Toscana

Economia toscana, primi segnali di ripresa

div class=firma>di Ennio CicaliSi comincia a vedere un po’ di rosa per l’economia toscana. O meglio a sperare in un po’ di rosa, dopo il tanto buio degli anni scorsi. Il Pil – l’indice della ricchezza prodotta nella regione – potrebbe aumentare dell’1 per cento quest’anno, per arrivare al 2,5 nel 2005. Il primo segnale di ottimismo è dato dal breve tratto di linea che sale oltre lo zero nel grafico che illustra l’andamento delle esportazioni toscane. Non accadeva dal 2001 e questo fa sperare una prossima uscita dal tunnel per l’economia regionale. In ogni caso se ne uscirà, sarà l’ultima delle altre economie europee. È questa la maggiore novità del rapporto consuntivo e di previsione dell’economia toscana presentato dall’Irpet (l’istituto regionale per la programmazione) e da Unioncamere toscane.

Era previsto che il 2003 avrebbe rappresentato un anno di svolta. In realtà i segnali di uscita dalla fase negativa, oggi in parte visibili – l’aumento del 6,1% delle esportazioni nel primo trimestre 2004 – non sono ancora sufficienti a convalidare un giudizio di sicura ripresa. Molto dipenderà dallo scenario internazionale, visto che gran parte dei guai per l’export regionale sono dovuti al forte apprezzamento dell’euro sul dollaro Usa e quindi sullo yen giapponese e lo yuan cinese. Circostanza che ha reso meno competitive le esportazioni toscane, mentre la domanda interna non ha trovato motivazioni incoraggianti rimanendo a lungo depressa.

Il settore industriale ha risentito pesantemente degli effetti della crisi, anche se diversamente distribuiti secondo il bene prodotto e la dimensione aziendale. Le crisi più acute sono state avvertite dai comparti della moda – tessile e abbigliamento, cuoio, pelli e calzature, oreficeria – mentre la meccanica ha retto maggiormente, talvolta con risultati addirittura positivi; confermati, inoltre, gli andamenti negativi del settore lapideo, dei mobilifici, mentre dopo anni di risultati positivi anche la carta segna un indice negativo. Le aziende più grandi hanno risentito meno della crisi; man mano che si riduce la dimensione i risultati peggiorano sino a diventare pesantemente negativi per le piccolissime imprese. In particolare il comparto artigiano ha sofferto maggiormente della fase depressiva con cali di produzione e di fatturato spesso superiori al 20%, soprattutto nel settore della moda. Non è quindi escluso che le grandi imprese siano riuscite a mantenere intatti o a contenere la caduta dei loro margini di profitto, scaricando il costo della crisi su quelle più piccole, spesso legate alle prime da rapporti di sub fornitura.

Continua a crescere il terziario con rari casi di flessione, specie nel commercio – con differenze nette fra grande distribuzione ancora in crescita e una piccola in difficoltà. Il mercato immobiliare ha avuto una mobilitazione senza precedenti, attivando la costruzione di nuove abitazioni, ma contribuendo nel tempo stesso alla crescita dei prezzi e al forte indebitamento delle famiglie. Sul piano territoriale gli andamenti negativi hanno fortemente penalizzato le aree di distretto: quella pratese del tessile, l’aretina dell’oreficeria, la pisana della concia; colpiti in generale tutti i sistemi locali legati alla moda. Il rapporto Irpet–Unioncamere si conclude con un giudizio moderatamente positivo, molto dipende dalle incertezze del quadro geopolitico i cui equilibri condizionano gli atteggiamenti degli operatori, siano questi famiglie o imprese. Comunque, qualche segnale in rosa si intravede. Anche se non siamo fuori del tunnel, se ne vede l’uscita.

Mercato del lavoro: lo «strano»aumento degli occupatiE’ particolarmente complessa l’evoluzione del mercato del lavoro toscano, secondo il rapporto Irpet–Unioncamere. In effetti, il ciclo negativo dell’economia regionale si è tradotto in una minore domanda di lavoro da parte delle imprese toscane: il monte complessivo delle ore lavorate ricondotto a lavoratori standard si è, infatti, contratto di circa 5.300 unità, con diminuzioni più pronunciate nell’industria, nell’agricoltura e nel settore pubblico, non compensate dalla maggiore domanda che proviene dal terziario.

Con una riduzione della domanda di lavoro, l’aumento di occupati segnalato dalle indagini dell’Istat, circa 23 mila occupati in più, appare di difficile spiegazione attraverso le normali logiche di comportamento economico. Le caratteristiche della evoluzione osservata sono peraltro alquanto diverse da quelle che hanno caratterizzato gli anni recenti: cresce il tasso di partecipazione al lavoro, soprattutto nella componente maschile (la tendenza alla crescita è una caratteristica attesa, ma dovrebbe coinvolgere soprattutto la componente femminile); sparisce nella evoluzione trimestrale qualsiasi elemento di stagionalità, presente nel recente passato e accentuata dalla maggiore flessibilità del mercato; l’occupazione cresce soprattutto nelle costruzioni e nei servizi alla persona; alla crescita del numero di occupati non corrisponde una almeno parziale riduzione del numero di disoccupati, come era invece accaduto nel corso degli ultimi anni (il tasso di disoccupazione passa dal 4,8% al 4,7% soprattutto per l’aumento del numero di forze di lavoro).

La stessa tendenza all’inserimento di figure maggiormente flessibili appare nel 2003 rallentata, dal momento che i contratti part-time sono diminuiti a fronte di un aumento di quelli a tempo pieno. L’insieme di questi fenomeni lascia pensare che sulla dinamica delle forze di lavoro abbiano inciso in qualche misura gli effetti della legge sulla regolarizzazione degli immigrati stranieri, che in Toscana ha visto ben 51 mila richieste di cui circa 41 mila accolte.

Questa interpretazione è naturalmente al momento del tutto opinabile, tuttavia, è l’unica che spiegherebbe simultaneamente tutte le «anomalie» sopra ricordate. Da notare che il tasso di occupazione è comunque più alto di quello abitualmente considerato, maggiormente vicino agli obiettivi europei, mentre la disoccupazione resta su livelli molto bassi.

TURISMO, LA CRISI E’ SUPERATA, MA LA RIPRESA E’ ANCORA LENTA