Europea. L’Europa, dunque, è anche questo e dobbiamo prenderne atto. La spiritualità ortodossa può arricchire il nostro mondo occidentale e aiutare anche cattolici e protestanti a frapporre meno ostacoli all’azione dello Spirito nella storia. Così come lo scambio può favorire l’apertura delle chiese ortodosse ai problemi sociali e all’amore per questo «oggi» che ci è toccato di vivere.
Grandi sono le differenze tra le diverse confessioni e dirle apertamente, senza per questo chiamare alla guerra o alla demonizzazione dell’altro, è una conquista, è davvero una novità. Forse è questo il messaggio dello Spirito che dobbiamo raccogliere da Sibiu. E intanto non rinunciare a credere, caparbiamente, che l’Unità è possibile, è la vocazione di ciascun cristiano, è l’unico modo perché «il mondo creda». Questa era anche la passione che muoveva il Rev. Paul Wattson quando, cento anni fa, a New York, promosse la Settimana di preghiera per l’Unità dei cristiani. La consapevolezza dei passi concreti che questa proposta, piccola ma universale, ha aiutato a compiere negli anni, ha fatto sì che sia stata scelta proprio la raccomandazione paolina della Prima Lettera ai Tessalonicesi 5,17: «Pregate incessantemente», come tema della Settimana 2008.
Cento anni non sono bastati e forse altri cento non basteranno per giungere all’Unità, ma quanto è diverso oggi il modo di intendere e di celebrare la Settimana ecumenica anche solo nelle diocesi della nostra regione. Siamo lontani da New York e dalla molteplicità delle confessioni cristiane presenti negli Stati Uniti eppure abbiamo una Commissione regionale per l’ecumenismo attiva e partecipata, presieduta da un vescovo e composta da delegati diocesani, presbiteri e laici. In molte diocesi esistono Uffici per l’ecumenismo che, spesso in collaborazione con la Caritas e gli uffici missionari, si occupano del dialogo con le altre chiese e dell’accoglienza ai cristiani immigrati sempre più numerosi. Le iniziative della Settimana sono quasi ovunque progettate e preparate insieme ai pastori o ai parroci ortodossi presenti.
Come sempre, è difficile leggere i segni dei tempi ma potrebbe il cosiddetto «ecumenismo spirituale», raccomandato oggi, non essere un ripiego o un ridimensionamento delle aspettative dopo che ogni altra via è dichiarata impraticabile. Potrebbe contenere una forza insospettata, diventare una mentalità acquisita, un modo «ordinario» di vivere il proprio battesimo. «Maestro, insegnaci a pregare» potremmo continuare a chiedere anche noi, riconoscendo con umiltà di non avere ancora capito tutto. «Quando pregate dite così: Padre nostro ». Forse, in questo nostro tempo, siamo chiamati a lasciar perdere tutto il resto per poter esplorare, insieme, in profondità, la preghiera dei cristiani.